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La ricusazione del giudice


EX ART. 52.1 CPC è stabilito che «NEI CASI (EX ART. 51.2 CPC) IN CUI È FATTO OBBLIGO AL GIUDICE DI ASTENERSI, CIASCUNA DELLE PARTI PUÒ PROPORNE LA RICUSAZIONE MEDIANTE RICORSO CONTENENTE I MOTIVI SPECIFICI E I MEZZI DI PROVA»; in particolare, la preclusione alla/il termine stretto per la proposizione dell'istanza (di parte) di ricusazione è fissato EX ART. 52.2 CPC, secondo cui «IL RICORSO, SOTTOSCRITTO DALLA PARTE O DAL DIFENSORE, DEVE ESSERE DEPOSITATO IN CANCELLERIA DUE GIORNI PRIMA DELL'UDIENZA, SE AL RICUSANTE È NOTO IL NOME DEI GIUDICI CHE SONO CHIAMATI A TRATTARE O DECIDERE LA CAUSA, E PRIMA DELL'INIZIO DELLA TRATTAZIONE O DISCUSSIONE DI QUESTA NEL CASO CONTRARIO».
EX ART. 52.3 CPC è stabilito che «L’ISTANZA DI RICUSAZIONE SOSPENDE IL PROCESSO»: letteralmente, qualora l’attore e/o il convenuto presintono in tempo l’istanza di ricusazione, il giudice, che non si è attenuto all’obbligo d’astensione dalla decisione della causa, dovrebbe sospendere ex nunc il processo stesso sospendere il processo; tuttavia, secondo la giurisprudenza, il giudice a quo, nei cui confronti è proposta istanza di ricusazione, qualora ritenga l’istanza di ricusazione manifestamente inammissibile e infondata, non sospende il processo.
EX ART. 53.1 CPC, il giudice competente sull'istanza di ricusazione è «IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE, SE È RICUSATO UN GIUDICE DI PACE; IL COLLEGIO, SE È RICUSATO UNO DEI COMPONENTI DEL TRIBUNALE O DELLA CORTE (d'appello)»; inoltre, EX ART. 53.2 CPC è stabilito che «LA DECISIONE È PRONUNCIATA CON ORDINANZA NON IMPUGNABILE, UDITO IL GIUDICE RICUSATO E ASSUNTE, QUANDO OCCORRE, LE PROVE OFFERTE».
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, nel caso in cui l’istanza di ricusazione non sia sta proposta entro il termine stretto EX ART. 52.2 CPC e, di conseguenza, il giudice a quo, che avrebbe dovuto astenersi, si pronuncia con sentenza, quest’ultima non è viziata e, di conseguenza, non potrà essere impugnata ed invalidata davanti alla Corte d’Appello, tranne il caso più grave in cui l’obbligo di astensione del giudice a quo deriva da un proprio interesse diretto nella causa.
Per analizzare più nello specifico le posizioni della giurisprudenza, c’è la pronuncia della Cassazione del 4 giugno 2008: e qui era stata denunciata la violazione dell’art.158 cpc (vizi relativi la costituzione del giudice), in relazione anche all’art.111 cost. deducendo la nullità della sentenza impugnata in quanto tra i componenti del collegio vi era lo stesso magistrato che aveva deciso la causa in primo grado. Quindi vi era un obbligo di astensione legato al caso in cui il giudice,persona fisica, a cui è affidato il processo ha già conosciuto la causa in un grado precedente. Cosa ha sostenuto il ricorrente in cassazione? Che la nuova disposizione dell’art.111 cost (imparzialità e terzietà del giudice) così come l’art 6 CEDU pongono l’imparzialità del giudice quale valore autonomo della pronuncia giurisdizionale, con l’effetto che la sua violazione integra un vizio relativo alla stessa costituzione del giudice. Quindi è stato fatto valere questo vizio facendo vedere un contrasto con l’art 111 cost. Cos’ha risposto la cassazione? La tesi prospettata incontra un dato contrario e insuperabile nel fatto che il vizio denunciato,cioè che tra i componenti del collegio vi fosse anche il magistrato che aveva deciso la causa in primo grado, rientra nella previsione più generale dell’art.51 cpc il quale prevede rimedi giuridici per eliminare questa causa di incompatibilità disponendo da un lato,a carico del magistrato, l’obbligo di astenersi,e dando alle parti la possibilità di chiedere la sua ricusazione. Ne consegue che nel caso in cui ometta di farne uso e può aggiungersi che il magistrato non si astenga la situazione di incompatibilità deve ritenersi superata e la sentenza pronunciata non è affetta da nessuna nullità. Nel contrario rilievo assume il richiamo fatto all’art111 cost. atteso che la disposizione costituzionale affida alla legge il compito di attuare i principi fondamentali del giusto processo, e considerata la peculiarità del processo civile fondata sul principio dell’impulso paritario delle parti non può definirsi arbitraria e inadeguata la scelta del legislatore di garantire il valore dell’imparzialità e la terzietà attraverso gli istituti della ricusazione e della astensione nella migliore sorte fatta al richiamo dell’art.6 della CEDU,tenuto conto che tale disposizione non sembra aggiungere ulteriori contenuti di quanto dispone l’art.111 cost. Quindi direi è proprio chiara questa posizione della giurisprudenza,che in effetti i nuovi commi dell’art.111 cost potevano portare ad un ripensamento,però appunto,secondo la cassazione sarebbe sufficiente questo rimedio del costituito da un lato dall’obbligo dall’astensione dall’altro dalla possibilità di proporre una istanza di ricusazione. Per ora è ferma la posizione della corte di cassazione.
In ogni caso, il giudice a quo, che ha trasgredito l’obbligo d’astensione, può avere delle ripercussioni sotto il profilo della sua responsabilità disciplinare, sanzionabile dal CSM!

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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