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Un'analisi del disturbo pragmatico del linguaggio tra teoria e pratica

Il disturbo pragmatico e la sindrome di Asperger

Il tema della relazione tra disturbo pragmatico e sindrome di Asperger (SA) ha generato molte ricerche e numerosi dibattiti.
Rapin e Allen (1983) hanno coniato il termine Disturbo semantico-pragmatico (DSP) per descrivere modelli discorsivi e linguistici caratterizzati da un buon livello di competenza formale e da scarsità in termini di contenuto e di funzione comunicativa. In altre parole, si riferisce ai bambini che, pur possedendo un linguaggio espressivo fluente, non lo usano per comunicazione con gli altri.
La categoria dei disturbi semantici-pragmatici è stata creata per descrivere il disturbo dei bambini che presentavano quasi esclusivamente dei deficit linguistici, risultando meno compromessi in altre aree. Infatti certi bambini possono presentare caratteristiche tipiche del DSP senza avere i deficit cognitivi sottostanti, che possono anche essere associati all'autismo.
Cromer (1981: 57-58) sottolinea:
Alcuni individui che presentano disturbi del linguaggio possono essere compresi meglio nei termini di un deficit della componente pragmatica del loro sistema del linguaggio. Questo può valere per alcuni bambini autistici, ma anche per altri bambini che non presentano altre caratteristiche del comportamento autistico.
Allo stesso tempo però, la maggior parte dei bambini il cui disturbo del linguaggio viene definito semantico-pragmatico, ha un tipo particolare di difficoltà che compromette il modo in cui sviluppano e acquisiscono le abilità in generale, non solo quelle linguistiche. Questo perché è possibile che il bambino trovi difficile affrontare nuove situazioni e si senta sicuro e felice solamente con persone e situazioni ben conosciute. Sarà difficile per lui affrontare situazioni nuove e questo potrebbe turbarlo. Un bambino con questo genere di difficoltà svilupperà delle competenze lessicali, ma le parole saranno principalmente memorizzate e non costruite basandosi sull'esperienza data dal rapporto col mondo. Quindi anche le abilità semantiche vengono compromesse: per questo si parla più specificamente di Disturbo semantico-pragmatico e non solo di disturbo pragmatico. Inoltre, un bambino che ha delle difficoltà a dare un senso al suo mondo in questo modo, può trovare difficile interpretare i pensieri e i sentimenti degli altri e di conseguenza si sentirà confuso di fronte alle persone e avrà difficoltà a comunicare con loro. Tenderà quindi a preferire la compagnia di se stesso o potrà avere problemi a capire e affrontare le regole dell'interazione (Firth & Venkatesh, 2002).
Il termine "Sindrome di Asperger" venne utilizzato per la prima volta dalla psichiatra inglese Lorna Wing in una rivista medica, nel 1981 (Wing, 1981): il nome fu scelto in onore di Hans Asperger, uno psichiatra e pediatra austriaco i cui studi sull'argomento, compiuti nel 1944, non vennero riconosciuti fino agli anni Novanta. La sindrome di Asperger ha un'eziologia ancora non troppo conosciuta, anche se numerosi studi (Wing, 1981) ritengono che potrebbe essere dovuta a una serie di cause: genetiche, metaboliche, infettive perinatali (sembra esclusa una causa psicogena). Nel Manuale Diagnostico e Statistico degli Psichiatri, il DSM-V, viene considerato un disturbo dello spettro autistico perché presenta caratteristiche simili all'autismo, in particolare per quanto riguarda la tipologia dei comportamenti e degli interessi (limitati, ripetitivi, stereotipati), l'incapacità di creare e mantenere relazioni sociali e la difficoltà di gestire una conversazione (interpretano e utilizzano il linguaggio verbale in senso letterale e faticano a compiere inferenze e ad interpretare metafore). I pazienti Asperger non presentano particolari ritardi nell'acquisizione del linguaggio, nello sviluppo cognitivo o nell'autosufficienza personale, tanto che la diagnosi arriva in genere in ritardo e vengono definiti "autistici ad alto funzionamento" o, bonariamente, "piccoli professori", perché si fissano a volte su particolari loro interessi, diventandone molto competenti. La sindrome di Asperger comporta in particolare delle difficoltà in ambito relazionale: scarsa empatia, incapacità di avere relazioni sociali con conseguente isolamento, linguaggio monotono e pedante, scarsa comunicazione non verbale, profondo interesse in tematiche particolari che danno un'impressione di eccentricità, così come movimenti goffi e maldestri, posture bizzarre.
Nell'ICD-10, la sindrome di Asperger differisce dall'autismo in quanto, per definizione, essa manifesta "un'assenza di generali ritardi, clinicamente significativi, nel linguaggio e nello sviluppo cognitivo"; anche se soddisfa i criteri di danno qualitativo nelle interazioni sociali validi per l'autismo, nonché i criteri di modelli di comportamento, attività ed interessi ristretti, anch'essi simili a quelli dell'autismo. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Un'analisi del disturbo pragmatico del linguaggio tra teoria e pratica

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Zanoletti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Giorgio Francesco Arcodia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 41

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