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La valutazione dell'idoneità genitoriale nelle famiglie omogenitoriali: una prospettiva interdisciplinare

La trascrizione degli atti di nascita

Accanto all’adozione del figlio biologico del partner è possibile individuare un’ulteriore via che ha permesso di riconoscere l’omogenitorialità: la trascrizione nei registri dello stato civile italiano degli atti di nascita formati all’estero, in cui vi è l’indicazione di due genitori dello stesso sesso. Spesso si tratta di coppie che perseguono il loro progetto di genitorialità tramite le procedure di procreazione medicalmente assistita e gestazione per altri, nei Paesi in cui ciò è consentito dalla legge e, una volta fatto rientro in Italia, chiedono la trascrizione dell’atto di nascita dei figli (Giacomelli, 2018); in altri casi, come vedremo, si tratta di genitori dello stesso sesso che richiedono la formazione di un atto di nascita del figlio nato in Italia.
In linea generale, un atto di nascita legittimamente formato in un paese straniero può essere trascritto in Italia e il giudice italiano non può sovrapporre accertamenti propri, oltre a quelli compiuti – seguendo il diritto nazionale – dallo Stato straniero (Lenti, 2016). Il problema che si pone nel caso specifico – e che spinge queste coppie a recarsi all’estero, causando un vero e proprio “turismo procreativo” – è la natura restrittiva della legge italiana circa la procreazione medicalmente assistita, che vieta all’articolo 5 il ricorso a tali procedure per le coppie dello stesso (Giacomelli, 2018). Come vedremo, però, la questione assume una forma differente a seconda che a farne ricorso sia una coppia di donne o una coppia di uomini: se nel primo caso, infatti, sarà sufficiente recarsi in un Paese che non prevede tale divieto, nel secondo caso gli aspiranti genitori saranno costretti per evidenti ragioni a ricorrere alla gestazione per altri, per cui il certificato riporterà i “committenti” come genitori legali del minore. Si pone dunque il problema, al rientro in Italia, di consentire la trascrizione dell’atto di nascita, tutelando il minore e garantendo la continuità del rapporto con chi se ne prende cura e il diritto a conservare il suo status filiationis (Giacomelli, 2018). Come evidenziato da Lenti (2016) si tratta di un elemento fondamentale dell’identità personale, che se non riconosciuto potrebbe dar luogo a un grave pregiudizio per il minore, attribuendogli uno status giuridico incerto.

È con il decreto del 29 ottobre 2014 della Corte d’Appello di Torino che per la prima volta viene trascritto in Italia il certificato di nascita di un minore nato all’estero avente due genitori dello stesso sesso. Nel caso specifico, il minore era nato in Spagna tramite fecondazione assistita eterologa, da una coppia di donne – una di nazionalità italiana e l’altra di nazionalità spagnola – unite da matrimonio. In seguito al divorzio delle due, la madre italiana decise di fare rientro in Italia, richiedendo la trascrizione dell’atto di nascita del figlio, di modo da fargli acquisire anche in Italia lo status di figlio di entrambe e la cittadinanza italiana, così come la rappresentanza legale anche da parte della madre italiana, sua madre biologica, nonostante non lo avesse partorito. L’Ufficiale dello Stato civile di Torino respinse la richiesta, ritenendo l’atto contrario all’ordine pubblico italiano. Contro il diniego, le due donne fecero ricorso al Tribunale di Torino ex articolo 96 DPR n. 396\2000, chiedendo l’accertamento del rapporto di filiazione fra il minore e la madre italiana e dei requisiti di legge per il riconoscimento dell’atto di nascita del minore, insieme al suo diritto alla trascrizione nei registri dell’anagrafe di Torino. Il Tribunale torinese, con decreto in data 21 ottobre 2013, respinse il ricorso, sottolineando che: ha rilevanza il principio secondo cui “madre” è solo colei che partorisce il bambino (ex art. 269, c. 3, c.c.) e, quindi, nel caso specifico la madre spagnola; che conseguentemente la cittadinanza del minore fosse quella spagnola; che la fattispecie rientra nei “casi di intrascrivibilità” di cui all’articolo 18 DPR 396\2000, per cui gli atti formati all’estero non possono essere trascritti se sono contrari all’ordine pubblico, inteso come l’insieme dei principi desumibili dalla Carta costituzionale o che fondano l’assetto dell’ordinamento interno di cui fanno parte anche le norme in materia di filiazione; che in assenza di una normativa che disciplini l’unione tra persone dello stesso sesso e i rapporti di filiazione, la trascrizione dell’atto di nascita non rappresenta un diritto autonomamente tutelabile. Le due donne fanno allora ricorso alla Corte d’Appello di Torino che, come anticipato, smentisce la decisione del giudice di primo grado. Alla base del consenso alla trascrizione vi è innanzitutto l’assunto secondo cui nel caso in questione non si tratta di introdurre all’interno dell’ordinamento una situazione giuridica inesistente, ma garantire copertura giuridica ad una situazione di fatto che già esiste, sottolineando come il mancato riconoscimento dello status di figlio priverebbe di copertura giuridica una situazione ormai consolidata, provocando un pregiudizio all’identità del minore. Quanto alla contrarietà all’ordine pubblico, la Corte ne esplica innanzitutto la natura: deve, infatti, essere inteso come «complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico e fondati su esigenze di garanzia comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, sulla base di valori sia interni che esterni all’ordinamento purché accettati come patrimonio condiviso in una determinata comunità giuridica sovranazionale». Alla luce di ciò, spetta alla Corte valutare se l’atto di nascita del minore sia contrario all’ordine pubblico internazionale e se l’omosessualità dei genitori costituisca un ostacolo alla formazione di un nucleo familiare. Nel farlo, viene richiamata la sentenza della Corte Costituzionale del 14 aprile 2010, n. 138 che fa rientrare l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, tra le formazioni sociali di cui all’articolo 2 della Costituzione e l’orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ribadito il principio secondo cui le relazioni omosessuali non devono essere comprese solo nella nozione di “vita privata”, ma anche in quella di “vita familiare”. Una qualsiasi argomentazione finalizzata a rintracciare una contrarietà all’ordine pubblico dell’unione tra persone dello stesso sesso è quindi priva di fondamento sociale e giuridico (Celentano, 2015). In relazione alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il Collegio sottolinea la rilevanza della «volontarietà del comportamento necessario per la filiazione» e della «assunzione di responsabilità in ordine alla genitorialità», rimarcando che a prescindere dall’apporto genetico e dalle modalità di concepimento differenti rispetto a quella “naturale”, è importante ricordare che la coppia ha scelto di assumersi la responsabilità nei confronti del nascituro. È in riferimento all’interesse di quest’ultimo che la Corte declina il concetto di ordine pubblico, rilevando che il suo perseguimento è principio fondamentale dell’ordinamento italiano e che, nella fattispecie, può essere raggiunto solo consentendo al minore di mantenere un rapporto stabile con entrambe le madri, visto che la mancata trascrizione non gli permetterebbe di frequentare la madre italiana, di avere una relazione con lei e con i parenti della stessa, attentando alla sua identità.

Sul caso in questione si esprimerà anche la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 19599 del 30 settembre 2016, condividendo la conclusione cui è giunta la Corte d’Appello e fissando una serie di principi. La questione affrontata ruota nuovamente intorno al concetto di ordine pubblico, affermando che il giudice italiano deve verificare se l’atto contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, in particolare – nel caso specifico – del superiore interesse del minore. La Corte ribadisce, infatti, come la mancata trascrizione e il conseguente mancato riconoscimento della filiazione in Italia, comporti un pregiudizio per il minore, creando una «situazione giuridica claudicante», che influirebbe in modo negativo sulla definizione della sua identità personale e invocando il suo diritto alla continuità dello status filiationis. Viene peraltro precisato che l’atto di nascita straniero da cui risulti la nascita di un figlio di due genitori dello stesso sesso non contrasta con l’ordine pubblico per il fatto che la tecnica procreativa usata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano, trattandosi di una materia sulla quale le scelte legislative «non sono costituzionalmente obbligate» e soprattutto perché le conseguenze della violazione delle prescrizioni poste dalla legge 40/2004 non possono ricadere sul minore. All’insieme di questi aspetti non può, inoltre, opporsi il principio secondo cui madre è solo colei che partorisce, non costituendo più questo un principio fondamentale del nostro ordinamento, data l’evoluzione scientifica che ha reso possibile l’accesso alla genitorialità secondo modalità differenti da quelle classiche.
Negli anni successivi, seguendo tale orientamento, numerosi tribunali si sono pronunciati favorevolmente alla trascrizione di atti di nascita di minori nati all’estero con genitori dello stesso sesso. Fra questi è opportuno richiamare il decreto del 6 dicembre 2016, con il quale il Tribunale di Napoli ha ordinato la trascrizione dell’atto di nascita di un minore nato in Spagna, in seguito al ricorso alla fecondazione assistita eterologa. Alla base della decisione si ritrovano non solo i principi espressi pochi mesi prima dalla Corte di Cassazione (19599/2016), ma anche il riferimento e l’assimilabilità – almeno nelle intenzioni – fra il matrimonio contratto in Spagna fra le due donne, madri del piccolo, e l’unione civile introdotta in Italia con la legge 76/2016, con la conseguenza di riconoscere una compatibilità fra la trascrizione dell’atto di nascita e l’ordine pubblico. Inoltre, il tribunale napoletano precisa che rifiutare la trascrizione causerebbe una sproporzione, «in presenza di un modello di vita familiare che, secondo il sentire e l’agire del legislatore sovranazionale, può ricevere legittimazione» dal raccordo tra il dato materiale (il parto della madre biologica) e quello spirituale (l’assunzione di responsabilità dell’altra madre).
Ancora, con il decreto del 28 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Milano, ha autorizzato la trascrizione dell’atto di nascita di due minori, aventi due padri. Alla base delle argomentazioni del Collegio vi è innanzitutto la constatazione che in base all’art. 33 della L. 218/1995, lo status di figlio dei due bambini è determinato dalla legge dello Stato di nascita, in questo caso quella californiana, che ha permesso a ciascun padre biologico di riconoscere il figlio; inoltre, contrariamente a quanto indicato dal giudice di primo grado, viene precisato che biologicamente «i gemelli si definiscono come “persone nate contemporaneamente”», come nel caso specifico, per cui «non può ritenersi contrario all’ordine pubblico una dicitura su un atto di nascita che indica una verità indiscussa a livello scientifico». La Corte, richiamando i principi espressi dalla sopracitata sentenza della Cassazione, sostiene che sono irrilevanti le modalità tramite le quali i minori sono venuti al mondo, vista la prevalenza dell’esigenza di tutelare il loro interesse; il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione, infatti, determinerebbe un’incertezza giuridica, tale da causare un pregiudizio per la costruzione della loro identità. Similarmente, la Corte d’Appello di Trento (23 febbraio 2017) ha permesso il riconoscimento automatico (ex articolo 67 L. 218/1995) di un provvedimento canadese che aveva accertato la genitorialità del compagno del padre biologico di un minore concepito tramite la procedura di gestazione per altri, sottolineando la compatibilità fra la trascrizione dell’atto di nascita straniero e l’ordine pubblico internazionale, così come: l’importanza del concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella scelta di perseguire un progetto genitoriale e sostenerlo; la possibilità di costruire una famiglia formata da genitori e figli, a prescindere dal dato genetico; la possibile assenza di una relazione biologica con uno dei genitori per i figli nati tramite il ricorso alle tecniche in questione.

Di particolare rilievo è la sentenza n. 14878 del 15 giugno 2017, della Suprema Corte di Cassazione, che chiarisce una serie di aspetti in materia di omogenitorialità. Il caso in questione riguardava una coppia di donne, coniugate e residenti all’estero, le quali richiedevano che venisse rettificato l’atto di nascita del figlio, con l’indicazione di entrambe le madri, poiché originariamente trascritto solo con l’indicazione di colei che aveva partorito. La richiesta venne rigettata sia dal Tribunale di Venezia, che dalla Corte d’Appello di Venezia, sostenendo la contrarietà all’ordine pubblico della rettificazione, la quale avrebbe comportato necessariamente il riconoscimento della validità del loro matrimonio anche in Italia. La Corte di Cassazione, nell’accogliere la richiesta delle due donne, ribadisce la non contrarierà all’ordine pubblico dell’atto di nascita straniero dal quale risultino due genitori dello stesso sesso. Nonostante il nostro ordinamento interno vieti il ricorso alle tecniche di procreazione assistita per le coppie dello stesso sesso, ciò non deve ostacolare la trascrizione o dell’atto di nascita del minore, qualora ciò corrisponda al suo best interest e al diritto alla continuità del suo status filiationis. Il giudice italiano, nell’esaminare la contrarietà all’ordine pubblico interazionale nella fattispecie in questione, oltre che del preminente interesse del minore, deve tenere presenti una serie di principi, quali quelli espressi: all’art. 12 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, così come gli articoli 8 e 14; agli articoli 9 e 21 della Carta di Nizza, che sanciscono rispettivamente il diritto di costruire una famiglia e di non essere discriminati; agli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione.

È il 5 luglio 2018 che, invece, per la prima volta viene formato ab initio un atto di nascita di un minore nato in Italia, che riporta l’indicazione di due madri, in applicazione della legge 40/2004 (Giacomelli, 2018). La questione riguardava due donne, unite civilmente, che avevano scelto di perseguire un progetto di genitorialità condiviso in Spagna, mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. La coppia si era rivolta al proprio comune di residenza per dichiarare la nascita del figlio, ottenendo il diniego da parte del Sindaco circa la possibilità di riconoscimento da parte di entrambe; per questo motivo avevano fatto ricorso al Tribunale di Pistoia. Il giudice, reputando fondato il ricorso, osserva che è vero che l’attuale assetto normativo italiano vieta l’accesso alla PMA da parte di coppie dello stesso sesso (ex art. 5 L. 40/2004), tuttavia, nell’ipotesi in cui la coppia omosessuale ricorra a tali tecniche in paesi che lo consentono, è da comprendere quale sia lo status giuridico del nato, indagine che deve essere compiuta tendendo presente il «principio primario» che regola la materia, ossia quello della tutela dell’interesse superiore del minore, come desunto dalla nostra Costituzione, ma anche dai maggiori trattati internazionali. Viene, quindi, proposta una lettura costituzionalmente orientata della legge 40/2004, che «consente di ritenere ammissibile il riconoscimento della genitorialità in capo ad entrambe le ricorrenti». In particolare, sono stati ritenuti applicabili gli articoli 6, 8 e 9 della legge 40/2004, ritenendo ormai abbandonato il concetto di filiazione che si basa sul solo dato biologico e aprendo la strada al criterio della prestazione del consenso e della genitorialità intenzionale. Questa visione viene, inoltre, inserita dal giudice all’interno dell’attuale contesto socio-giudico, in cui non è possibile affermare che avere due genitori dello stesso sesso costituisca un pregiudizio per il minore, data l’assenza di evidenze scientifiche a favore, così come di divieti a livello costituzionale, pur prendendo atto dei limiti ancora presenti nel nostro ordinamento.
Tale orientamento ha dunque centrato l’attenzione sulla necessità di dare rilevanza giuridica ad una genitorialità meritevole di essere riconosciuta in quanto tale, specie in funzione del benessere psicofisico dei minori coinvolti e alla formazione della loro identità.
[...]

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La valutazione dell'idoneità genitoriale nelle famiglie omogenitoriali: una prospettiva interdisciplinare

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Zinnà
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia criminologica e forense
  Relatore: Joelle Long
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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Parole chiave

giurisprudenza
omogenitorialità
genitori same-sex
trascrizione atti di nascita
adozione in casi particolari
idoneità genitoriale
best interest of the child

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