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La Finanza del Profeta. Un mercato inesplorato

Fondi islamici Shari’ah compliant

Più volte è stato ribadito come tutta la vita del credente musulmano è scandita da dogmi religiosi, con la pronta conseguenza che il medesimo sistema economico-finanziario ne è pervaso.
L’oggettiva difficoltà ad allinearsi ai principi coranici ha rallentato lo sviluppo di un mercato finanziario islamico in quanto la gamma di prodotti offerti era limitata agli strumenti base.
Tuttavia, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, per rispondere alle sempre più sofisticate esigenze dei crescenti facoltosi individui localizzati nei paesi del Golfo, le istituzioni finanziarie iniziarono ad offrire servizi di Islamic asset management.

Il cambio di passo avvenne grazie alla pronuncia della Islamic Fiqh Academy riguardo alle azioni, ponendo fine al dibattito tra gli scholars e rendendole legittime agli occhi della Shari’ah; esse furono definite come undivided portion of the company assets. (Jaffer, 2004)
Le prime esperienze videro la luce nell’Arabia Saudita, da sempre pioniere nei diversi settori del mercato finanziario islamico, dove la Saudi Commercial Bank nel 1986 iniziò a presentare ai clienti la possibilità di effettuare investimenti collettivi. Presto seguirono la National Commercial Bank (1987) e la Riyad Bank (1990) rendendo sempre più tecnica e professionale l’offerta grazie ad accordi con varie case di investimento occidentali. (Porzio, 2009)

Non deve creare stupore la presenza e l’implementazione di fondi d’investimento islamici, poiché l’Islam stesso incoraggia il credente ad investire in imprese, progetti ed assets (un esempio è la sottoscrizione di varie forme contrattuali come il musharakah). Ciò non avviene con l’esclusivo fine di incrementare la ricchezza personale, bensì per permettere all’economia di progredire; in questo senso si consente anche agli altri membri della comunità di beneficiare di una generalizzata prosperità. Comunque, il principio di unire i capitali e affidarli alla gestione di uno specialista esisteva anche nel mondo arabo preislamico dove, secondo gli Ahadith, gli abitanti della Mecca affidavano i loro soldi al Profeta Maometto mentre conduceva affari per conto di Khadijah.

Considerato l’interesse suscitato per questa tipologia di investimenti, l’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI) ha definito ufficialmente il fondo d’investimento islamico nello Standard 14 (appendix B): “Funds are investment vehicles, which are financially independent of the institutions that establish them. Funds take the form of equal participating shares/units, which represent the shareholders’/unitholders’ share of the assets, and entitlements to profits or losses. The funds are managed on the basis of either a mudarabah or wakalah contract. Investment funds are permissible by Shari’ah. Because funds are a form of collective investment that continue throughout their term, the rights and duties of participants are defined and restricted by the common interest, since they relate to third parties’ rights.”

Le finalità di un investitore islamico poco differiscono da quelle di uno tradizionale, entrambi sottoscrivono le quote di un fondo affidando i proprio capitali in gestione ad una società che svolge l’attività professionalmente con fini di preservazione del capitale, massimizzazione del rendimento e per garantire un equilibrio tra liquidità e profittabilità. La grande differenza è che l’investitore musulmano richiede una compatibilità con la legge coranica che si traduce nell’obbligo, per il gestore del fondo, di investire esclusivamente in asset classes Shari’ah compliant.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La Finanza del Profeta. Un mercato inesplorato

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Dalla Venezia
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Finanza
  Relatore: Massimo Buongiorno
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 174

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