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Il giornalismo militante di Alexander Langer

Il Sudtirolo e le minoranze etniche

Il Sudtirolo rappresenta per Alexander Langer il punto di partenza, le radici dalle quali trarre la forza e l’esperienza per affrontare il resto del mondo. La regione del giovane pacifista è divisa da un profondo senso di identità etnica, ma proprio il doversi confrontare, sin da giovanissimo, con tale realtà, lo porta ad avere una profonda consapevolezza dei meccanismi della convivenza plurietnica. Dalle vicende in Sudtirolo, nesce la sua dote di mediatore super partes e la sua determinazione a difendere i diritti delle minoranze. Da Vipiteno parte il suo cammino di “costruttore di ponti”.

“Da decenni, ormai, mi sento impegnato nello sforzo di "spiegare il Sudtirolo"; di coinvolgere l'attenzione e l'apporto di amici democratici alla causa dell'autonomia e della convivenza nella mia terra. Al di là della necessità di evitare l'isolamento ed il piano inclinato dei revanscismi, c'è anche una forte convinzione che mi sorregge: leggo nella situazione sudtirolese una quantità di insegnamenti ed esperienze generalizzabili ben oltre un piccolo "caso" provinciale. Essere minoranza, senza per questo chiudersi in lamentele e nostalgie; coltivare le proprie peculiarità, senza per questo scegliere il "ghetto" e finire nel razzismo; sperimentare le potenzialità di una convivenza pluri-culturale e pluri-etnica; partecipare a movimenti etno-nazionali, senza assolutizzare il dato etnico; lavorare per la comunicazione inter-comunitaria... a volte penso che tanti aspetti del futuro europeo potrebbero essere sperimentati e verificati in corpore vili, con grande profitto. Peccato che la politica dominante vada in direzione opposta (piuttosto verso Cipro, il Libano, ecc.) e che così pochi al di là dei nostri confini provinciali se ne accorgano.”

Il conflitto etnico trova le sue origini nei trascorsi di una regione da sempre contesa tra Austria ed Italia. La storia dei territori alpini ci insegna come, nel corso dei secoli (a partire dai primi insediamenti precristiani fino all’epoca moderna), i diversi poteri - che si sono succeduti nella zona settentrionale del nostro paese -siano stai capaci di ottimizzare le caratteristiche delle minoranze etniche residenti. Ripercorrendo le tradizioni alpine, si evince come i diversi popoli, che hanno dominato le regioni dell’arco montano, abbiano compreso la tempra degli abitanti locali, valorizzandone la tempra e il senso civico (esemplificati in “regole” e “congregazioni. Nelle zone alpestri, il contadino, fin dalle prime forme di insediamento, condivideva con i vicini l’utilizzo di pascoli ed attrezzatura, in un clima di reciproca cooperazione ed assistenza. Gran parte dei terreni era di comune proprietà e tutti avevano uguale diritto di accesso alle aeree, senza privilegi legati ad estrazione sociale o ricchezza. I terreni affidati ad una famiglia venivano ceduti alla primogenitura, senza la possibilità di parcellizzare il territorio e nessuna entità esterna poteva assicurarsi lotti e proprietà all’interno della regione. La convivenza civile era assicurata dalle “regole”, corpus di leggi che, come ad esempio nell’Ampezzano o nel Sudtirolo, sono state tramandate fino al 1927, anno in cui il fascismo ha deciso di abolire le autonomie del nord Italia, e tutte le leggi civiche locali in vigore.

“Non si deve dimenticare, infatti, che tutta la storia delle relazioni tra i sudtirolesi e l'Italia è la storia di rapporti di forza. Dall'annessione forzata, in seguito alla prima guerra mondiale, alla snazionalizzazione tentata ed in parte realizzata dal regime fascista, agli accordi tra Mussolini e Hitler per spartirsi il territorio (che doveva rimanere in Italia) e la gente (che doveva diventare carne da cannone per le conquiste hitleriane), fino alla nuova fase apertasi col secondo dopoguerra. E va detto che, anche dopo la caduta delle dittature fasciste, il codice dei rapporti rimase segnato dalla forza: l'Italia in un primo momento si dimostrò assai disponibile, pur di vedersi riconfermata la propria sovranità sul Sudtirolo, e firmò patti favorevoli alla comunità tirolese (l'accordo De Gasperi - Gruber); patti che - appena chiusa la fase dell'internazionale della controversia - cominciò a svuotare sistematicamente.”

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, le popolazioni alpine si sono battute affinché le “regole”, così come le identità locali, venissero tutelate ed riconosciute. Benché a legittimità di queste istituzioni sia stata stabilita nel 1972, la loro effettiva applicazione risale al 1992.
Gli alleati, nel 1945, vollero assicurassi che nessun conflitto si potesse verificare a ridosso della cortina di ferro, decisero pertanto di fare pressioni affinché, l’Alto Adige, terra di tensioni etniche e causa di scontri con l’Austria, passasse sotto la sovranità dello stato italiano. Il 5 settembre del 1946 De Gasperi e Gruber, si accordarono: i diritti della minoranza tedesca in loco sarebbero stati preservati, ed il territorio altoatesino sarebbe passato sotto il controllo del governo italiano.
Nel 1960 e nel 1961, a fronte di costanti abusi perpetrati dalle autorità italiane sulla minoranza tedesca, l’Austria denuncia la situazione all’Onu:

“Nel 1960 e nel 1961 l'Assemblea generale dell'ONU si occupò della vertenza e invitò l'Italia e l'Austria a negoziare per trovare una soluzione soddisfacente. Da allora, l'aspetto internazionale della vertenza […] si è rivelato un elemento di grande forza per gli interessi sudtirolesi; e così si è venuto prospettando, lungo gli anni Sessanta, quella soluzione della vertenza che è nota col nome di "pacchetto per l'Alto Adige". […] Nel 1972 si arriverà poi all’entrata in vigore del secondo Statuto di autonomia con legge di rango costituzionale, per la difesa delle minoranze etniche. Il nuovo ordinamento vede il passaggio di gran parte dei poteri locali, dalla Regione Trentino Alto Adige, alle due province autonome di Trento e Bolzano. […] Viene pertanto ufficializzato il bilinguismo del Sudtirolo, introducendo nelle scuole secondarie la seconda lingua obbligatoria.”

Finalmente il 26 luglio 1976 viene applicato l’articolo 1 dell’accordo De Gasperi- Gruber sull’“uguaglianza dei diritti per l’ammissione agli uffici pubblici”, che prevede la distribuzione degli incarichi tra i diversi gruppi etnici e sancisce un’inversione di rotta della politica locale. Ricorda Langer:

“Il risultato ha comportato un consistente spostamento di poteri da Roma (e da Trento, capoluogo di una regione inventata per mettere in minoranza i tirolesi) a Bolzano, e dal gruppo italiano a quello tedesco e ladino - se, infatti, gli italiani hanno beneficiato dell'esito della prima e della seconda guerra mondiale, i sudtirolesi di quello della "guerra dei tralicci" e il nuovo compromesso ha dovuto tener conto dei mutati rapporti di forza - ma, ancora una volta, si è conclusa una pace tra potenze, non tra la gente. E affinché quest'ultima venisse integrata meglio nel nuovo sistema "concordatario", sono stati accentuati ed istituzionalizzati i criteri di appartenenza alle diverse corporazioni etniche riconosciute.”

I provvedimenti di autonomia modificano la struttura sociale e l’economia regionale. La tutela verso il cittadino italiano - che fino a quel momento garantiva lavoro, assistenza ed alloggio - viene improvvisamente a mancare, mentre, la comunità tedesca, esclusa dall’industrializzazione degli anni ’60 e ’70, entra a far parte della sfera economica e pubblica. [...]

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Il giornalismo militante di Alexander Langer

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Informazioni tesi

  Autore: Cristina Pongiluppi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Culture moderne comparate
  Relatore: Marina Milan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 340

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