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Il virus dell'epatite C


Esaminiamo il virus HCV, è il terzo virus che nella cellula epatica trova la sua cellula ospite, il primo virus di cui abbiamo parlato è il virus dell'epatite A, abbiamo visto che questo virus appartiene alla famiglia dei Picorna ed è caratterizzato da dare infezioni acute che non cronicizzano. La volta scorsa invece abbiamo parlato del secondo virus causa di epatite: il virus dell'epatite B, che ha differenza dell'A invece ha tendenza a cronicizzare. Cos'è che induce questo virus a cronicizzare? Bisogna pensare a com'è trasmesso: la trasmissione è madre-feto, infetta un neonato, cronicizza, ha tutto il tempo di aspettare che questo raggiunga l'età adulta e possa poi in futuro contaminare il futuro nascituro. Cronicizza, e abbiamo visto anche come questa cronicizzazione da parte del virus dell'epatite B innescava cirrosi ed epatocarcinoma. Anche il virus HCV è capace di cronicizzare, si tratta di un problema sanitario molto importante. si conta che nel mondo 180 milioni di persone abbiano contratto l'infezione da HCV e che vengono registrati dai 4-5 milioni di casi ogni anno. 

È un virus che è stato scoperto recentemente, nel 1989 e si è arrivati alla scoperta di questo virus prima del suo isolamento, scimpanzé erano stati inoculati con materiali di provenienza umana e grazie a tecniche sofisticate di microbiologia molecolare si è riusciti a mettere in evidenza, in questi scimpanzé, con saggi immunologici, un nuovo antigene. Questo antigene è stato successivamente clonato, l'epatite che fino a quel momento era stata identificata come epatite non A e non B, è stata dunque identificata l'infezione da parte di un nuovo virus a cui è stato assegnato il nome di epatite C. Aver scoperto l'antigene di un nuovo virus ha fatto si che, quasi una questione paradossale, l'antigene così identificato è stato clonato, espresso in una cellula di lievito, e questo ha consentito a fare in modo che una persona infetta potesse essere diagnosticata, in quanto conosciamo l'antigene quindi possiamo andare a vedere se un individuo ha anticorpi a testimonianza del fatto che ha contratto l'infezione prima ancora che il virus fosse stato isolato. 

Caratteristiche del virus dell'epatite C

Si tratta di un virus che appartiene alla famiglia dei Flaviviridae, il genoma è una molecola di rna ed è dotato di envelope. Fino a qualche anno fa le informazioni sul ciclo replicativo del virus, che come vedremo tra poco ha molto in comune con i Picornavirus, erano molto scarse perché non avevamo la possibilità di far replicare il virus HCV in colture cellulari, questo è stato ottenuto solo molto recentemente e questo è stato molto importante, perché ottenere la sua replicazione in vitro è importante in quanto più conosciamo le strategie del suo ciclo replicativo, più si aprono le porte per lo sviluppo di farmaci o di un vaccino. 
A tutt'oggi le informazioni che abbiamo sul ciclo replicativo dell'HCV sono molto scarse e ancora non si hanno conoscenze circa le modalità con cui il virus controlla la propria espressione, sia per quanto riguarda il processo di traduzione sia per il controllo delle sue trascrizioni.

Tornando alla sua struttura, il genoma è costituito da rna monocatenario a polarità positiva racchiuso in un core, le sferette rosse che appunto racchiudono il genoma formando una struttura icosaedrica e all'esterno è presente un envelope. Nell'envelope sono localizzate due glicoproteine, oggi sappiamo che la proteina E2 è l'antirecettore che consente all'HCV di legarsi all'epatocita e probabilmente il ruolo della seconda glicoproteina E1 è di avere potere fusogeno, permette al virus di effettuare l'uncoating, ossia di liberare l'rna nel citoplasma della cellula una volta che il virus è penetrato nell'interno.
Qui abbiamo una microfotografia al microscopio elettronico dell'HCV, il diametro delle particelle virali è intorno ai 50nm. Un'infezione estremamente diffusa, andiamo da 170-200 milioni di persone infette in tutto il mondo, da qui l'urgenza per trovare dei metodi per contrastare la replicazione di questo virus. 
Come vedremo, quello che si oppone alla realizzazione di un vaccino HCV è l'enorme variabilità che caratterizza questo virus. Per quanto riguarda la scoperta di farmaci, sono stati fatti dei grossi passi avanti soprattutto in quest'ultimo periodo e la terapia dell'infezione da HCV è affidata all'interferon in associazione con la ribavirina, la quale inibisce la polimerasi virale, mentre per quanto riguarda l'interferon, un miglioramento della terapia è stato osservato utilizzando la sua forma metilata. Questa molecola si ottiene legando all'interferon una molecola di polietilenglicol che tende ad aumentare l'emivita dell'interferon, è infatti sufficiente una somministrazione a settimana. La terapia interferon-ribavirina può dare ottimi risultati però e spesso associata ad effetti collaterali che possono anche comportare la necessità di dover interrompere la terapia. Recentemente sono anche stati sviluppati con l'ingegneria genetica un inibitore della polimerasi e uno della proteasi che sono due attività enzimatiche che svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo replicativo dell'HCV. Qui abbiamo un altro schema, vedete chiaramente il core icosaedrico in azzurro che racchiude l'rna e all'esterno l'envelope con le due glicoproteine E1 ed E2. Si tratta di un genoma composto da 9400 nucleotidi ed ha la caratteristica, trasmesso per via ematica, di legarsi a lipoproteine a bassa densità, le quali sono chiamate in causa per giustificare le modalità con cui il virus si adsorbe alla cellula ospite. Come avviene? Come al solito una rappresentazione estremamente schematica, anche se così rimarrà perché come vi ho detto all'inizio mancano ancora moltissime delle informazioni per conoscere nel dettaglio il ciclo replicativo di questo virus. Vediamo che si attacca ad uno specifico recettore di un epatocita, probabilmente una molecola di CD81, segue il suo ingresso in un processo di endocitosi, avviene in maniera non ancora conosciuta l'uncoating e finalmente arriviamo alla liberazione del genoma a polarità positiva nel citoplasma. Si tratta di un genoma a polarità positiva quindi il ciclo replicativo ricorda da vicino quello che abbiamo analizzato parlando dei picornavirus. Polarità positiva cosa vuol dire? Capacità dell'rna di prendere diretto contatto con i ribosomi e di essere tradotto in una lunga poliproteina. Perché una lunga poliproteina? Perché una cellula eucariotica è in grado di riconoscere in un rna messaggero un unico sito di inizio. Al virus naturalmente una sola proteina non basta per completare il suo ciclo replicativo, ha risolto il problema sintetizzando un lungo polipeptide che poi ad opera di attività enzimatiche cellulari e virali viene tagliato in vari pezzi, in modo che il virus abbia a disposizione tutte le proteine che servono alla sua replicazione. Tra queste proteine un ruolo fondamentale è svolto dall'rna pol rna dipendente, la cellula non ha una simile attività enzimatica ed ecco che il virus se la deve sintetizzare. Come utilizzerà questa rna pol? Utilizzerà il genoma come stampo per la sintesi di molecole di rna a polarità negativa, che a loro volta saranno stampo per la formazione di nuovi genomi. Nel mentre il virus dall'unico polipeptide che è stato tradotto si sarà anche procurato le proteine strutturali che assemblandosi con i genomi darà origine ad una progenie, la quale verrà liberata all'esterno. Non si conosce come questo avviene e una caratteristica del virus è che non uccide la cellula ospite, quasi sicuramente non è un virus dotato di effetto citopatico

Il ciclo replicativo dell'epatite C 

Perché per un virus è vantaggioso non uccidere la cellula ospite? Per non innescare il sistema di difesa. Uccisione della cellula uguale grande quantità di detriti cellulari, molto lavoro da parte dei macrofagi, produzione di citochine in grado di allertare l'immunità di tipo adattativo. Entriamo per quanto possibile nei dettagli, vediamo l'uncoating, l'assorbimento dell'HCV alla cellula ospite. Il principale recettore è ritenuto la molecola CD81, questa è una molecola transmembrana caratterizzata da quattro domini e appartiene alla famiglia delle tetraspanine, si associa a delle integrine ed è una molecola di adesione intercellulare. Non è chiamato in causa solo questo CD81, per spiegare come l'HCV si adsorbe si ritiene che sia un processo piuttosto complesso che chiama in gioco diverse molecole. Questa diapositiva illustra, ma siamo ancora a livello ipotetico, tutti i recettori che potrebbero entrare in gioco per consentire l'entrata dell'HCV. In circolo il virus si lega a delle lipoproteine a bassa densità e le sfrutta per legarsi a quelli che sono dei recettori per lipoproteine a bassa densità, che si trovano su tutte le cellule e in particolare ne è ricco il fegato. Quindi si lega a queste lipoproteine che servono al virus per riconoscere dei recettori per le lipoproteine a bassa densità nella superficie della cellula. Lo stesso vale per un altro recettore per le lipoproteine rappresentato dai glicosamminoglicani. Avvenuti questi primi legami entra in gioco probabilmente un recettore scavenger di classe B, anch'esso capace di interagire e legare le lipoproteine con le quali il virus si è associato e finalmente arriviamo al legame specifico tra la glicoproteina E1 presente nell'envelope del virus, con il recettore CD81. L'ultimo passaggio che è stato messo in evidenza recentemente, il virus così ancorato alla cellula attraverso una molecola di claudina-1 riesce finalmente ad incominciare un processo di endocitosi, si tratta di zone della membrana cellulare che nel loro interno sono rivestite di clatrina ed ecco finalmente liberarsi nel citoplasma una vescicola di endocitosi. Probabilmente la liberazione della particella virale è legata all'acidificazione dell'endosoma, ed arriviamo alla liberazione del core virale nel citoplasma e alla successiva liberazione dell'rna. Si ritiene che la replicazione citoplasmatica, e in questa figura possiamo vedere schematizzato il genoma di 9.6 kb dell'HCV. 
Che cos'ha di peculiare questo genoma? Alle sue estremità 3' non è presente il CAP (vi ho detto che sono molte le analogie con i picornavirus), e presenta una struttura secondaria nella quale possiamo riconoscere 6 diversi domini e questa costituisce l'IRES responsabile del fatto che questo rna genomico a polarità positiva possa prendere contatti con i ribosomi. Riconoscimento interno ai ribosomi, manca un CAP, e chi è che ricorda per quale motivo, per i picorna, era un vantaggio avere un ingresso all'estremità 5'? Per prendere il sopravvento sui messaggeri cellulari, quindi avere il CAP sgombro nei ribosomi, tagliano il CAP ai messaggeri cellulari, questo non ha effetto sulla traduzione dei messaggeri virali perché non hanno il CAP, ma il loro processo di traduzione è realizzato dal riconoscimento nel sito interno di riconoscimento del ribosoma, mediato da questa struttura IRES che troviamo all'estremità 5' del genoma anche di HCV. Come prende sopravvento sui messaggeri cellulari, come vada a favorire i propri processi di traduzione non è ancora noto. Prende contatto ed ecco che viene tradotto in una lunga poliproteina che da parte di attività enzimatiche sia virali che cellulari, viene poi divisa in varie proteine. Di queste proteine, le proteine C, E1 ed E2 sono le tre proteine strutturali, C forma il core, E1 ed E2 invece, dopo glicosilazione, le troviamo nell'envelope virale. Le proteine non strutturali invece sono le NS2, NS3, NS4 A e B, NS5. A e B sono clivate da proteasi virali. Il riconoscimento di un sito interno dei ribosomi, traduzione di un'unica proteina che poi a seguito di clivaggio da origine sia alle proteine strutturali che alle proteine non strutturali. Abbiamo una diapositiva che ci fa vedere le differenze, qui abbiamo la modalità canonica all'inizio di un processo di traduzione con riconoscimento di fattori cellulari del CAP, diversi fattori partecipano, si assemblano sulla subunità 40s, inizio dopo scanning dal primo AUG del processo di traduzione. Privo di CAP è grazie all'IRES che questo messaggero a polarità positiva dell'HCV realizza il proprio processo di traduzione. 
Recentemente è stata trovata una caratteristica nuova e peculiare dell'HCV, questo virus è aiutato nell'avvio di questo processo di traduzione da un micro rna (piccoli rna che regolano trascrizione e traduzione) il quale veicola il messaggero virale sul ribosoma, gioca così un ruolo importante nell'incrementare la replicazione di questo virus. È il primo esempio di virus che sfrutta un micro rna cellulare nel suo ciclo di replicazione. Perché sono importanti queste scoperte? Perché tutto quello che noi conosciamo di nuovo e di peculiare in un virus può essere utilizzato come bersaglio per lo sviluppo di farmaci, se noi riusciamo a colpire selettivamente questo rna ostacoliamo il processo di traduzione dell'HCV ed ovviamente una sostanza così può diventare leader per lo sviluppo di farmaci. 

Perché abbiamo così pochi farmaci antivirali e tanti antibiotici?
Perché per i secondi abbiamo un bersaglio noto che è il peptidoglicano, assente per altro nelle cellule dell'ospite, quindi non si arreca danno ad esse. Si hanno poi differenze nella sintesi proteica, ecco un altro bersaglio. I virus invece sono talmente dipendenti dalla cellula ospite in particolare per la loro replicazione, che è talmente difficile individuare dei bersagli. Più bersagli si individuano e più a fondo conosciamo il ciclo replicativo del virus più spiragli si aprono per andare a ricercare dei farmaci.
Che cosa chiediamo a tutti i farmaci antinfettivi? 
Di essere dotati di un quoziente di selettività ad una concentrazione, devono essere in grado di colpire un virus o un batterio senza ledere la cellula ospite e la concentrazione del farmaco in grado di essere tossica per l'ospite deve essere enormemente più ampia di quella attiva sul microrganismo. Si riteneva che trovare farmaci antivirali fosse un'impresa disperata fino ad una trentina di anni fa, poi invece il primo farmaco antivirale dotato di enorme successo è l'aclicovir, attivo nell'arrestare la replicazione dell'Herpes simplex. Una svolta molto importante alla ricerca di farmaci antivirali è stato l'avvento dell'AIDS che essendosi diffuso in forma pandemica ha spinto enormemente la ricerca su questo campo, tant'è vero che oggi nei riguardi dell'HIV abbiamo a disposizione tutta una serie di inibitori che usati in associazione sono in grado di azzerare la quantità di HIV nel sangue. Abbiamo visto come vari recettori sono chiamati in causa per spiegare come il virus si adsorbe e poi penetra, niente sappiamo ancora per l'uncoating e alcune informazioni ad averle su quali sono i prodotti proteici che si originano dalla traduzione del genoma dell'HCV. All'estremità N-terminale del polipeptide, prodotto in seguito a clivaggio, dà origine alla proteina del core e alle due glicoproteine che troviamo localizzate nel peplos, E1 ed E2. Le forbicine che vedete in questa figura rappresentano i punti di clivaggio, ossia polipeptidi che derivano in seguito al taglio del singolo polipeptide che rappresenta il risultato del processo di traduzione. Seguono poi una serie di proteine non strutturali NS, che partecipano al ciclo replicativo del virus, ma che non entrano a far parte della particella virale. 
Le proteine strutturali quindi le proteine C, E1 ed E2 e la proteina p7 sono processate da una peptidasi cellulare, mentre le proteine non strutturali sono tagliate da due proteasi virali che sono le proteine NS2-NS3 e dalla proteina NS3-NS4a. Due proteasi virali partecipano al clivaggio di quelle che sono le proteine non strutturali. Di queste proteine, molte oggi cominciamo ad avere informazioni circa la loro funzione, la proteine E2 è ritenuta essere il recettore, o meglio l'antirecettore, in grado di combinarsi con il CD81 presente sulla cellula ospite. La seconda proteina che troviamo nell'envelope è la glicoproteina E1, il ruolo di questa proteina, dotata di potere fusogeno è quello di liberare il virus dall'endosoma (uncoating).
Stiamo analizzando il ruolo delle proteine prodotte a seguito del processo di traduzione del DNA genomico dell'HCV. 
La proteina p7, si ritiene che sia una proteina che forma una viroporina, forma un canalicolo, ed è implicata nella maturazione e nel rilascio di nuove particelle di HCV. Poi abbiamo tre proteine non strutturali, NS2-NS3-NS4 che sono delle proteasi, proteine che combinandosi tra loro consentono il clivaggio delle proteine non strutturali. La proteina NS3 funziona anche da elicasi, cosa se ne fa un virus di una elicasi? Probabilmente serve per srotolare molecole monocatenarie di RNA che hanno struttura secondaria, come pure può srotolare molecole di RNA bicatenario. La proteina NS4a è insieme a queste un cofattore della proteasi NS3-4, la proteina NS4b invece induce dei web-membranosi, una caratteristica di tutti gli RNA a polarità positiva, alterano le membrane interne della cellula in determinati punti che diventano la sede del processo replicativo del virus, ci torniamo dopo.
Infine una proteina molto importante è la proteina NS5b che è la RNA polimerasi RNA-dipendente e per ultima NS5a che è implicata sia nel processo di formazione del complesso di replicazione , ma la vedremo anche funzionare come meccanismo di difesa del virus nei riguardi della risposta immunitaria.
Tenendo conto di tutto quello detto finora, qual è la proteina che con più probabilità di successo potremmo decidere di colpire con un farmaco antivirale? L'RNA polimerasi RNA-dipendente. Perché? Le cellule non ce l'hanno ovviamente. Comunque come vedremo in seguito, anche la proteasi, date le sue profonde differenze con le proteasi cellulari, possono costituire un bersaglio. È stato ottenuto un farmaco che è in sperimentazione clinica che ha come target questa proteasi di HCV. La proteina NS4b serve per formare questi web membranosi, la vedete questa piccola zona spugnosa con le frecce rosse? (slide) questo è un punto all'interno del citoplasma della cellula dove l'HCV sta replicando. Cosa vuol dire web membranoso? Induce la formazione di piccolissime estrusioni di membrana, nel caso dell'HCV si tratta della membrana del reticolo endoplasmatico. Qual è la necessità che spinge il virus ad alterare le membrane della cellula? In questo caso ad essere alterate sono le membrane del reticolo endoplasmatico, in altri casi sono le membrane mitocondriali o perfino dei lisosomi. Molto probabilmente queste vescicole che forma servono da supporto fisico per la replicazione del virus, possono offrirgli protezione dalla risposta dell'interferon realizzata dalla cellula, come pure possono essere la zona del citoplasma dove tutte le molecole che partecipano alla replicazione del virus possono accumularsi. Possono anche far si che la molecola di RNA venga fissata in maniera da rimanere srotolata. Probabilmente, nel caso dell'HCV non si sa ancora, può bloccare in quel punto il transito di molecole dal reticolo endoplasmatico al Golgi. Perché dovrebbe farlo? È una maniera abbastanza semplice per bloccare la produzione di interferon che ormai sapete non soltanto deve essere prodotto all'interno della cellula, ma deve essere anche eliminato all'esterno.
Abbiamo visto che ci sono ancora molte lacune, che probabilmente nei prossimi anni verranno colmate grazie a tutti gli sviluppi che possiamo avere da quando riusciamo a coltivare questo virus in colture cellulari in laboratorio.

Come si trasmette l'epatite C?

Per quanto riguarda la via di trasmissione, la fonte di infezione è costituita da soggetti affetti da malattia acuta ma soprattutto da soggetti in cui la malattia è diventata cronica. Succede spesso che una persona che è affetta da un'infezione cronica da HCV non ne sia consapevole finché non fa il test, e quindi può trasmettere inconsapevolmente l'infezione ad altri. Molto importante è la via di trasmissione per via parenterale. In questa via il virus penetra attraverso punture con aghi o strumenti infetti e vediamo che la categoria attualmente più grande di persone affette da HCV è rappresentata dai tossicodipendenti, proprio per la possibilità di trasmissione parenterale. Fino a qualche anno fa, quando il sangue utilizzato nelle donazioni non veniva screenato, erano ovviamente esposti all'infezione, tutte quelle persone, come gli emofiliaci che venivano sottoposti periodicamente a trasfusioni. Oggi per fortuna il sangue viene screenato e nei paesi sviluppati questa modalità di trasmissione è stata azzerata.
È possibile anche una trasmissione parenterale inapparente, ossia il virus ha la capacità di entrare nel nostro organismo attraverso lesioni difficilmente visibili, come una microlesione causata dallo spazzolino oppure l'ingresso dovuto a minime lesioni della cute in seguito a infezioni. È possibile anche la trasmissione sessuale, sebbene questa strada sia di gran lunga inferiore rispetto a quanto avviene per l'HBV o per l'HIV.
Importante è la via trasmissione naturale, la via materno-fetale. Il 7% dei neonati che nascono da donne affette da HCV ha la possibilità di contrarre questa infezione. Il 60% delle persone affette l'ha contratto per via parenterale, un 15% per trasmissione sessuale, un 10% per trasfusione, 5% che ricadono nella via di trasmissione naturale da madre infetta, e infine un 10% di persone nelle quali non è ancora possibile stabilire esattamente quale è stata la via di trasmissione dell'infezione.
Per capire l'andamento di un' infezione da HCV dobbiamo capire come il virus riesce a cronicizzare.
Ricordiamo com'è che cronicizza l'HBV? HBV produce oltre che particelle complete e infettanti, anche particelle vuote. Ogni particella completa liberata dalla cellula è accompagnata da ben 1000 particelle vuote. Ecco perché in circolo queste particelle vuote numericamente molto più abbondanti, si legano agli anticorpi, facilitando il ritorno delle particelle complete infettanti.
Diversa è invece la strategia di HCV, che deve trovare una via per resistere nell'ospite, abbiamo detto che la via naturale di infezione è quella materno-fetale, affinché quest'ospite, crescendo, abbia un figlio a cui trasmettere l'infezione. Deve quindi essere in grado di stabilire un'infezione cronica a lunga durata. Come lo fa questo? Con due mezzi che concorrono: da una parte è un virus caratterizzato da un ritmo di moltiplicazione estremamente elevato, in un individuo infetto, in un giorno vengono prodotte 10 alla dodici particelle di HCV. Ma come sono queste particelle? Tutte uguali tra loro? No, sono particelle che presentano un'enorme variabilità, legata al fatto che sono genomi ad RNA che sono stati formati da una RNA polimerasi RNA dipendente che ha una frequenza di mutazione che fa un errore ogni mille basi aggiunte. Un tasso mutazionale elevatissimo. Questa è la strategia che consente al virus di eludere la risposta immunitaria e cronicizzare. 

La risposta immunitaria all'epatite C

Cosa succede quando una persona è affetta da HCV e noi andiamo a ricercare l'HCV nel sangue?
Quello che otteniamo quando andiamo a registrare il numero di virus nel sangue è un classico andamento a sega. Lo stesso andamento lo otteniamo se noi quantifichiamo le aminotransferasi, che sono un indice di danno epatico. La quantità di virus sale poi scende per poi risalire, e ogni salita e discesa avviene circa nell'arco di 6 mesi. Cos'è che determina questo? Quando noi troviamo molto virus vuol dire che il sistema immunitario ha fallito, quando ne troviamo molto poco vuol dire che la risposta immunocompetente è in grado di controllare la replicazione del virus. Come giustifichiamo questo andamento? Tenendo conto della enorme infedeltà con cui funziona l'RNA polimerasi RNA dipendente. Guardando la slide, vediamo che molti virus HCV (nella slide in verde) sono neutralizzati dagli anticorpi, e qui si ha una buona risposta anticorpale e questo virus è stato neutralizzato e debellato. Ma da chi era affiancato questo virus? C'erano degli altri virus (quelli gialli) che non sono riconosciuti da questi anticorpi, la risposta anticorpale crea una pressione selettiva per cui le particelle gialle di HCV rimangono libere, non vengono riconosciute dagli anticorpi e possono crescere rapidamente e sostituirsi alla precedente popolazione di HCV, quella verde. Cosa abbiamo avuto prima? Un picco di HCV verdi, la risposta anticorpale l'ha azzerato, però nel frattempo è successo che la variabilità ha creato una nuova variante di HCV che non è neutralizzata da questi primi anticorpi prodotti ed ecco che il sistema immunocompetente deve ricominciare con una seconda risposta che porta ad una seconda ondata di produzione di anticorpi che neutralizzano quelli gialli, in altre parole, una variante minore può emergere e diventare predominante, ancora una volta, anche questa variante arriva ad essere sgominata, però nel frattempo gli anticorpi esercitano una pressione selettiva ed ecco che un'altra variante, nel nostro esempio quella rossa, può emergere e dare di nuovo avvio alla selezione e alla formazione di una nuova popolazione di HCV. Questo rende particolarmente difficile l'allestimento di un vaccino. Abbiamo a disposizione un vaccino per l'HBV, perché ne conosciamo un unico sierotipo, mentre non è possibile per l'HCV. Si tratta di un virus ad RNA, quindi nel ciclo replicativo si formano RNA bicatenari, quindi un virus che induce l'interferon, deve per forza difendersi dall'interferon. Oggi sappiamo che le due proteine E2 e la NS5a sono due proteine dell'HCV che arrestano gli effetti dell'interferon, probabilmente interferendo con la funzione della PKR. Cosa fa la PKR? Era una delle proteine prodotte da una cellula avvisata dall'interferon. Una volta che la cellula è stata allertata, viene infettata, il virus produce RNA bicatenario, ed ecco che PKR da inattiva diventa attiva e interagisce con il fattore EIF2 impedendo che il GTP venga fosforilato e possa nuovamente partecipare ad un processo di sintesi proteica. Quindi ben due proteine dell'HCV sono in grado di contrastare gli effetti dell'interferon interagendo con la PKR.
Vediamo che vi ho detto una polimerasi che compie un numero enorme di errori ed è proprio grazie a questo che l'HCV può difendersi dalle difese dell'ospite, qui abbiamo tutta una serie di genomi di HCV che possono differire tra loro per un buon 5% e quello che è importante sottolineare è che questi virus sono stati tutti isolati da uno stesso individuo, siccome non possiamo definire una sequenza di geni ben precisi, si parla di una quasi-specie di virus, l'insieme di tutti questi genomi forma la quasi-specie dell'HCV.
Esistono, sempre in conseguenza di questo, la classificazione di Simmons, sei diversi genotipi che poi si differenziano in 80 sottotipi, ognuno caratterizzato da delle varianti che sono definite quasi-specie come ho appena detto.
Questa diapositiva illustra cosa succede quando 100 persone sono infettate dal virus HCV, soltanto 15-20 persone riescono nell'arco di un paio di mesi a vincere la battaglia, si liberano del virus e rimarrà a testimonianza del fatto che hanno contrastato l'infezione la presenza di anticorpi. Gli altri più sfortunati 80-85, circa l'80% delle persone infette da HCV vanno incontro ad una infezione cronica, di queste 80 persone vediamo che 20 non svilupperanno mai un grande danno epatico, mentre da 60 a 65 persone avranno dei sintomi e manifesteranno segni di danno epatico, di queste 60 persone 20 andranno incontro a cirrosi e 5 svilupperanno epatocarcinoma. Non sappiamo ancora che ruolo svolga l'HCV nel provocare epatocarcinoma, i motivi possono essere gli stessi esaminati parlando dell'HBV.

Che cosa causa danno al fegato nel corso di un infezione da HBV?
È la risposta immunitaria, soprattutto i linfociti T citotossici, molte cellule infettate e grave danno epatico legato alla risposta dei linfociti T citotossici e dallo stato infiammatorio generato dai linfociti Th. La stessa cosa si ritiene vera per il virus HCV, le cellule epatiche sono quiescenti ma una volta che il fegato è stato danneggiato possono riprendere il loro ciclo replicativo. Da una parte abbiamo il virus che replica nel fegato, il danno conseguente alla risposta immunitaria, ed ecco che il fegato è così richiamato a rigenerarsi. Si ritiene che quando il fegato viene colpito, dato che il suo ruolo è quello di purificare il nostro organismo, (viene infatti bombardato da molte sostanze genotossiche) è anche vero che sono cellule quiescenti quindi se è presente un piccolo danno al dna possono ripararlo tranquillamente. Nel caso di infezione da HCV, HBV le cellule epatiche sono richiamate a replicare velocemente per ripristinare le cellule che sono andate perdute, c'è poco tempo per andare a riparare il danno al dna che gli epatociti subiscono e questo facilita l'insorgenza di mutazioni che concorrono alla formazione dell'epatocarcinoma. Altra cosa che si è vista, sempre per giustificare l'insorgenza dell'epatocarcinoma e che la proteina NS5A può associarsi con la proteina p53 (proteina soppressore del tumore). Un aumento di p53 induce quella cellula ad imboccare la via apoptotica determinando così la morte di quella cellula.
Le proteasi sono 2?
Le proteasi sono due, hanno associati dei cofattori. Un importante proteasi è la NS3 che ha anche attività elicasica e funziona insieme alla NS2. Altra proteasi importante è rappresentata da NS3 che ha come cofattore la proteina NS4A

Paragone sui tre virus delle epatiti che abbiamo esaminato
L'epatite HAV e HCV hanno genoma ad rna, mentre HBV ha genoma a dna. HBV e HCV sono virus dotati di envelope mentre HAV è un virus nudo. HBV e HCV si trasmettono principalmente attraverso sangue mentre HAV è trasmesso nel circuito oro-fecale. Tutti e tre hanno come bersaglio la cellula epatica, ma HAV dapprima infetta le cellule intestinali e poi compie una deviazione verso il fegato per poi tornare indietro nel tratto intestinale. Il virus dell'epatite A fa normalmente poco danno al fegato e non stabilisce mai un'infezione cronica, come risultato, sebbene metà della popolazione degli USA sia stata infettata con questo virus, questa persone hanno superato l'infezione ed il loro fegato è rimasto sano, questo perché non cronicizza, a differenza di HBV e HCV. In contrasto questi ultimi due stabiliscono un efficiente infezione cronica, fanno questo perché la loro naturale via di trasmissione avviene dalla madre al feto durante la nascita. Una strada che diventerebbe un vicolo cieco se il virus non fosse capace di persistere nell'individuo infetto fin dal momento stesso che anch'esso diventa una madre. Per fare questo, il virus dell'epatite B stabilisce un'infezione cronica a lungo termine in circa il 90% dei neonati. Anche C stabilisce un'infezione cronica ma lo fa in maniera diversa. Per evadere le difese immunitarie nel periodo in cui il virus è allo stato cronico HBV produce un elevato numero di particelle non infettanti che legano anticorpi che normalmente si legherebbero ai virus per la loro distruzione. Come risultato, i virus infettanti circolanti, possono attraverso il sangue ritornare alle cellule epatiche e così perpetuare l'infezione, in contrasto HCV prende vantaggio dal fatto che l'rna pol non è capace di correggere gli errori e produce virus mutati, i quali possono stare un passo avanti rispetto alle difese immunitarie e consentire al HCV di persistere nelle cellule dell'ospite. 
Il fatto che questi differenti virus utilizzino strategie per determinare infezioni a lungo termine ha delle pratiche implicazioni, HAV esiste come unico sierotipo, di conseguenza un eccellente vaccino esiste contro le infezioni da HBV, in contrasto un vaccino contro HCV è difficile da immaginare a causa dell'elevato numero di casi-specie che esistono come risultato dell'elevato tasso mutazionale del virus.

Tratto da VIROLOGIA MOLECOLARE di Simone Pisu
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