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APPROFONDIMENTI

L’intervista narrativa. Raccontarsi apertamente

05/03/2007

L’intervista narrativa. Raccontarsi apertamente

L'intervista narrativa sembra in tal senso sfuggire alla tradizionale classificazione delle modalità di conduzione dei colloqui, che distingue tra intervista strutturata (standardizzazione delle domande e delle risposte, somministrazione di tutte le domande, rispetto dell'ordine di somministrazione predefinito), intervista semistrutturata (assenza di standardizzazione delle domande e delle risposte, somministrazione di tutte le domande, ordine di somministrazione non prevedibile) e intervista non strutturata (assenza di standardizzazione delle domande e delle risposte, tipo e ordine di somministrazione delle domande non prevedibile). L’intervista narrativa è caratterizzata da tre aspetti principali:
Il ruolo attivo dell’intervistatore, che grazie alla sua competenza in termini di processo narrativo ha l'opportunità di scegliere quando e come intervenire a sostenere il racconto a partire da sollecitazioni orientate di volta in volta a focalizzare, approfondire, amplificare ecc. L'intervistatore non è una figura completamente neutra, ma partecipa alla costruzione del materiale di ricerca e lo fa consapevolmente, ovvero è in grado di controllare il proprio intervento rivolgendolo a migliorare la qualità del materiale ma non a influenzarne il contenuto.
La durata dell'interazione, che non può risolversi nell'arco di una, due ore ma richiede un tempo variabile tra mezza giornata e tre giornate in cui l'intervistato possa attingere alla propria memoria personale in profondità, con la possibilità di ripetere cose dette, di modificare le versioni dei fatti, di integrarle con nuovi elementi, di stare in silenzio, di divagare, di tentare collegamenti apparentemente impropri.
La definizione del formato del materiale atteso dall'intervistatore, che esplicita una consegna in cui richiede all'intervistato di raccontare episodi della propria esperienza di lavoro che considera significativi in riferimento all'oggetto di ricerca. La produzione di racconti si qualifica per la presenza di alcune regole, quali la definizione di scenario, personaggi, problema, peripezia, soluzione, morale (Greimas, 1983; Propp, 1928), che ne orientano la produzione. In sintesi, l'intervistato è completamente libero di attingere i contenuti delle storie dall'intero perimetro della propria esperienza, ma per la loro esplicitazione utilizza un ''canone'' condiviso a priori con l'intervistatore.
Risulta evidente come il terzo carattere, la definizione del formato del materiale atteso, non rientri tra quelli canonici per l'intervista non strutturata: nell'intervista narrativa si chiede che le risposte dell'intervistato vengano formulate come un racconto, ovvero che assumano la forma di una o più storie.
In tal senso, come osservano Fontana e Frey (1994), non tutte le domande sono in grado di produrre storie. Ad esempio, se si chiede ''Guardando alla tua vita, quali relazioni sono state importanti per te?'', sarà difficile raccogliere storie, mentre se si chiede ''Potresti descrivere una situazione in cui dovevi decidere e non sapevi bene quale fosse la soluzione corretta?'' è più probabile che la risposta dell'intervistato contenga una storia. Ciò evidenzia ulteriormente il bisogno di considerare l'intervista narrativa come una modalità di intervista a sé stante che difficilmente si può adattare agli schemi abitualmente utilizzati per classificare le interviste.

Storie vere o vere storie?
L'interrogativo che viene più frequentemente posto dai critici dell'intervista narrativa (e più in generale dai critici dello strumento dell'intervista) è: ''Ma come fate a essere certi che le storie che avete raccolto sono vere?''. Si tratta di un interrogativo da considerare in tutta la sua rilevanza e in tutte le sue sfumature. Partiamo da queste. Quando si pone tale interrogativo in realtà si possono intendere due cose:

- gli enunciati che il soggetto formula nel corso dell'intervista narrativa corrispondono a ciò che egli effettivamente pensa? (ovvero, il soggetto mente deliberatamente?);
- la verità presentata dagli enunciati che il soggetto formula nel corso dell'intervista narrativa trova una corrispondenza nella realtà dei fatti? (ovvero, il soggetto distorce inconsapevolmente la realtà?).

Il problema sollevato dalla prima formulazione riguarda ogni strumento di ricerca (questionari, interviste osservazione, diari ecc.) i soggetti avranno sempre la possibilità di mentire, simulare, nascondere. L'attenzione posta dal ricercatore nella definizione del ''contratto iniziale'' con l'intervistato (di cui parleremo più diffusamente nell'ultimo paragrafo) ha proprio lo scopo di limitare il più possibile situazioni di questo tipo che nella maggior parte dei casi trovano la loro origine nella scarsa motivazione del soggetto a contribuire alla ricerca.
La seconda formulazione evidenzia una questione ben più sfidante sul piano del metodo di ricerca. Per quanto nel mondo là fuori possa esistere una realtà di fatti, la verità è invece presente solo.


INTERVISTA NARRATIVA AD UN RESPONSABILE DI PRODUZIONE INDUSTRIALE

Ricorda nulla dei suoi primi anni di vita?

Ricordo eventi vissuti con piacere, come i periodi che trascorrevo con la mia famiglia dai nonni, vicino a Mantova, presso il fiume Po. Andavo a pescare con mio padre, ma i pesci mi infastidivano, allora giocavo con mio fratello e i miei cugini, nei primi contatti con la natura e con gli spazi aperti. Altri ricordi sono legati a delle operazioni manuali che praticava mio nonno nell’eseguire innesti con le piante, praticando la sua tradizione legata alla terra. Ricordo i momenti in montagna con i mie genitori e con gli zii a Vigolo Vattaro.

Poi cosa ricorda?

Ricordo le escursioni per i sentieri montani e boschivi e in cima alla collina una piccola baita e fattoria i cui gestori elargivano sempre un piccolo dono per noi bambini, come della marmellata, frutta o miele, tutti prodotti locali.

Qual è stata la sua prima esperienza della morte? Come l’ha vissuta?

La prima esperienza della morte l’ho vissuta assistendo al graduale regresso del male tumorale di mia nonna paterna e quindi le preoccupazioni della mia famiglia nel vedere la nonna sempre con il sorriso e felice, pur soffrendo tantissimo, sempre molto contenta di avere accanto a sé i suoi cari. Questo vissuto mi rassicurava su qualcosa di tremendo che doveva accadere, anche se ero troppo piccolo per ricordare i momenti del decesso.

Quali erano le sue maggiori difficoltà da bambino?

Alcune difficoltà che posso ricordare del mio passato sono legate all’essermi percepito più grande, alla mia autopercezione di grandezza o forse anche di maggiore maturità rispetto ai ragazzi della mia età di cui per forza mi sentivo responsabile in senso protettivo come un fratello maggiore. Questo era un peso, ma anche e soprattutto una responsabilità. A volte qualche dispetto, o scaramuccia, o litigio tra coetanei poteva generare un dispiacere e un sentirsi messo da parte. Comunque non ho mai avuto esperienze di isolamento dal gruppo, in realtà ero molto integrato.

Qual è il suo primo ricordo scolastico? Le è piaciuto il primo approccio con la scuola?

Il mio approccio con la scuola è stato molto carico di curiosità e aspettative che mi hanno accompagnato per tutta la vita. La voglia di scrivere e di esprimere pensieri, parlare di tematiche a me care, ma soprattutto la mia passione nei confronti delle materie scientifiche, il disegno, la matematica, nell’evoluzione del mio percorso di studi si sono concretizzati nella mia attuale professione e nella passione per il disegno tecnico e per quello che ruota intorno all’informatica e alla programmazione.

Qual era l’aspetto più difficile per Lei nei rapporti con l’altro sesso?

Aspetti particolarmente difficili non ne ho riscontrati…

Provi a pensarci…

Certamente una difficoltà è il confrontarsi nella differenza di genere, il che mi è risultato e risulta essere più complesso rispetto al dialogo con i propri pari. Capire le differenze, stimolare l’interlocutore ad un dialogo costruttivo, non conoscendo tutti i suoi aspetti più intimi dovuti appunto a implicite diversità, conduce a pensare, a riflettere e a cercare di trovare modalità di dialogo che non debbano né compatire o discriminare l’altro, ma occorre cercare di tirar fuori maieuticamente le caratteristiche migliori, forse una prerogativa più accentuata nell’altro sesso, come la sensibilità, la fantasia, l’estro creativo, caratteristiche di chi naturalmente è portata, in quanto donna alla generazione e procreazione non solo di esseri umani, ma soprattutto metaforicamente, esercitando maggiormente l’estro e la fantasia, ossia madre creatrice.

Qual è la cosa più importante che Le ha dato la Sua famiglia?

La cosa più importante che ho ricevuto dalla mia famiglia è il rispetto per quei valori in me costituzionali, per esempio il rispetto altrui, il senso di giustizia senza l’uso della forza, ma del raziocinio, dell’intelletto, del pensiero, tramite il dialogo nel saper comunicare ed esprimere al mio prossimo principi di uguaglianza, di pace, di amore, di rispetto per ogni creatura e cosa esistente. Il senso della famiglia e dell’aiuto reciproco, dell’avere dei riferimenti e punti cardine a cui appellarsi nel momento delle difficoltà in cui trovare sempre un aiuto e una risorsa sono principi esistenziali tramandati dalla mia famiglia, anche patriarcale, ossia dalla mia famiglia estesa, metagenerazionale.

Come si descriverebbe da bambino?

Da bambino ero un ragazzino sempre presente laddove accadeva un evento, quindi sempre molto curioso, ma a volte alquanto introverso e timoroso di un qualcosa che poteva rappresentare un pericolo per la mia incolumità. Ero un ragazzo che amava molto la manualità nel realizzare gli oggetti.

Per esempio?

Ad esempio, ricordo il lavoro con mio padre per la realizzazione di oggettistica in legno. Ricordo il famosissimo “meccano” e l’elaborazione e la creazione di suppellettili metalliche, con l’ausilio di strumenti, che tuttora utilizzo nel lavoro e nella vita quotidiana. Quindi la trasmissione di capacità e abilità manuali per risolvere piccoli e grandi problemi della mia vita quotidiana, come saper riparare un elettrodomestico guasto, oppure praticare interventi idraulici, elettrici e meccanici… tutto questo è stato un insegnamento, una trasmissione culturale ricevuta da parte di mio padre. Da bambino ero molto curioso. Mi ricordo i miei primi esperimenti di elettronica realizzati con mio fratello maggiore, più grande di me di sei anni. Ricordo il mio primo computer con cui ero molto curioso di imparare e di apprendere un nuovo modo di concepire una realtà virtuale su computer.

Quali sono state le decisioni più cruciali della sua vita?

Le decisioni più cruciali che ho affrontato sono fondamentalmente collegate a situazioni di lavoro e in particolar modo quando mi sono trovato nella condizione di dover essere costretto a cambiare impiego dopo undici anni di presenza nella mia prima società. Questo cambiamento si è verificato fondamentalmente a causa del non riconoscimento del forte impegno prestato nella gestione e organizzazione del lavoro, dal momento che ho assunto un ruolo di coordinamento. Sono stato costretto a cercare una nuova prospettiva lavorativa, ma è stata soprattutto una mia decisione dettata dall’invivibilità del clima aziendale.

Quando riflette sul futuro, cosa la fa sentire più a disagio? Cosa le da maggiori speranze?

Riflettendo sul futuro, un aspetto che mi mette a disagio è la possibilità di non riuscire ad ottenere determinati risultati professionali e legati allo studio, magari anche e soprattutto per mancanza di tempo pratico ed effettivo. Infatti sono completamente assorbito dal nuovo attuale impiego che comunque mi soddisfa e mi appaga. Spero sempre di riuscire a dimostrare le mie doti e capacità in cui si finalizza il mio studio nell’impegno professionale, con la possibilità, in futuro di riuscire a laurearmi in una disciplina ingegneristica o comunque scientifica, come l’elettronica e l’informatica.

Pensa di avere dato un quadro completo di se stesso?

Chiaramente non siamo entrati nei dettagli della mia storia evolutiva e formativa. Non si sono analizzati tutti gli elementi e gli eventi che costituiscono la storia della mia persona e l’evoluzione della mia individualità. Comunque ho percorso un excursus anche simpatico che mi ha fatto ripensare a momenti inizialmente della mia infanzia, poi dell’adolescenza, fino a toccare le fasi di crescita più matura per approdare alle vicende attuali.


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