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Il romanzo secentesco e i suoi generi testuali: analisi del "Cordimarte" di G. Artale

Giuseppe Artale autore barocco

Esponente fecondo del marinismo, di quel barocco esasperato che è stato definito secentismo del secentismo, nacque a Catania nel 1628 (sebbene alcuni ritengono sia nato a Castello di Mazzarino in provincia di Caltanissetta) da famiglia nobile che vantava la discendenza da un ramo di un casato della Catalogna. Impregnato sin da ragazzino di cultura cavalleresca, in particolare era un appassionato lettore del Furioso, di cui conosceva ampi brani a memoria. Cominciò a costruire sin dall’età di 15 anni intorno a sé l’aura di uomo tetro e rissoso soprattutto in seguito ad un particolare evento che causò la sua immediata riparazione in convento e il suo soggiorno presso alcuni monaci. La vicenda è legata ad una battuta scherzosa mal sopportata dall’Artale il quale volle assolutamente rispondere con la lama della propria spada, come viene raccontato nella sua stessa biografia: “un gentiluomo provveduto d'armi eguali volendo scherzare seco, pregollo che gli lasciasse veder la lama della sua spada e dopo averla veduta la restituì E brava, dicendo, non possa mai far danno a carne battezzata. […] Balzò addosso al motteggiatore con una grandine spessa di piattonate finchè quello impugnò la spada.”
Ci fu un regolare duello nello steccato che si concluse con la morte del provocatore. La permanenza in convento e poi dai monaci fu proficua per lo scrittore, che così iniziò gli studi filosofici. Quando uscì dal convento rimase orfano di entrambi i genitori e fu allora che intraprese la carriera militare e cavalleresca. Prima di dedicarsi completamente al mestiere guerresco donò una cospicua parte dei suoi beni (pochi in realtà) all’ultima parente rimastagli, in modo da fornirle la dote per sposarsi e salvare in questo modo la reputazione e la dignità del suo casato. Lasciò a questo punto l’Italia per combattere a Candia contro i turchi, imbarcandosi su una galea dell’Ordine di Malta. Sul campo di battaglia compì imprese valorose (saltò solo su una nave nemica; staccò la testa a un turco forte e possente con un colpo di spada e per vantarsi dell’azione portò sempre con sé il capo imbalsamato del nemico) che gli fecero meritare l’iscrizione all’ordine aurato costantiniano di San Giorgio. Fu molto abile nella scherma, divenne il simbolo della spavalderia barocca facendo conoscere la propria fama non solo a Napoli, dove rientrò nel 1654, ma anche fuori d’Italia e in particolare in Germania dove era noto come der Blutgierige Ritter, «lo spadaccino sanguinario». Al rientro da Candia viaggiò molto: andò a Venezia per la pubblicazione delle sue prime opere letterarie, andò a Vienna per chiedere l’appoggio del re Leopoldo I, e fu anche al servizio del principe palatino Ernesto di Luneberg come comandante della guardia. Un episodio narra la sua prodezza nel battersi vittoriosamente contro otto cavalieri che stavano importunando una donna. Insieme alle sue doti di spadaccino le fonti ricordano anche la sua estrema generosità come quando, nell’episodio appena citato, non volle essere confessato prima dei nemici feriti, poiché le loro condizioni erano ben più gravi delle sue. Ancora, si racconta che duellò al fianco di un suo nemico che si batteva da solo contro un gruppo di cavalieri. Artale continuò a fregiarsi di molti altri simili gesti, che all’epoca rispecchiavano in pieno il gusto, la mentalità e la cultura della società. Si distinse dunque come uomo eccezionale regolato anche da alta fede nella morale cristiana, come dimostra il fatto che il cavaliere trascinò giù dalla sedia la donna del suo amico moribondo sorpresa con l’amante. Prima di giungere al duello vero e proprio riuscì a convincere l’amante prima e l’amico poi, a imporre alla donna la monacazione. Come già detto, in realtà queste vicende erano assai frequenti nella società barocca e la sua biografia si avvicina molto a quella di moltissimi altri letterati del secolo, specialmente della prima metà del Seicento. Va rilevata semmai un’unica differenza: i suoi contemporanei sfruttavano gli eventi di vita quotidiana per dar spunto nelle loro opere al loro gusto per la battuta arguta e spavalda o per riflettere la loro stessa vita attraverso i moduli della tragedia, del dramma pastorale o del romanzo galante; l’Artale trasporta i toni violenti e cupi della propria vicenda anche nelle sue opere, le quali sono ricchissime di enfasi e concettismo e portano all’estremo la poetica marinista.

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Il romanzo secentesco e i suoi generi testuali: analisi del "Cordimarte" di G. Artale

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Informazioni tesi

  Autore: Sonia Baglieri
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Gabriella Alfieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 284

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Parole chiave

artale
cordimarte
eroico-cavalleresco
generi testuali
romanzo
seicento
storia della lingua

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