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Concezione rieducativa ed espiativa


A_ Concezione rieducativa.
Il condannato svolge un ruolo che, pur dovendo assumere connotati di “partecipazione”, può dirsi prevalentemente passivo: l’obiettivo non è rappresentato da una attiva interiorizzazione da parte del condannato dei valori sociali dominanti mediante una sorta di processo intimamente appropriativi di essi, ma è invece sufficiente riuscire ad indurre nel soggetto una sorta di abitudine all’osservanza delle regole sociali, sia mediante la più chiara e persuasiva prospettazione dei vantaggi recati dall’inserimento sociale, sia mediante l’offerta concreta ed alternativa di spazi ed opportunità sociali per l’affermazione e la realizzazione della personalità individuale e delle sue spinte vitali.

Tecniche rieducative: esse contano di un vasto numero di potenziali “mezzi trattamentali” messi a disposizione dalle varie scienze umane (es. psicoterapia).

B_ Concezione espiativa.
Nell’ottica espiativa, la sanzione punitiva assume un significato “penitenziale”, per cui il soggetto attraverso la sofferenza psico-fisica prodotta dal contenuto affittivo della pena può ottenere il risultato di una interna rigenerazione morale. Quindi, qui, il ruolo del condannato è quello di soggetto “attivo” di una personalità umana che ritrova in se stessa i valori positivi dell’esistenza, riassumendoli come propri.  

Tecniche espiative: suscettibili di una minore differenziazione e sviluppo. Al centro dell’espiazione rimane pur sempre la necessità che, attraverso l’afflizione punitiva, il colpevole riesca ad acquisire l’intima consapevolezza del “male” recato agli altri così da poter conseguentemente pervenire ad un ridimensionamento dei motivi egoistici all’origine del comportamento criminoso (es. riparazione dell’offesa).

In conclusione:  la pena rieducativa ed espiativa si differenziano, sotto il profilo del loro contenuto affittivo, per la diversa interna strumentalità di quest’ultimo:
nella pena rieducativa => l’afflizione non ha un significato ed una valenza propri, ma “serve” nei limiti in cui è funzionale alla strutturazione di un trattamento di recupero sociale;
nella pena-penitenza => il contenuto afflittivo ha un valore in quanto tale, cioè per la capacità che la sofferenza psico-fisica ha di favorire la rigenerazione della personalità mediante la consapevolezza del senso del bene e del male.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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