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Il piano urbanistico nella legislazione e nella prassi italiana


Legge 1942

• Articolo 4
Piani regolatori e norme sull'attività costruttiva.
La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti.

• Articolo 5
Formazione ed approvazione dei piani territoriali di coordinamento. (REGIONALI) 1
Piani di indirizzo e coordinamento dell'attività urbanistica in determinate parti del territorio
Allo scopo di orientare o coordinare l'attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio nazionale, il Ministero dei lavori pubblici ha facoltà di provvedere, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, alla compilazione di piani territoriali di coordinamento fissando il perimetro di ogni singolo piano. Nella formazione dei detti piani devono stabilirsi le direttive da seguire nel territorio considerato, in rapporto principalmente: a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge; b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza; c) alla rete delle principali linee di comunicazioni stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma. I piani, elaborati d'intesa con le altre Amministrazioni interessate e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono approvati per decreto Reale (2) su proposta del Ministro per i lavori pubblici, di concerto col Ministro per le comunicazioni (1), quando interessino impianti ferroviari, e col Ministro per le corporazioni (3), ai fini della sistemazione delle zone industriali nel territorio nazionale. Il decreto di approvazione viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno (4), ed allo scopo di dare ordine e disciplina anche all'attività privata, un esemplare del piano approvato deve essere depositato, a libera visione del pubblico, presso ogni Comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nell'ambito del piano medesimo

• Articolo 6
Durata ed effetti dei piani territoriali di coordinamento.
Il piano territoriale di coordinamento ha vigore a tempo indeterminato e può essere variato con decreto Reale (1) previa la osservanza della procedura che sarà stabilita dal regolamento di esecuzione della presente legge (2). I Comuni, il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nell'ambito di un piano territoriale di coordinamento, sono tenuti ad uniformare a questo il rispettivo piano regolatore comunale.

• Articolo 12
Piani regolatori generali intercomunali. 2
Sistemazione urbanistica di più comuni contermini con particolari caratteristiche di sviluppo
Quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni stessi, il Ministro per i lavori pubblici può, a richiesta di una delle Amministrazioni interessate o di propria iniziativa, disporre la formazione di un piano regolatore intercomunale. In tal caso il Ministro, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, determina: a) l'estensione del piano intercomunale da formare; b) quale dei Comuni interessati debba provvedere alla redazione del piano stesso e come debba essere ripartita la relativa spesa. Il piano intercomunale deve, a cura del Comune incaricato di redigerlo, essere pubblicato nei modi e per gli effetti di cui all'art. 9 in tutti i Comuni compresi nel territorio da esso considerato. Deve inoltre essere comunicato ai podestà degli stessi Comuni perché deliberino circa la sua adozione. Compiuta l'ulteriore istruttoria a norma del regolamento di esecuzione della presente legge, il piano intercomunale è approvato negli stessi modi stabiliti dall'art. 10 per l'approvazione del piano generale comunale (2). (1) Ora, ai Consigli comunali. (2) Vedi, l'art. 1, d.p.r. 15 gennaio 1972, n. 8.

PIANI REGOLATORI GENERALI (comunali) 3
Assetto e sviluppo urbanistico di un territorio comunale

• Articolo 7
Contenuto del piano generale.
Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Esso deve indicare essenzialmente: 1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti; 2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona (1); 3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù (1); 4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale (1); 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico; 6) le norme per l'attuazione del piano.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 maggio 1999, n. 179, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dei seguenti numeri, dell'art. 40 successivo e dell'art. 2, comma 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

• Articolo 8
Formazione del piano regolatore generale.
I Comuni hanno la facoltà di formare il piano regolatore generale del proprio territorio. La deliberazione con la quale il Consiglio comunale decide di procedere alla formazione del piano non è soggetta a speciale approvazione e diviene esecutiva in conformità dell'art. 3 della L. 9 giugno 1947, n. 530; la spesa conseguente è obbligatoria. La formazione del piano è obbligatoria per tutti i Comuni compresi in appositi elenchi da approvarsi con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per le finanze, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il primo elenco sarà approvato non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge. I Comuni compresi negli elenchi di cui al secondo comma devono procedere alla nomina dei progettisti per la formazione del piano regolatore generale entro tre mesi dalla data del decreto ministeriale con cui è stato approvato il rispettivo elenco, nonché alla deliberazione di adozione del piano stesso entro i successivi dodici mesi ed alla presentazione al Ministero dei lavori pubblici per l'approvazione entro due anni dalla data del sopracitato decreto ministeriale. Trascorso ciascuno dei termini sopra indicati il prefetto, salvo il caso di proroga non superiore ad un anno concessa dal Ministro per i lavori pubblici su richiesta motivata del Comune, convoca il Consiglio comunale per  gli adempimenti relativi da adottarsi entro il termine di 30 giorni. Decorso quest'ultimo termine il prefetto, d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche, nomina un commissario per la designazione dei progettisti, ovvero per l'adozione del piano regolatore generale o per gli ulteriori adempimenti necessari per la presentazione del piano stesso al Ministero dei lavori pubblici. Nel caso in cui il piano venga restituito per modifiche, integrazioni o rielaborazioni al Comune, quest'ultimo provvede ad adottare le proprie determinazioni nel termine di 180 giorni dalla restituzione. Trascorso tale termine si applicano le disposizioni dei commi precedenti. Nel caso di compilazione o di rielaborazione d'ufficio del piano, il prefetto promuove d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche l'iscrizione d'ufficio della relativa spesa nel bilancio comunale. Il piano regolatore generale è approvato entro un anno dal suo inoltro al Ministero dei lavori pubblici.
(1) Comma così sostituito dall'art. 1, l. 6 agosto 1967, n. 765. (2) I commi dal quarto al nono così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, l. 6 agosto 1967, n. 765.

• Articolo 9
Pubblicazione del progetto di piano generale.
Osservazioni. Il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge. Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare osservazioni le Associazioni sindacali e gli altri Enti pubblici ed istituzioni interessate.

• Articolo 10
Approvazione del piano regolatore.
Il piano regolatore generale è approvato con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (1). Con lo stesso decreto di approvazione possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare: a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'articolo 6, secondo comma; b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato; c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici; d) l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente legge (2). Le modifiche di cui alla lettera c) sono approvate sentito il Ministro per la pubblica istruzione (3), che può anche dettare prescrizioni particolari per singoli immobili di interesse storico-artistico (2). Le proposte di modifica, di cui al secondo comma, ad eccezione di quelle riguardanti le osservazioni presentate al piano, sono comunicate al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione nel primo giorno festivo, è trasmessa al Ministero dei lavori pubblici nei successivi quindici giorni (2). Nelle more di approvazione del piano, le normali misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sono obbligatorie (2). Il decreto di approvazione del piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno (4). Il deposito del piano approvato, presso il Comune, a libera visione del pubblico, è fatto nei modi e termini stabiliti dal regolamento. Nessuna proposta di variante al piano approvato può aver corso se non sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici che potrà concederla, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in vista di sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattualità del piano medesimo o la convenienza di migliorarlo. Non sono soggette alla preventiva autorizzazione le varianti, anche generali, intese ad adeguare il piano approvato ai limiti e rapporti fissati con i decreti previsti dall'ultimo comma dell'articolo 41-quinquies e dall'articolo 41-septies della  presente legge nonché le modifiche alle norme di attuazione e le varianti parziali che non incidano sui criteri informatori del piano stesso (5). La variazione del piano è approvata con la stessa procedura stabilita per l'approvazione del piano originario. (1) Comma così sostituito dall'art. 1, l. 1º giugno 1971, n. 291. (2) Comma aggiunto dopo il primo dall'art. 3, l. 6 agosto 1967, n. 765. (3) Ora per i beni e le attività culturali. (4) Della Repubblica italiana. (5) Comma aggiunto dall'art. 1, l. 1º giugno 1971, n. 291.

• Articolo 11
Durata ed effetti del piano generale.
Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato. I proprietari degli immobili hanno l'obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono indicate nel piano. (Omissis) (1). (1) Comma abrogato dall'art. 4, l. 6 agosto 1967, n. 765.
PIANI REGOLATORI PARTICOLAREGGIATI 4 (infracomunali-attuativi)
Precisazione e direttive di attuazione del PRG in limitate parti del territorio comunale

• Articolo 13
Contenuto dei piani particolareggiati.
[Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati: le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia; le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano; gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare; la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future. Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla relazione illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo articolo 30.] (1) (1) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno  2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 14
Compilazione dei piani particolareggiati.
[I piani particolareggiati di esecuzione sono compilati a cura del Comune e debbono essere adottati dal podestà (1) con apposita deliberazione. È però in facoltà del prefetto di prefiggere un termine per la compilazione dei piani particolareggiati riguardanti determinate zone. Contro il decreto del prefetto il podestà (2) può ricorrere, entro 30 giorni, al Ministro per i lavori pubblici.] (3) (1) Ora, dal Consiglio comunale. (2) Ora dal Sindaco. (3) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 15
Pubblicazione dei piani particolareggiati.
[Opposizioni. I piani particolareggiati devono essere depositati nella Segreteria del Comune per la durata di 30 giorni consecutivi. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge. Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito potranno essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani ed osservazioni da parte delle Associazioni sindacali interessate.] (1) (1) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 16
Approvazione dei piani particolareggiati.
[I piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore generale sono approvati con decreto del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, entro 180 giorni dalla presentazione da parte dei Comuni (1). Con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per la pubblica istruzione (2) può essere disposto che l'approvazione dei piani particolareggiati di determinati Comuni avvenga con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Le determinazioni in tal caso sono assunte entro 80 giorni dalla presentazione del piano da parte dei Comuni (1). I piani particolareggiati nei quali siano comprese cose immobili soggette alla legge 1º giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico, e alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono preventivamente sottoposti alla competente Soprintendenza ovvero al Ministero della pubblica istruzione quando sono approvati con decreto del Ministro per i lavori pubblici (1). Le eventuali osservazioni del Ministero della pubblica istruzione o delle Soprintendenze sono presentate entro novanta giorni dall'avvenuta comunicazione del piano particolareggiato di esecuzione (1). Col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato ed i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni. Con il decreto di approvazione possono essere introdotte nel piano le modifiche che siano conseguenti all'accoglimento di osservazioni o di opposizioni ovvero siano riconosciute indispensabili per assicurare: 1) la osservanza del piano regolatore generale; 2) il conseguimento delle finalità di cui al secondo comma lettera b), c), d) del precedente articolo 10; 3) una dotazione dei servizi e degli spazi pubblici adeguati alle necessità della zona (3). Le modifiche di cui al punto 2), lettera c), del precedente comma, sono adottate sentita la competente Soprintendenza o il Ministro per la pubblica istruzione a seconda che l'approvazione avvenga con decreto del provveditore regionale alle opere pubbliche oppure del Ministro per i lavori pubblici (3). Le modifiche di cui ai precedenti commi sono comunicate per la pubblicazione ai sensi dell'articolo 15 al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione del primo giorno festivo, è trasmessa nei successivi quindici giorni al Provveditorato regionale alle opere pubbliche od al Ministero dei lavori pubblici che adottano le relative determinazioni entro 90 giorni (3). L'approvazione dei piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in essi previste. Il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso entro un  mese dall'annuncio dell'avvenuto deposito. Le varianti ai piani particolareggiati devono essere approvate con la stessa procedura.] (4) (1) I primi quattro commi così sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, l. 6 agosto 1967, n. 765. (2) Ora per i beni e le attività culturali. (3) Comma aggiunto, dopo l'originario comma terzo, dall'art. 5, l. 6 agosto 1967, n. 765. (4) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 17
Validità dei piani particolareggiati.
[Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso. Ove il Comune non provveda a presentare un nuovo piano per il necessario assesto della parte di piano particolareggiato che sia rimasta inattuata per decorso di termine, la compilazione potrà essere disposta dal prefetto a norma del secondo comma dell'art. 14 (1).] (2) (1) Cfr. l. 22 ottobre 1971, n. 865 ed art. 1, d.p.r. 15 gennaio 1972, n. 8 che ha trasferito tali compiti alle regioni. (2) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

AGRIGENTO

A quell'epoca, sull'onda dell'emozione popolare, dopo l'immane disastro, un ministro socialista, Giacomo Mancini, un funzionario da molti indicato come un simpatizzante socialista, e giornali vicini al secondo partito della coalizione governativa tentarono di mettere sotto accusa la Democrazia Cristiana. La frana — sostennero — è stata provocata dal caos edilizio esistente nella «Città dei Templi». Che il caos esistesse non era confutabile. Ad Agrigento, come del resto in molte città italiane, nel dopoguerra, si era costruito «alla garibaldina» senza andare per il sottile. Leggi e regolamenti erano stati violati da gente priva di scrupoli. Su ciò non vi era dubbio. Ma, per quanto riguardava la frana, il discorso era diverso. Le responsabilità per la tragedia della città siciliana erano, in grandissima parte, da ricercare altrove. Al momento della costituzione della commissione d'indagine presieduta dall'ingegnere Grappelli, il Ministro dei Lavori Pubblici s'impegnò a riferire i risultati in Parlamento. Dopo oltre un anno e mezzo ha preferito non farlo. A due mesi dalla consegna, la relazione è ancora un documento avvolto nel mistero. Il contenuto delle impegnative indagini effettuate, i risultati del lavoro di una «équipe» di funzionari dei Lavori Pubblici è tuttora «top secret». E lo sarà, presumibilmente, per giorni e giorni. In ogni caso le settantanove pagine non saranno oggetto di dibattito in Parlamento, non forniranno, almeno per ora, materia per interrogazioni di deputati e senatori.

La commissione Grappelli

«La DC blocca le indagini su Agrigento. Quell'inchiesta non s'ha da fare»: cosi tuonò il solito settimanale radicale specializzato in «rivelazioni sensazionali» aggiungendo: «Moro a Mancini: hai fatto dichiarazioni impegnative, forse eccessive, non era meglio attendere i risultati dell'inchiesta? E Mancini a Moro: e l'inchiesta già fatta? Quella del prefetto e del capitano dei carabinieri, non l'hai letta? Ti pare poco? Vedrai cosa verrà fuori dalle nuove indagini».

Il 4 agosto, il Ministro dei Lavori Pubblici aveva affermato alla Camera dei Deputati che ad Agrigento erano accaduti «fatti gravi, allarmanti, mostruosi» ed aveva riaffermato la sua decisa volontà «di individuare rapidamente, e sotto il controllo dell'opinione pubblica, le cause del dramma». Ora le cause sono state individuate, la commissione Grappelli, pur avendo avuto diciotto Mesi di tempo — con molto senso di responsabilità —, ha ridimensionato notevolmente sia le affermazioni del ministro sia le conclusioni dell'inchiesta del dottor Michele Martuscelli che concluse le indagini in un tempo relativamente breve.

Da quali cause ha tratto origine il dramma della «Città dei Tempi!»? Il «dossier» finora ignorato parla abbastanza chiaro: «i carichi indotti dai manufatti, cosi irrazionalmente costruiti sul colle di Agrigento, hanno operato in maniera trascurabile sul prodursi e sullo svilupparsi dell'evento stesso».

I risultati dell'indagine

Ed ecco i risultati dell'indagine «Fra i dissesti a carattere estensivo, che potrebbero verificarsi nel colle di Agrigento — afferma la relazione — sono da considerarne ancora altri di origine meccanica e cioè quelli che potrebbero verificarsi nelle argille del Pliocene del Calabriano, per lenta deformazione di uno strato superficiale di ridotto spessore. In tal caso, manufatti fondati superficialmente entro la zona in lento movimento vengono interessati dal fenomeno

Oltre ai dissesti di origine meccanica, un'altra ampia e sotto alcuni aspetti, più grave categoria di dissesti, è quella di origine idraulica.
«Già si sono descritte le condizioni morfologiche ed idrologiche del colle di Agrigento: da esse e dagli interventi, talora irrazionali e nefasti dell'uomo (mancata regimentazione dei corsi d'acqua, tagli indiscriminati delle pendici, discariche in zone inadatte, coltivazioni non appropriate, ecc.), deriva la possibilità che le acque superficiali, incontrollatamente defluenti, esercitino una violenta azione erosiva che può dar luogo a profondi scalzamenti, premessa per crolli di parti aggettanti o per cedi-menti di materiali plastici.
«L'azione erosiva assume aspetti particolarmente gravi in quegli impluvi in cui vengono avviati gli scarichi delle fognature, determinando afflussi di gran lunga superiori a quelli corrispondenti ai bacini naturali sottesi».
«Le colture del versante settentrionale e le irrigazioni nelle pendici meridionali — prosegue la relazione — sono del tutto irrazionali e provocano progressiva degradazione del suolo, con disordine e movimenti di superficie che concorrono ad aggravare il descritto stato generale di dissesto superficiale
«Si è già scritto, trattando della frana del 19 luglio 1966, che i carichi indotti dai manufatti, cosi irrazionalmente costruiti sul colle di Agrigento, hanno operato in maniera trascurabile sul prodursi e sullo svilupparsi dell'evento stesso. Ma non va perso di vista che in varie zone cittadine si riscontrano specifiche situazioni abnormi, nelle quali i sovraccarichi giocano un ruolo importante, e che tali situazioni si verificano in tutte le locali formazioni geologiche.
«È da considerare, poi, agli effetti della menomazione delle condizioni di stabilità di masse rocciose, la presenza di vastissime cave per l'estrazione di materiale da costruzione.
«L'origine di queste si perde nel tempo, ma ad esse l'uomo ha fatto ricorso anche di recente, concorrendo ad aggravare una situazione quanto mai precaria. Identico effetto, anche se più contenuto per le minori dimensioni, hanno prodotto i numerosi sbancamenti e splateamenti effettuati per le nuove costruzioni edilizie sorte intorno alla vecchia città, in una fascia periferica che presenta gli aspetti più gravi e preoccupanti.
La Commissione, sulla scorta di quanto rilevato circa la stabilità delle pendici del colle di Agrigento
— la cui situazione generale richiede un immediato e radicale intervento per contenere, nei limiti delle possibilità umane, l'aggravarsi di fenomeni già ora attivi — «sulla base di quanto richiesto da terzo capoverso dell'art. 2 della legge 26-9-1966, n. 749, ha provveduto ad effettuare uno studio di massima per la sistemazione idraulico-forestale e per il consolidamento delle pendici che interessano l'abitato agrigentino.
«In considerazione dei risultati e delle indicazioni fornite dalla Commissione, la Cassa per il Mezzogiorno ha predisposto un progetto di massima della sistemazione e del consolidamento delle pendici.
«Si raccomanda la rapidità, nella realizzazione delle opere previste, dovendosi ognora tener presente che le azioni di erosione e di dissesto sono sempre attive, mentre, per gli stessi interventi, le possibilità di operare vanno considerate distribuite in un lasso di tempo di non breve durata.
«Complessivamente, il progetto prevede interventi con opere idrauliche trasversali nei corsi d'acqua secondari e nei subaffluenti ed opere radenti nei fiumi Drago e S. Biagio.
«Di pari passo saranno effettuati interventi di carattere idraulico-forestale, indispensabili ai fini di una efficace azione sistematoria.
«Il progetto prevede, altresì, la sistemazione di frane superficiali e di calanchi per una superficie pari a circa 35 ettari, il rimboschimento di oltre 75 ha. di terreno mediante piantagioni arboree, con impiego di specie diverse, sia per tener conto dell'adattamento delle stesse a) particolare ambiente climatico-pedologico, sia per rispettare le peculiarità paesaggistiche della zona.
«Sotto tale aspetto, si propone di rimboschire le pendici al piede della Rupe Atenea con macchia mediterranea. Nelle zone in atto arborate — circa 275 ha — l'intervento consisterà essenzialmente nel rinfoltimento delle attuali colline.
«In particolare, poi, l'osservazione diretta e sistematica e le indagini locali hanno consentito di constatare e verificare le condizioni di precaria stabilità e disordine delle pendici.
«Tale disordine risulta aggravato, oltre che dall'indisciplinato ruscellamento delle acque meteoriche, dall'abusiva restituzione delle acque usate, dall'irrazionalità dei metodi di coltivazione della terra, dall'intemperanza nell'edificazione, dalle rotture di equilibrio degli ammassi rocciosi a seguito della apertura di numerose cave di pietra.

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