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Il terrorismo in Europa come effetto perverso della destabilizzazione in Medio Oriente

La guerra all’Europa, riflesso della crisi mediorientale

Cos’è lo Stato islamico?
Certamente è un organizzazione complessa che usa il terrorismo come strumento della guerra ibrida, piuttosto che un gruppo terrorista che si pone l’obiettivo di modificare l’ordine costituito utilizzando il terrore come strumento, colpendo infrastrutture e popolazione. IS non vuole semplicemente modificare l’ordine esistente: esso persegue il processo di espansione continua che lo caratterizza non attraverso la modifica del sistema e l’assorbimento della popolazione, ma attraverso l’espulsione di entrambi. I suoi obiettivi vanno ben oltre quelli del terrorismo inteso con le definizioni che ancora oggi stiamo usando, e che sono pertanto inadeguate. Ma del terrorismo esso usa gli strumenti, raffinati nella devastante capacità di colpire un quadro dell’Occidente senza possibilità di negoziazione politica fra le parti: IS opera la pulizia etnica e religiosa e attira nuovi coloni nelle terre che conquista.D’altra parte lo Stato islamico è stato “pubblico” nelle dichiarazioni dei suoi intenti e azioni. Fin da prima della sua fondazione ha dichiarato il suo obiettivo: costituirsi e farsi riconoscere come uno Stato prima dalla comunità globale musulmana, poi dalla comunità internazionale. Ecco allora la nascita di Isi in Iraq, poi Isis e Isil quando si è allargato alla Siria e al Levante, incorporando nel nome i riferimenti mitici e simbolici allo Sham, forse la sua più grande mossa di marketing. Infine si è costituito IS, semplicemente ed efficacemente Islamic State, quando ogni riferimento geografico è diventato superfluo nell’affermazione sovranazionale del Califfato.

L’evoluzione dello Stato islamico mostra il progredire di un’organizzazione criminale verso un’entità che controlla ampie fasce di territorio e che offre una gamma diversificata di servizi burocratici e amministrativi (che comprende un budget per l’amministrazione statale riguardante tasse, contributi per andare a scuola, smaltimento rifiuti, etc.). Questa evoluzione statuale in Iraq e in Siria è anche un modello per promuovere lo sviluppo di IS in altri Paesi, attraverso il suoi affiliati. A rigore di logica questo può avvenire in paesi in guerra o comunque fortemente destabilizzati e destrutturati economicamente e politicamente, perciò certamente non in America né tantomeno in Europa. Qui la penetrazione può avvenire soltanto attraverso il terrore, come avvenuto alla redazione di Charlie Hebdo, annunciato tempo prima da Inspire, il magazine di al-Qāʿida, che indicava il bersaglio tra i most wanted. Poi il “Nine Eleven” europeo a Parigi il 13 novembre 2015, che continua con l’attacco a Bruxelles, a Nizza, a Berlino. La penetrazione flessibile e opportunistica di IS prende forma in Europa e, tra terrorismo homegrown e solo-actor, sembra avere radici più profonde di quanto ingenuamente gli europei avessero pensato.Si può però aggiungere (anzi si deve) che il successo dell’affermazione dello Stato islamico è dovuto solo in parte alle sue abilità.

Molto di suo vi ha messo la coalizione che lo combatte, frammentata in una pluralità di interessi locali, nazionali e regionali che poco o nulla hanno in comune con l’Occidente che parrebbe averla promossa: a cominciare dal doppio gioco del Qatar e dell’Arabia Saudita (che combattono, ma finanziandolo anche, IS), continuando col sogno imperiale della Turchia (che si espande e minaccia), fino agli accordi sottobanco a propria tutela della Giordania (che “ospita” per non avere incidenti). La risposta finora data ai terroristi è stata limitata da questi interessi, a cui si affiancano quelli americani e internazionali, che schermati dalla titubanza nel colpire, in realtà tutelano il mantenimento operativo dei pozzi petroliferi dell’area. Insomma, le ragioni particolari per le quali non intervenire con troppa resilienza verso IS sono tante, molteplici e differenti e in pratica assicurano la sua sopravvivenza. Ma il motivo reale di questo blocco politico e militare si ritrova in modo ancor più radicale in una visione del mondo superata: proprio quel Medio Oriente ormai ridotto a un’espressione esclusivamente geografica è il nodo cruciale del problema, senza più alcun senso politico rispetto all’idea comune che ne abbiamo. Senza l’elaborazione di una nuova visione geopolitica condivisa è impensabile sanare le aree occupate da IS, che resterebbero prive di governance e per conseguenza luogo di conflitto tra i Paesi musulmani.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il terrorismo in Europa come effetto perverso della destabilizzazione in Medio Oriente

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Informazioni tesi

  Autore: Riccardo Pacchiardo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: SUISS Scuola Universitaria Interdipartimentale in Scienze Strategiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Eraldo Olivetta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 91

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