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Storia della nascita della libertà di espressione


Il problema della garanzia della libertà di espressione sorge nel Medioevo.

In questo periodo storico c’era povertà e analfabetismo, i libri erano poco diffusi e il loro costo era molto elevato per cui la maggior parte delle persone non se li potevano permettere e non imparava a leggere quindi la circolazione delle informazioni era limitata e circoscritta ai più ricchi.
Nel piano politico-religioso c’era la lotta tra potere religioso e quello temporale.
Il problema della libertà di espressione nasce infatti in ambito religioso poiché non si potevano esprimere concetti diversi da quelli espressi dalla chiesa perchè gli uomini di religione avevano più sapere in quanto avevano accesso ai libri e allo studio e dimostravano con il sapere la loro autorità.

I tappa: Nel 1450 venne inventata la stampa e il primo libro stampato fu “la Bibbia”, stampare questo testo religioso significava ampliare la conoscenza religiosa (i libri stampati erano più reperibili e di conseguenza avevano un costo minore ed era accessibile a più persone combattendo anche di conseguenza l’analfabetismo).
La distribuzione più ampia del sapere genera però una formazione di pensieri propri e da qui nascono poi le guerre per le interpretazioni contrastanti dei testi sacri.
Nel 1700 si arriva alla maturità del problema della libertà di espressione e nasce il giusnaturalismo, ovvero un filone filosofico secondo cui esistono delle leggi non poste dalla volontà umana e sono i diritti e i doveri naturali, in questa prospettiva esistono diritti spettanti all’uomo in quanto tale, indipendentemente dall’apparato statale e dalla legge, i quali si caratterizzano per essere inviolabili da parte dei poteri pubblici. Si arriva quindi a dire che ciascuno è portatore della sua verità che deve essere rispettata e deve poter essere espressa. Se si garantisce a tutti di esprimersi ci saranno tesi vere e tesi false, paragonando le tesi ognuno può esprimersi a favore di una o dell’altra poiché è garantita la libertà di espressione. Consentendo alle tesi false di circolare liberamente si lascia di conseguenza il modo di falsificarle e di rafforzare invece le tesi vere che verranno portate avanti lasciando indietro quelle false.

II tappa: Negli USA il problema della libertà di espressione si pone con le colonie, formate da un mix di persone con culture/religioni diverse che sono emigrate dall’Europa. In un contesto del genere la libertà di espressione è un problema di convivenza civile e diventa fondamento della Costituzione.
Tocqueville studia la democrazia in America e sostiene che come viene tutelata la libertà di espressione in America è differente in Europa proprio perché in America serve per evitare una guerra civile. L’America infatti era una realtà enorme ma con pochi abitanti e chi si incontrava doveva saper comunicare, restare isolati era pericoloso e per avvicinarsi agli altri per creare delle comunità molto spesso si evitava di esprimere il proprio pensiero per non creare scontri e si creava poi la tirannia della maggioranza (per non essere isolati si esprimevano solo i pensieri condivisi dalla maggioranza).

In Italia la prima disposizione sulla libertà di espressione la troviamo nello Statuto Albertino del 1848, era una costituzione flessibile concessa da Carlo Alberto (re del regno di Sardegna) e con l’Unità d’Italia diviene la prima costituzione italiana. Essendo una costituzione flessibile era modificabile semplicemente con un procedimento ordinario, non ha un rango giuridico differente da una semplice legge e per questo è derogabile più facilmente al contrario di una costituzione rigida (come quella italiana del 1948) che ha un rango giuridico diverso da un legge ordinaria e per questo si deve seguire una procedura più complessa per modificarla, definita procedimento aggravato.

Art. 28 dello Statuto Albertino: “La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo”.
Con la prima parte si proclama una libertà per cui il mezzo con cui si esercita la libertà di espressione è libero ma solo una legge reprime questa libertà, questa legge deve identificare gli abusi (anche se rimane sul generale e non ci dice qual sono effettivamente gli abusi) e quali sono in particolari quelli della stampa e le modalità di repressione potevano arrivare fino alla censura con la conseguente impossibilità di esprimere la propria opinione. I libri religiosi potevano essere stampati solo con il consenso dei vescovi ed erano proprio loro ad avere il potere della censura essendo un’autorità. Solo dopo la liberazione dal regime fascista l’Italia costituì una nuova Costituzione (1948) con nuove disposizioni sulla libertà di espressione.

III tappa: negli anni Quaranta del 1900 con la Seconda Guerra Mondiale si usarono regole sostanzialmente democratiche (derivate dalle Repubblica di Weimar) per affermare un potere dispotico e violento e le libertà precedenti divennero molto fragili. Ci si pone il problema di come si potesse garantire/tutelare la democrazia e i diritti fondamentali dell’uomo. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la soluzione a questo problema fu l’invenzione della costituzione rigida che entrò nell’ordinamento giuridico, si creò la figura di un giudice costituzionale, ovvero un soggetto terzo che possa giudicare esternamente e oggettivamente per far rispettare la Costituzione.
La costituzione rigida ha delle caratteristiche precise: non può essere modificata attraverso un procedimento ordinario ma con un procedimento aggravato (questo non significa che è immodificabile, ci sono dei diritti inviolabili e quelli non si possono modificare), serve per offrire tutele e garanzie stabili e deve essere messa in un piano superiore rispetto alle altre leggi.



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