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Il razionamento del credito in italia durante la crisi finanziaria

Il razionamento del credito: relazione con difficoltà finanziarie e prospettive di crescita delle imprese

L’accesso al credito, soprattutto in un contesto economico debole, rappresenta una variabile chiave per le imprese, sia per quelle che attraversano un momento finanziario difficile e lo utilizzerebbero per la “sopravvivenza”, sia per quelle che, mirando alla crescita, lo impiegherebbero per investimenti. L’analisi econometrica condotta da Russo e Albareto (2012) è volta a comprendere come la fragilità finanziaria e le prospettive di crescita di un’impresa influenzino la probabilità della stessa di essere razionata. In particolare, l’intervallo di tempo considerato (2005-2010) è stato bipartito in due sottoperiodi, rispettivamente 2005-2007 e 2008-2010, al fine di valutare le differenze nel “grado di facilità” di accesso al finanziamento tra prima e durante la crisi.

Il campione oggetto d’analisi è composta da circa 4000 imprese industriali e di servizi, non finanziarie. La variabile dipendente è una dummy che assume il valore “uno” per le aziende che hanno chiesto e non ottenuto il prestito negli intervalli di tempo considerati. Tra i regressori Albareto e Russo hanno inserito: la dimensione d’impresa (espressa come il logaritmo del numero degli occupati), una dummy che riflette la localizzazione nel Mezzogiorno e set di variabili riferite al settore d’attività, alle eventuali difficoltà finanziarie delle imprese e alla prospettiva di crescita. L’elaborazione dei risultati è avvenuta mediante una stima pooled probit ad effetti marginali.

Riguardo alla correlazione tra probabilità di razionamento e situazione finanziaria dell’impresa, è prevedibile, in qualsiasi contesto, che un bilancio poco equilibrato rappresenti un freno alla concessione del credito, che, se avviene, è caratterizzata da tassi più alti e maggiori garanzie collaterali. In presenza di una profonda crisi finanziaria, pertanto, questa “rigidità” nell’ ottenimento di fondi si potrebbe acuire maggiormente.

Tuttavia, davanti a imprese poco stabili e fortemente indebitate con le banche, queste ultime potrebbero avallare la concessione di nuovo credito, temendo le ripercussioni e le perdite che subirebbero in caso di fallimento delle suddette. L’analisi condatta da Albareto e Russo evidenza una relazione positiva tra razionamento e fragilità finanziaria. In particolare, tra le imprese appartenenti al campione, sono state individuate quelle con valori del Z-score compreso tra 5 e 7 (vulnerabili) e tra 8 e 9 (rischiose) ed è emerso che per queste la percentuale di razionamento è passata dall’8 per cento (2005) al 16 per cento (2009).

Il risultato delle stime probit evidenzia che, sia antecedentemente che durante la crisi, i coefficienti delle variabili riferite all’alto livello di Z-score e alla localizzazione nel Mezzogiorno sono altamente significativi. Pertanto, le imprese situate nel Sud Italia e nelle isole hanno mediamente più difficoltà ad accedere al credito. D’altra parte, la correlazione tra il razionamento e la dimensione aziendale è rilevante solo durante la crisi: piccole e medie imprese risultano più razionate dalle banche. Circa il settore d’attività, le differenze appaiono significative esclusivamente prima della crisi, investendo maggiormente le imprese chimiche e quelle commerciali, annullandosi durante essa. Inoltre, la probabilità di essere razionate diminuisce all’aumentare della concentrazione dei prestiti, solamente durante la crisi, considerando che un eventuale fallimento dell’impresa comporta perdite per l’intermediario.

Infine, limitatamente al periodo antecedente alla crisi, le imprese con più passività a medio-lungo termine sul totale hanno più facilmente accesso al credito, probabilmente perché meno soggette al rischio di rifinanziamento.
L’altro aspetto indagato da Albareto e Russo è la relazione tra probabilità di razionamento e prospettive di crescita aziendale. È interessante e rilevante indagare questa tematica dal momento che negare il credito ad imprese con obiettivi di sviluppo aziendale potrebbe influenzare la crescita economica del intero paese.

Tale pericolo è acuito dai sistemi di valutazione del merito creditizio utilizzati dalle banche, principalmente votato all’utilizzo di indici di bilancio e solo marginalmente in grado di catturare le prospettive di sviluppo aziendale. Ai fini dell’analisi condotta da Albareto e Russo, per “catturare” questa variabile di non immediata e diretta osservazione, sono state inserite nella regressione quattro variabili: tasso di crescita del fatturato, valore aggiunto per addetto, tasso di crescita degli investimenti e quota di esportazioni sul totale. Dalla regressione emerge la significatività dei coefficienti relativi a tutte e quattro le variabili limitatamente al periodo pre-crisi; esclusivamente le imprese che hanno registrato un tasso di crescita del fatturato positivo hanno “sofferto” meno il razionamento.

Durante la crisi, dunque, tale fenomeno ha investito in maniera più indiscriminata le imprese. L’incapacità delle banche di individuare le imprese con le migliori prospettive di crescita è temibile poiché, in presenza di temporanee tensioni finanziarie, la valutazione dei soli indici di bilancio porterebbe l’istituto di credito a razionare le imprese in questione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il razionamento del credito in italia durante la crisi finanziaria

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Informazioni tesi

  Autore: Enrica Panzanaro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi del Salento
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economiche
  Relatore: Giorgio Colacchio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 45

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