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Giovanni Boccaccio e l'amore elegiaco: viaggio tra le pagine del Filocolo

La melanconia amorosa di Florio

Alcuni dei temi trattati precedentemente riguardo la malattia d’ amore ritornano utili in questo discorso sul Filocolo. Risulta evidente che il protagonista dell’ opera vive la sua giovane esperienza amoro-sa essendo dominato dalla melanconia amorosa e dal furore eroico. E’ lo stesso Filocolo che alla morte di Ascalion considera folle la sua esperienza: "E chi fu alla mia lunga follia continua guardia se non tu? E quale più dirittamente si può dire folle, o fa maggiori follie, che colui che oltre al ragionevole dovere sog-giace ad amore sì come io feci?" Filocolo può ritornare al suo vero nome solo quando termina la sua lunga follia e si placa il suo eroico furore.
Come sostiene Palmieri il protagonista può essere denominato Filocolo philocaptus; questo termine significa letteralmente «preso da amore» ed è molto frequente nel latino medievale e nei trattati medici per indicare il malato d’ «amor eros» e l’ amante melanconico, caratte-ristiche che ben si adattano al Filocolo di Boccaccio.
E’ evidente che Florio soffre di melanconia amorosa e un elenco di sintomi ci viene fornito da re Felice: "Ma egli ancora da grande amore costretto non mangia né dorme, ma in pianto e in sospiri consuma la sua vita: per la qual cosa egli è nel viso tornato tale che poco più fu Erisitone quando in ira venne a Cerere; e non pare Florio, si è impallidito, e non vuole udire d’ altrui parlare che di Biancifiore, né vuol prendere alcun conforto che porto gli sia."
La situazione di Florio si palesa anche agli occhi dell’ amico duca Ferramonte: "rimirandolo nel viso, il vide palido e nell’ aspetto malinconico e pieno di pensieri, e i suoi occhi, tornati per le lagrime rossi, erano d’ un purpureo colore intorniati: di che egli si meravigliò molto, e mutata la sua voce in altro suono, così disse: - O Florio, e quale subita mutazione è questa? Quali pensieri t’ occupano adesso? Quale accidente t’ ha potuto sì costringere che tu mostri né sembianti malinconia? -. Florio, vergognandosi bassò il viso e non gli rispose."
La malinconia è come attaccata addosso a Florio ed egli "la maggior parte del giorno si giaceva, e stava come coloro i quali, da una lunga infermità gravati, vanno nuove cose cercando, e niuna ne piace, e s’ egli piace, non ne possono prendere"
I sintomi caratterizzanti la malattia dell’ amor eros mostrati da Florio sono descritti dai medici appartenenti alla tradizione d’ origine araba, tra cui ricordiamo i nomi Al-Gazzari, Alì Abbas, Avicenna, i cui trattati indicano come causa scatenante della malinconia amorosa la corruzione del giudizio razionale e l’ apatia, nel senso del giacere per molte ore, uno dei sintomi più significativi.
Le persone accortesi della malattia di Florio tentano in tutti i mo-di di trovare una via di guarigione. Una possibile terapia consiste nel fare conoscere a Florio «carnale diletto» con alcune fanciulle in modo da fargli dimenticare Biancifiore. L’ incontro avviene in un locus amoenus, un giardino bellissimo, topos molto gradito al Boccaccio e da lui utilizzato in diverse opere; Florio gradisce la compagnia delle giovinette e quando è sul punto di cedere alle loro grazie all’ improvvi-so una giovane così parla: Deh! Florio, dimmi, qual è la cagione della tua pallidezza?
Florio appena udita la parola «pallidezza» non può far altro che ri-tornare con la mente al proprio amore per un momento quasi dimen-ticato, Biancifiore, il cui viso è di norma segnato dal pallore. Immedia-tamente la malattia d’ amore si ripresenta, l’ incontro si conclude con la delusione delle giovinette e il giovane Florio inizia un lungo monolo-go in cui esamina il proprio comportamento.
La sopra descritta «trappola» dunque non ha funzionato, sebbene la frequentazione di un locus amoenus, l’ ascolto di musica, l’ unione carnale con giovani donne non amate siano parte della terapia della malattia d’ amore proposta dai medici sulla base dei consigli contenu-ti nei Remedia amoris di Ovidio.Nel caso di Florio la terapia non è possibile perché subentra il ricordo dell’ amata; la malinconia amorosa non curata o curata senza risultati porta inevitabilmente alla morte, esito di cui è a conoscenza la madre di Florio, la quale pensa subito al peggio: "E così per la vita di costei perderemo Florio. Che ella infermasse io il desidererei, solo che per amore fosse, pensando che per quella infermità potrei conoscere me da lei tanto amato, che sì fatto accidente ne le seguisse per lo non potermi avere."
Con le sopra citate parole Florio rende evidente il proprio delirio; egli infatti desidera che Biancifiore muoia d’ amore perché ciò sarebbe la prova della vera corrispondenza amorosa. Biancifiore è per Florio non accessibile salvo che vi sia una totale identificazione.
Il caso clinico del melanconico, secondo Freud, è proprio quello che mostra esemplarmente «l’ al di là del principio del piacere», ovvero la pulsione di morte allo stato puro. Palmieri cita Freud, che nel saggio intitolato Lutto e melanconia (1917) analizza la tematica dell’ amor eros e con la parola «melanconia» fa riferimento alla perdita d’ un oggetto d’ amore.
Secondo Freud l’ io della persona malinconica è impoverito, quasi svuotato poichè il melanconico s’ identifica con l’ oggetto d’ amore perduto e la perdita dell’ oggetto diventa la perdita dell’ io stesso. Inoltre il melanconico desidera la propria morte a causa del furore, componente aggressiva della malattia; ed è l’ atteggiamento tenuto da Florio a far preoccupare ancora il duca Ferramonte: "E tu, più vinto da ira e malinconia che consigliato dalla ragione, cerchi la morte per conforto, e sempre in pensieri e in dolore dimori e vai imaginando quelle cose le quali né vedesti né vedrai già mai, se agl’ iddii piace."
Florio guarirà: la ricerca di Biancifiore, l’ ascolto delle questioni d’ amore e il ricongiungimento con l’ amata riusciranno a sconfiggere la malattia.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Giovanni Boccaccio e l'amore elegiaco: viaggio tra le pagine del Filocolo

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Giulia Saimandi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Luisella Giachino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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