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Passi danzanti sul ciglio della strada. Disegnare, abitare, attraversare il limite nelle performance rituali del dramma sociale

La nuova liminalità della società post-industriale: il liminoide

I simboli presenti nei riti di passaggio delle società semicivilizzate sono sì soggetti a permutazioni e trasformazioni nei loro rapporti, ma soltanto all’interno di sistemi relativamente stabili, ciclici e ripetitivi. La nozione di liminalità può essere applicata esclusivamente a questo genere di sistemi, i quali fanno del margine un momento specifico del processo rituale tripartito, avente caratteristiche proprie. In particolare, le società preindustriali, finora genericamente denominate semicivilizzate, possiedono forme espressive che pongono il rito in una posizione di rilievo nella vita dell’individuo e della comunità, facendo di esso condizione necessaria e sufficiente per superare le barriere che separano i comparti interni alla società.

Nelle società post-industriali, come quella occidentale contemporanea, non può esistere liminalità vera e propria, avente caratteristiche identiche a quelle sovraesposte, dal momento che non sussistono i presupposti culturali che la creano, benché gli attori sociali si scontrino comunque con la necessità di attraversare i muri di separazione che parcellizzano la struttura.
Dalla metà dell’ottocento, infatti, il tempo quotidiano di ciascun individuo risente pesantemente della rivoluzione introdotta dalla nascita dell’industria, caratterizzata dalla divisione del lavoro e dalla catena di montaggio. Si crea così una bipartizione ben marcata tra tempo del lavoro e tempo del non-lavoro, ossia dello svago. Le due dimensioni coesistono nella vita di ogni singolo una al fianco dell’altra come sistemi autonomi e a sé stanti, caratterizzati il primo dall’assoluzione al dovere, il secondo dalla ricerca del piacere.

Nelle società preindustriali le due realtà non avevano ragione di esistere separatamente perché il tempo del lavoro e il tempo del non-lavoro erano entrambi guidati dallo stesso principio di rispetto dei ritmi naturali e votati al medesimo scopo di mantenere l’ordine del cosmos, così come posto dalla sfera del sacro. Sostanzialmente lavoro e tempo libero (gioco, mito o rito) consistevano nella differente manifestazione fenomenica di concetti e norme sovraindividuali comuni e condivise, attraverso forme attive ed espressive differenti. Il rito e il margine tipici dei riti iniziatici si stagliano proprio su questo orizzonte, definendo una zona di liminalità avente la peculiarità di obbligo-libertà propria di un sistema unitario e comunitario guidato dalla necessità.

Unità e comunità non possono sussistere con le stesse prerogative nel sistema capitalistico che mira all’efficienza mediante la severa descrizione di tempi e di spazi, creando ampie sacche di vuoto tra le vite degli individui e nella vita dell’individuo stesso. Lo svago è la materia prima con cui l’uomo riempie liberamente le lacune temporali e ideali create dalla concezione capitalistica del lavoro.

Il tempo di svago è dunque associato alla libertà, in particolare secondo due direzioni. Svago è libertà da obblighi istituzionali imposti dalla sovrastruttura sociale, come burocrazia e tecnologia e libertà da ritmi forzati e cronologicamente predisposti dalla fabbrica: apre quindi alla possibilità di recuperare e godere di nuovo di ritmi naturali e biologici. Dallo scioglimento di questi vincoli sovrastrutturali discende la libertà di accedere ai mondi simbolici del divertimento, del gioco, dello sport e addirittura di generarne di nuovi; sul piano immaginativo si acquisisce la libertà di trascendere le limitazioni imposte dalla struttura sociale con una molteplicità di mezzi che permettono di giocare con idee, parole, colori, relazioni sociali. La libertà così intesa definisce i confini di un territorio definito liminoide (letteralmente “rassomigliante al liminale”). Qui il carattere ludico e sperimentale è molto più evidente che nei riti e nelle cerimonie delle società tribali e agricole; in primo luogo l’offerta di prodotti e servizi proposta dalla società post-industriale permette di agire una gamma di esperienze inimmaginabile precedentemente. Inoltre nessuno è costretto da bisogni materiali o da obblighi morali a svolgere questa o quella attività, dunque la scelta di sottoporsi ad una fatica è interamente personale e autotelica: il suo fine è inscritto nell’azione stessa.

Il laboratorio esperienziale situato nel liminoide è generativo perché la scelta e la passione per una certa pratica ne definiscono successo e realizzazione. Proprio la fertilità della zona permette che in essa fioriscano modelli di vita alternativi, utopie, programmi, capaci di influenzare il comportamento di coloro che svolgono ruoli sociali e politici a qualunque livello, in direzione di un cambiamento radicale. La scienza teoretica e sperimentale è essa stessa liminoide proprio perché ha luogo in spazi neutrali, come studi e laboratori, posti in disparte rispetto alla linea principale degli eventi produttivi, cardine del capitalismo. Il liminoide possiede una spiccata vocazione sovversiva dal momento che, in qualsiasi ambito si esplichi, propone una visione deformata della struttura sociale all’interno e al fianco della quale cresce.

Le numerose forme espressive a cui esso può attingere per veicolare i suoi contenuti amplificano i suoi toni e la possibilità di tangere un pubblico sempre più vasto, minando direttamente le basi dello status quo con un lavorio talvolta lento e corrosivo, talvolta irruento e rivoluzionario.
Il romanzo distopico Fahrenheit 451 traduce molto bene la concezione secondo cui un genere di intrattenimento, in questo caso la lettura, abbia portata pericolosissima per uno Stato che miri alla omologazione delle idee. Nella storia, a essere distrutte non sono solo le grandi raccolte universitarie o le opere di illustri scrittori, ma anche le piccole biblioteche personali e apparentemente poco significative dei poveri cittadini, proprio ad indizio del fatto che il germe della sovversione può nascere in seno ad ogni occasione immaginativa, non importa quanto essa sia qualitativamente elevata o pubblicamente riconosciuta.

Le pratiche tradizionalmente attribuite alla cultura, quali la scrittura, l’arte, il teatro, non sono le uniche a possedere un potenziale di ribellione poiché qualsiasi attività si collochi al di fuori della sfera lavorativa può stimolare alla liberazione delle facoltà umane di conoscenza, sentimento, volizione, creatività dalle costrizioni normative: uno sport di squadra, ad esempio, può motivare l’individuo ad interrogarsi sulle relazioni interpersonali di solidarietà che si creano nel contesto agonistico, profondamente in contrasto con quelle che si instaurano sul posto di lavoro o in ambito politico.

I generi liminoidi “non si limitano a rendere tollerabile il sistema così com’è, ma mantengono i suoi membri in uno stato di maggiore elasticità nei confronti del sistema stesso e, quindi, delle possibili modifiche.” (Sutton-Smith in Turner, 1986, p. 100)
Il territorio liminale e il territorio liminoide sono accomunati dalla loro collocazione contemporaneamente sul margine e oltre il margine delle società a cui si riferiscono.
Si tratta di aree esterne ai confini dettati dalla società strutturata in quanto non soggette alle norme regolative imposte da essa; si propongono anzi come alternative a tutto ciò che la società include, in alcuni casi per rafforzare la convinzione che lo stato attuale delle cose sia valido e corretto, in altri per mettere in discussione le colonne portanti dell’intera costruzione.

Al contempo, queste zone opache non si pongono nemmeno totalmente all’esterno del sistema dato perché esistono proprio in relazione ad esso, dal quale traggono il materiale su cui riflettono in maniera critica per mezzo di ricombinazioni e capovolgimenti creativi. Sono in definitiva interstizi neutri, terre di mezzo che è necessario attraversare per muoversi spazialmente, temporalmente e idealmente da un luogo ad un altro della struttura sociale.
Sostare in una zona di margine, squadernare la gamma di opportunità che offre, interrogandosi su società e cultura e immaginare di tracciare linee differenti per definirle, circoscriverle, intersecarle consente la predisposizione di un equipaggiamento adeguato ad affrontare i passaggi richiesti, senza correre il rischio di smarrire la propria storia e la propria motivazione e impedendo alla struttura sociale di rimanere scossa dal turbinio dei movimenti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Passi danzanti sul ciglio della strada. Disegnare, abitare, attraversare il limite nelle performance rituali del dramma sociale

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Colombo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Francesca Antonacci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 41

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dramma sociale
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