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Sulla legittimità costituzionale del contratto a tutele crescenti. Commento a Corte Cost. 8 novembre 2018, n. 194

La deregulation e il giudizio di ragionevolezza

Un’ulteriore criticità è rappresentata dal fatto che la Corte afferma che lo scopo posto alla base della nuova norma (l’aumento dell’occupazione) sia di per se tale da giustificare la diversità della disciplina successiva (deregulation). Quello che però è evidente e che lascia perplessi, è che tale obbiettivo, non essendo valutabile dai giudici, risulta irrilevante. Risulta difficile ritenere che la nuova legge che regola la stessa materia preveda un trattamento diverso rispetto al passato senza che alla base vi sia un ben specifico motivo che giustifichi simile previsione. Tale finalità dovrà necessariamente essere “ragionevole” e non potrà tanto meno coincidere con la semplice enunciazione di una differente esigenza regolativa. La Corte pertanto avrebbe dovuto verificare se lo “scopo” era ragionevole per la sussistenza di motivi diversi dalla mera volontà di mirare, con la nuova disciplina, ad un obiettivo ulteriore.
Quello che lascia alquanto stupiti è che la Corte, nel valutare la legittimità dei fini della norma, si sia fermata al solo giudizio di bilanciamento senza dare seguito alle successive fasi (giudizio di proporzionalità o ragionevolezza), le quali sono essenziali al fine di tale giudizio.
La Corte avrebbe dovuto valutare “la congruità del mezzo rispetto al fine considerato” in quanto, se non fosse ravvisabile una giustificazione alla differenza di trattamento, ci si troverebbe difronte alla violazione dell’art. 3 Cost.
Sarebbe da chiedersi se, per realizzare tale obbiettivo, il legislatore avrebbe potuto ricorrere a mezzi diversi, anche perché, stando a quanto la realtà dei fatti ci ripropone, il sistema così attuato non ha dato risultati molto positivi.
La Corte, omettendo il test di proporzionalità, crea un precedente pericoloso, facendo intendere in buona sostanza che il legislatore detiene ampia libertà, e che possa quindi operare scelte in modo arbitrario, senza condizionamenti.
Appare indubbio come la finalità perseguita dal legislatore, di incrementare l’occupazione, sia stata realizzata per tramite della riduzione notevole del sistema di tutele, paragonando quindi il fine a un diritto fondamentale. Infatti la motivazione portata a favore del deterioramento delle norme si basa esclusivamente sulla necessità di incrementare il numero di soggetti entranti nel mondo del mercato del lavoro. Se è vero che la norma non prevede necessariamente la forma della reintegrazione, è vero anche che prevede che al lavoratore siano garantite solide garanzie contro il licenziamento.
È evidente che manca un qualsiasi bilanciamento tra l’art. 4 Cost. e gli obblighi in capo allo Stato relativi alla promozione dell’occupazione e realizzazione di tutele contro il licenziamento ingiustificato. Si tratta di obblighi che lo stesso Giudice delle leggi ha individuato all’interno della Costituzione ed in altre leggi fondamentali (art. 35, art. 41, comma 2).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sulla legittimità costituzionale del contratto a tutele crescenti. Commento a Corte Cost. 8 novembre 2018, n. 194

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Bottacchiari
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Chiara Lazzari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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