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Le misure cautelari minorili e il ruolo di Servizio Sociale

L’assistenza del minore sottoposto a misure cautelari

Nel processo penale ordinario, con l'assicurazione della difesa tecnica, si reputa concluso il complesso di protezione e assistenza nei confronti dell'indagato/imputato, quali che siano le sue condizioni psichiche. Ciò non basta per quanto riguarda il minore, poiché, a prescindere dall‟ispessimento criminale, dalla gravità del fatto e dalla maturità dimostrata, esso necessità di figure di riferimento che lo sostengono; anche psicologicamente, nel difficile percorso processuale, soprattutto se intervengono misure restrittive della libertà personale. Nel momento in cui, il minore si trova a vivere il primo impatto con l'autorità giudiziaria, facendo ingresso nel circuito penale, è molto probabile che diventi vittima di pregiudizi e che si concretizzino gli effetti della stigmatizzazione. Tale fenomeno, infatti, porta qualsiasi soggetto, in questo caso il minore, a emulare il modello a cui la società gli fa credere esso appartenga, una sorta di autoqualificazione.

Nel peggiore dei casi, lo stesso carcere è atteso (quasi auspicato dal minore) e vissuto, come investitura dalla propria importanza criminale. Per cercare di ridurre al massimo il pericolo dei pregiudizi, e il trauma dell'impatto col sistema giudiziario, il legislatore del 1988 ha previsto che, in ogni stato e grado del procedimento, (quindi sin dal primo atto della fase istruttoria reso noto all'indagato) sia garantita l'assistenza affettiva e
psicologica al giovane tramite la presenza di determinati soggetti: a) i genitori, b) la persona idonea, c) i servizi minorili.

a) I genitori normalmente, sono coloro che possono al meglio sostenere il minore, per il naturale vincolo affettivo che li lega gli uni agli altri. L'art.12 c.p.p.m., differentemente dalle disposizioni sull'arresto, sul fermo, sull'accompagnamento, fa riferimento esclusivo ai genitori; senza richiedere che essi esercitino la potestà parentale e quindi, senza prevedere l‟intervento del tutore nel caso quella difetti, né si rimanda all'eventuale affidatario del giovane. La ragione di tale disposizione va individuata nella consapevolezza che, in concreto e normalmente, sono i genitori ad avere un rapporto privilegiato con il minorenne dal punto di vista emotivo; pertanto, il loro coinvolgimento per la prestazione del supporto psicologico e affettivo appare insostituibile, anche qualora non esercitino più la funzione tutoria nei confronti del figlio. Nel momento in cui tale presunzione si rivelasse fallace, il terzo comma dell'art. 12 c.p.p.m., prevede che i genitori possano essere esclusi dalla presenza al compimento di atti con la partecipazione del minorenne, così come possano essere sostituiti da un‟altra persona idonea nel ruolo di sostegno psicologico e affettivo come sancito dal comma 1.

b) La seconda categoria di soggetti, che può fornire supporto psicologico e affettivo è costituita da altre persone idonee. È necessario innanzitutto, che la richiesta pervenga dal giovane, poiché egli, dovrebbe sapere meglio di ogni altro, chi può essergli d'aiuto nell'affrontare il procedimento dal punto di vista psicologico; dopodiché è necessario un provvedimento di ammissione da parte dell'autorità procedente, poiché è importante che il minore sia tutelato anche dalle proprie determinazioni La missione dell'autorità si basa sulla valutazione dell'idoneità della persona indicata, a fornire l'assistenza psicologica e affettiva richiesta. Secondo parte della dottrina, risulta disfunzionale rispetto agli obiettivi educativi del procedimento, ammettere la presenza di una persona idonea in alternativa a quella dei genitori, anziché ammettere la presenza dell'altra persona idonea, unitamente a quella dei genitori. Inoltre, al fine di non generare nel minore una confusione derivante dalla pluralità delle presenze, l'espressione altre persone idonee andrebbe intesa al singolare.

c) Nel secondo comma dell'art.12 D.P.R.448/1988, il legislatore ha voluto garantire al minorenne, in ogni caso, il sostegno psicologico e affettivo (oltre a quello citato dal comma 3) facendo riferimento ai servizi minorili. Il contributo si aggiunge normalmente a quello fornito dai genitori o dall'altra persona idonea, nell'ipotesi dell‟assenza di questi. L'art. 13 D.P.R. 448/1988 afferma che: sono vietate la pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione del minorenne comunque coinvolto nel procedimento. Con tale disposizione, si configura il "diritto alla riservatezza," che ancor di più nel processo penale minorile, assume un significato speciale soprattutto nel momento in cui il minore è sottoposto al provvedimento restrittivo della libertà personale. La tutela è da intendersi, non esclusivamente circoscritta alla fase processuale, bensì anche a quella che la precede ovvero le indagini preliminari. Bisogna però comprendere, in che modo debba essere interpretata tale disposizione, rispetto a ciò che è sancito dall'art. 21 Cost., ossia la tutela del diritto di informazione e di essere informati; per fornire al cittadino tutti quegli elementi utili, a conoscere fatti inerenti alla realtà in cui vive, con l'obiettivo di potersi costruire un proprio convincimento basato da notizie documentate. La Corte Costituzionale si è espressa in merito affermando che, l'interesse del minore a non vedere intralciato il suo processo evolutivo e la sua immagine, in altre parole, a non vedersi identificato come soggetto inevitabilmente deviante, prevale sull'interesse della collettività a conoscere fatti di cronaca giudiziaria. Tale prevalenza risulta peraltro, conforme alle c.d. "Regole di Pechino" e approvate nella Sessione Plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 1985; in quanto, secondo l'art. 8, il diritto del giovane alla vita privata deve essere rispettato a tutti i livelli, per evitare che inutili danni gli siano causati da una pubblicità inutile e denigratoria. Il diritto alla riservatezza, non si esplica ovviamente, soltanto nei riguardi dell'indagato, dell'imputato e del condannato, ma anche nei confronti di altri soggetti minorenni che prendono contatto con il processo in senso lato. Sarebbe contraddittorio, infatti, se la legge si curasse solo della riservatezza dell'accusato, lasciando in balìa di una dannosa pubblicità, il minore prosciolto, o per qualche ragione, offeso ma anche solo danneggiato dal reato e, ancor più se chiamato a testimoniare.

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Le misure cautelari minorili e il ruolo di Servizio Sociale

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppina Cafueri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi del Salento
  Facoltà: Dipartimento di Storia, Societa e Studi sull'Uomo
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Elga  Turco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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Parole chiave

minori
servizio sociale
assistente sociale
diritto minorile
processo penale minorile
giustizia penale minorile
misure cautelari minorili

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