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Il corpo dello spettatore nella Trilogia della Vendetta di Park Chan-wook

Il modello risposta a una domanda non formulata

Il progetto comunicativo del film è più ampio e più complesso del meccanismo secondo cui la produzione della risposta è ritardata rispetta alla formulazione della domanda. In particolare il terzo modello tra quelli proposti da Bettetini (risposta a una domanda non formulata), che abbiamo precedentemente presentato, ci viene in soccorso per comprendere come l’autore adotti altre tattiche secondo gli scopi che intende perseguire in una certa fase della narrazione.

Bettetini descrive tre varianti. Il primo caso è quello in cui la domanda viene formulata dopo che l’informazione ê stata trasmessa; il secondo si verifica quando, essendo la domanda già stata espressa e soddisfatta, l’informazione si presenta come una ripetizione; nel terzo non viene formulata affatto, così che l’informazione assume il ruolo di eccedenza.

Oldboy presenta delle occorrenze di questi modelli comunicativi, benché in maniera puntuale e minoritaria. Partiamo dalla seconda variante. Anche Bordwell segnala la presenza della ripetizione nella narrazione cinematografica:
È interessante in questo senso analizzare la serie di scene che ruotano attorno alla figura della sorella di Dae-su. Viene nominata per la prima volta da Dae-su, che riporta a Joo-whan che nell’album di foto del liceo manca la sua foto; lo stesso Joowhan ne parla in termini osceni, scatenando così l’ira di Woo-jin che lo ascolta segretamente; poi Dae-su si rivolge ad una sua conoscente che suggerisce che dietro alla sua morte “deve esserci stato qualcos’altro, forse era incinta”, ma nega che fosse una ragazza facile; il flashback ci svela il punto di vista di Dae-su sull’episodio che ha scatenato il suicidio, ma non risolve tutti i punti in sospeso; infine, nel confronto finale tra il protagonista e Woo-jin, Dae-su accusa il suo nemico di avere ucciso sua sorella ma successivamente un altro flashback ci rivela la versione definitiva sul suicidio della ragazza. Ogni volta che il testo ripete le informazioni riguardo alla figura della ragazza e all’episodio della sua morte, l’informazione di cui lo spettatore viene a conoscenza mette in moto un’interpretazione diversa dei fatti.

Circondata dal mistero, la figura della ragazza si schiarisce volta per volta, rivelando come la risposta precedente fosse incompleta o sbagliata. Il meccanismo mette insomma in evidenza le difficoltà che caratterizzano il personaggio nel suo tentativo di interpretazione della realtà. Si tratta quindi di aderire al secondo tipo di ripetizione tra quelle individuate da Bordwell: il testo si assicura l’apporto dello spettatore che difficilmente può evitare di accorgersi dell’importanza dell’episodio e che viene indotto ad adottare il punto di vista del protagonista. Pur evitando di parlare di posizionamento dello spettatore, non possiamo non sottolineare come nella nostra analisi torni spesso in gioco la presenza dell’enunciatore, responsabile dell’inserimento all’interno del testo di punti chiave in cui intende sviluppare la relazione con lo spettatore.

Questo spunto ci torna utile per portare a conclusione il nostro discorso. Approfondendo le varianti del modello che stiamo analizzando, come indicato da Bettetini, scopriamo alcune tattiche comunicative estranee al quadro analitico di Bordwell che ci segnalano come l’autore sia determinante nell’orientare la visione di un film, al di là di quelle che possono essere le pratiche messe in atto dallo spettatore nella comprensione delle informazioni di cui dispone. La prima variante ad esempio è quella utilizzata per richiamare alla mente una serie di informazioni che sono state fornite allo spettatore ma senza che alcuna marca testuale vi ponesse enfasi e ne sottolineasse l’importanza nell’economia dei misteri che si stavano sviluppando attorno alla narrazione, in modo tale che lo spettatore non fosse subito indotto a formulare una domanda.

È un movimento narrativo che si verifica abitualmente – e così anche nel film in esame – nelle scene finali: nel caso specifico, quando Dae-su riesce a trovare l’attico di Woo-jin ricordando e decifrando un indizio che il suo nemico gli aveva precedentemente fornito; è una rivelazione di poco conto rispetto a quanto avviene poco dopo, quando Woo-jin svela di essere l’artefice di ogni azione di Dae-su e Mi-do, che sono stati condizionati per mezzo dell’’ipnosi (quindi indotti ad incontrarsi e perfino ad innamorarsi), e conduce il protagonista ad aprire la scatola contente foto dell’album di famiglia, le immagini su cui scorre l’atroce verità. Le stesse immagini che anche lo spettatore ha visto, ma che solo ora può comprendere. Una tale strategia ci permettere di comprendere come il progetto comunicativo sia determinato non solo dalla quantità e dal tipo di informazioni che vengono fornite allo spettatore ma anche dalla modalità scelta per metterla in evidenza o meno.

Il termine di questo percorso – la rivelazione finale – ê un’occasione per testare l’interazione con lo spettatore (così come avviene nel caso della ripetizione): l’autore si fa carico di guidare la comprensione del suo interlocutore e sottolinea abbondantemente l’importanza del gesto tramite specifiche marche testuali (nel secondo caso descritto, un fine procedimento stilistico costruito attorno ad un articolato e potente montaggio sia visivo che sonoro).

La terza variante, invece, ê significativa per il modo in cui esula dall’impegno di distribuire le informazioni. Prendiamo il caso di quelle scene che approfondiscono la figura di Woo-jin, subito dopo il suo incontro con Dae-su. Egli viene mostrato nel suo loft, impegnato a farsi visitare accuratamente, quando viene avvisato che Dae-su e Mi-do sono partiti insieme e risponde con un malinconico “Sono disperato. Lei pensa davvero che Mi-do sia innamorata di Dae-su?”; questo stato d’animo si palesa anche quando, ascoltando le registrazioni dei due amanti, sul suo volto scende una lacrima; il suo lato ossessivo viene invece fuori quando li raggiunge nell’albergo dove cercano di nascondersi e li stordisce con il gas solo per guardarli dormire. La serie di informazioni si configura appunto come un’eccedenza all’interno del progetto comunicativo, dove basterebbe sapere che Woo-jin sta spiando i due amanti e dove in nessun passaggio si registra la ripresa di queste informazioni.

Come giustificarne allora la presenza? Si potrebbe ricorrere con Bordwell alla nozione di artistic motivation, per indicare una scelta svincolata da legami narrativi, ma l’oggetto in analisi rimarrebbe piuttosto vago e sfumato, laddove invece il modello di risposta ad una domanda non formulata ci permette, rimettendo a fuoco il ruolo dell’autore, di capire come questo adotti alcune tattiche comunicative per segnalare la propria presenza all’interno del testo – richiamando così anche lo spettatore fuori dalla dimensione diegetica, laddove i due possono soffermarsi ad interpretare e commentare il mondo del racconto – e anche per sottolineare l’arbitrarietà della decisione di presentare certe informazioni, come quelle relative alle sfumature di un personaggio che viene ora tratteggiato al di là del legame logico e causale delle sue azioni.
E si tratta proprio di quel personaggio di cui poco prima si è invitato ad assumere il punto di vista, ma che viene ora visto da una prospettiva esterna, che appartiene prima all’autore e quindi allo spettatore.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il corpo dello spettatore nella Trilogia della Vendetta di Park Chan-wook

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Bincoletto
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Beni culturali
  Corso: CI.TE.M.
  Relatore: Claudio Bisoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 151

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