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L'ammissione della prova scientifica nel processo penale


Per quel che riguarda l’ammissione della prova scientifica, il legislatore non fornisce al giudice un criterio espresso.
I riferimenti che troviamo nel codice sono quelli comuni a tutti i mezzi di prova nel momento in cui le parti ne chiedono l’ammissione: pertinenza, rilevanza, non sovrabbondanza e legalità.
Inoltre, in quanto il giudice deve servirsi di un perito quando ‹‹ occorre svolgere indagini o acquisire valutazioni che richiedono specifiche competenze ››, si aggiungono i requisiti di “specifiche competenze” e di “occorrenza”, ossia che nel processo fino a quel momento nessun esperto ha fornito al giudice le conoscenze specialistiche che sono necessarie per decidere.
Il codice non indica al giudice il criterio per valutare in positivo o in negativo la scientificità di un metodo proposto da un tecnico nominato dal giudice stesso o da una parte.
Vi è un vuoto normativo che è stato colmato con il criterio del “consenso della comunità scientifica”.
Il problema permane, anche con questo criterio, nei casi in cui si chieda al giudice di ammettere un metodo nuovo sul quale non se è ancora formata una generale accettazione da parte della comunità scientifica.
In questi casi il giudice dovrebbe respingere la richiesta di ammissione, divenendo, in sostanza, ostaggio degli scienziati “tradizionalisti”.
La giurisprudenza americana ha superato il criterio del “consenso della comunità scientifica” nel 1993 con la famosa sentenza Daubert.

In questa pronuncia giudiziale sono stati elaborati i criteri sulla base dei quali il giudice deve valutare quando un determinato metodo costituisce o meno conoscenza scientifica:
- verificabilità del metodo, è scientifico il metodo controllabile tramite esperimenti;
- falsificabilità, se il metodo deve essere sottoposto a tentativi di falsificazione i quali, se hanno esito negativo, lo confermano nella sua credibilità;
- sottoposizione al controllo della comunità scientifica, il metodo deve essere reso noto in riviste specializzate in modo da essere controllato dalla comunità scientifica;
- conoscenza del tasso di errore, al giudice deve essere resa nota la percentuale di errore accertato o potenziale che il metodo comporta;
- generale accettazione, criterio ausiliario ma non indispensabile, il metodo proposto deve godere di una generale accettazione nella comunità degli esperti.

I criteri elaborati dalla sentenza Daubert hanno cominciato ad influenzare il giudizio sulla ammissibilità della scienza nel processo in Italia.
Si è notata la somiglianza tra detti criteri e quelli previsti nel nostro codice per la prova atipica e si è attuata una integrazione analogica: vi sarebbe una identità di ratio tra il mezzo di prova atipico o il nuovo metodo scientifico del quale si chieda l’ammissione nel processo penale.

Di conseguenza, i nuovi metodi scientifici, devono essere ammessi dal giudice sulla base dei criteri che sono posti dall’art. 189 c.p.p.:
- idoneità del metodo ad assicurare l’accertamento del fatto;
- assenza di pregiudizio per la libertà morale della persona interessata;
- preventiva indicazione delle modalità di assunzione della prova, sulla quale il giudice deve sentire il parere delle parti.
Il requisito della idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti è cosi generale che può essere integrato dai criteri elaborati dalla sentenza Daubert.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
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