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I siti ipersensibili alla dnasi i cambiano la struttura della cromatina, la metodologia frap e gli histone chaperones

Oltre alle modificazioni generali che si verificano nelle regioni attive o potenzialmente attive, avvengono anche cambiamenti strutturali a livello di siti specifici associati all'inizio delle trascrizione o a certe caratteristiche strutturali del DNA, che sono stati rilevati per la prima volta dagli effetti della digestione con concentrazioni molto basse dell'enzima DNasi I. Quando si digerisce la cromatina con questo enzima, il primo effetto è l'introduzione di rotture nel duplex in siti ipersensibili specifici. Poiché la suscettibilità alla DNasi I riflette la disponibilità del DNA nella cromatina, si assume che questi siti rappresentino regioni della cromatina in cui il DNA è particolarmente esposto perché non è organizzato nella solita struttura nucleosomica. Le posizioni di questi siti ipersensibili possono essere determinate mediante la tecnica della marcatura terminale indiretta. In questo caso, il taglio a livello di questi siti da parte della DNasi I è usato per generare un'estremità del frammento di cui si misura la distanza dall'altra estremità generata dal taglio con un enzima di restrizione. Comunque, molti siti ipersensibili sono correlati  all'espressione genica. Ogni gene attivo possiede un sito, o talvolta più di un sito, nella regione del promotore. La maggior parte dei siti ipersensibili si trova soltanto nella cromatina di cellule in cui il gene associato è espresso e non si trova quando il gene è inattivo. Quindi possiamo dire che in generale, la regione del promotore dei geni attivi è priva di nucleosomi (ne mancano 1-2). Ad esempio, nel gene della β-globina, nelle cellule emapoietiche, è molto attiva la regione collegata al promotore e quindi è ipersensibile alla DNasi I.
Se vogliamo invece analizzare la dinamica di una proteina con il suo sito dobbiamo fare affidamento ad una metodologia denominata FRAP (Fluorescence Recovery After Photobleaching) che appunto consente di studiare in vivo la cinetica di legame di specifiche proteine. Prima di tutto, si introduce, nella nostra coltura cellulare un transgene, ossia un gene che produce una proteina unita a un TAG fluorescente (GFP) che ne permette l’identificazione. Il transgene viene espresso e quindi si illumina una piccola area del nucleo. A questo punto con un raggio laser inattiviamo irreversibilmente il probe fluorescente (photobleaching). La proteina non viene modificata ma viene modificata solo la GPF che non emette più fluorescenza. L’area irradiata viene monitorata nel tempo e ne viene misurata la fluorescenza. Il tempo di recupero del segnale fluorescente dipenderà dalla dinamica di scambio della proteina. Se il recupero della fluorescenza è rapido vuol dire che c'è uno scambio veloce tra la proteina che era nell'area iniziale e le altre proteine; mentre, se non c'è recupero della fluorescenza vuol dire che la proteina è immobile. Il t50 (tempo necessario per recuperare il 50% della fluorescenza originaria) della maggior parte delle proteine esaminate è tra 3 e 8 secondi, mentre per arrivare al plateau il tempo richiesto varia tra 35 a 45 secondi. Se misuriamo H2A, H3 d H4 con questa tecnica osserveremo che spesso il t50 è molto lungo, a significare che i nucleosomi sono molto stabili.
Lo scambio degli istoni avviene grazie agli histone chaperones, fattori che si associano con gli istoni per facilitare e controllare le loro interazioni con altre molecole, senza però fare parte del prodotto finale. Essi intervengono anche nel trasporto dal citoplasma al nucleo, nel deposito, nell’assemblaggio del nucleosoma, nella degradazione Un chaperones molto importante è Asf1 specifico per H3 e H4, che interagisce con dei fattori di assemblaggio come CAF1, per assemblare questi due istoni, ma può anche attuare la reazione inversa, ossia quella di dissociazione. Asf1 interagisce anche con altri fattori, come HIRA che è coinvolto nell'assemblaggio replicazione indipendente. HIRA scambia l'istone H3.1 canonico e inserisce la variante H3.3 che si trova più frequentemente nei geni trascritti. Un esperimento, per vedere se vi è scambio istonico a livello di un gene trascritto e se questo processo avviene dopo che il gene è stato attivato,  è stato verificato da alcuni ricercatori in lievito. Questi hanno tolto i geni per l'istone H3 e gli hanno sostituiti con un gene H3 con Myc controllato dal promotore pHHT2 e un altro con a monte Flag e il promotore pGal, del galattosio. Al t=0, senza l'aggiunta di galattosio, abbiamo sempre l'espressione della proteina Myc. Se, invece, induciamo la sintesi del galattosio avremo l'istone H3 taggato con Flag.  Attraverso immunoprecipitazione della cromatina possiamo osservare a diversi tempi la presenza di H3 taggato o con Myc o con Flag e quindi, come vengono a sostituirsi nel tempo. In questo modo, e con l'utilizzo di una mappa da microarray, vedremo il colore rosso dove vi è stato un alto scambio istonico. Questo colore ricorre infatti nella regione del promotore dove vi è un alto turnover, scambio, istonico.  

In vitro, la trascrizione e quindi la polimerasi parte ma quando arriva ai nucleosomi si blocca. Il complesso più importante, che permette la trascrizione, è FACT (Facilitates Chromatin Trascription). Questo fattore presenta due subunità: una è una rimodellatore della cromatina mentre l'altra è un chaperon che si lega al nucleosoma e provoca una parziale dissociazione dello stesso tagliando un dimero H2A/H2B. Quindi, il modello che si può considerare comprende: la cromatina che si dissocia e riassocia durante la trascrizione;  FACT e altri chaperones e fattori di rimodellamento mediano la dissociazione/riassociazione e, infine, modificazioni specifiche sono collegate al processo di dissociazione/riassociazione della cromatina. Quindi ricapitolando tutto il processo di trascrizione avremo: una prima fase in cui abbiamo un complesso di pre-inizio dove tutte le proteine sono legate a una sequenza di DNA priva di nucleosomi ma ancora non si ha la trascrizione; per procedere la polimerasi deve uscire dal promotore e si è visto che in questa seconda fase vi sono vari prodotti abortivi di 50 nt, proprio come nei procarioti. A questo punto, la regione C-terminale dell'RNA polimerasi II (CTD) che contiene numerose serine, viene fosforilata per procedere nella sintesi. Una fosforilazione molto importante è quella della serina 5 grazie a CDK7 che è una chinasi. Successivamente la polII lega molteplici fattori: NELR, che non permette l'allungamento ma favorisce la formazione del complesso aperto, DSIF e PAF1, che reclutano diverse istone metiltransferasi, tra cui Set1 che metila H3K4 e Rad6 che ubiquitina H2B. Nella parte finale dell'inizio della trascrizione interviene pTEFb che fosforila la serina 2 della polimerasi II, in maniera tale da fornire il segnale per il distacco di DSIF e NELR dalla stessa polimerasi II, in maniera tale che possa iniziare la fase di elongazione. Recentemente è stato scoperto che la maggior parte dei promotori nell'uomo sono divergenti, ossia vi sono due RNA polimerasi II che vanno in direzione opposta, quindi una anche antisenso. Si pensa che questo servi per generare riavvolgimenti negativi a valle che possono aiutare il processo di trascrizione del gene vero e proprio. Comunque, i trascritti della RNA polimerasi II antisenso sono piccoli e vengono degradati.

Tratto da BIOLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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