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Elementi per la costruzione del modello integrato per la ricerca e per l’intervento in psicologia della comunità


Modello di psicologia di comunità “costruito” su alcune linee teorico-metodologiche in grado di articolarsi con la nostra concezione della persona come espressione di un soggetto attivo in costante transazione con il contesto sociale, e del sociale, come elemento che, in quanto luogo di vincoli e risorse, contribuisce con ruolo forte sia all’eziologia dei problemi umani e del disagio psichico, sia a fornire strumenti di intervento, di cambiamento, di prevenzione stress; componenti sociali delle turbe psichiche; coping. 
STRESS spinta, pressione, costrizione. 
Inghilterra 1600 stato di costrizione della persona provocato da situazioni dure ed avversità. 
SELYE 1700 Ottica “relazionale” dello stress atto di costrizione, forza esterna che agisce sull’oggetto o sulla persona. (Ricerche sulla Sindrome Generale di Adattamento). In seguito diviene, nei suoi lavori, lo stato dell’organismo sottoposto all’azione di uno stressor. Infine gli servirà ad indicare sia l’agente stressante sia lo stato provocato da questo. Selye parlerà anche di uno stress positivo EUSTRESS. 
LAZARUS MODELLO COGNITIVO-TRANSAZIONALE Lazarus vede l’unità di stimolo-risposta che costituisce quello che definiamo stress come espressione non solo di un “organismo” ma di un ESSERE PENSANTE, cioè fondamentalmente in grado di valutare le situazioni e le risorse di cui dispone e di farvi fronte utilizzando la sua attività mentale. Il concetto di APPRAISAL gioca lo stesso ruolo (che gioca nelle emozioni) nello stress i due problemi dello stress e dell’emozione sono qui abbastanza strettamente connessi nell’ambito di un percorso di cui Lazarus stesso ha analizzato le tappe. I tre fattori che entrano nella transazione (la RICHIESTA IMPOSTA all’INDIVIDUO, la COSTRIZIONE che ne DERIVA, le RISORSE DISPONIBILI) sono MEDIATI dall’APPRAISAL iniziale e poi da successive valutazioni di sé e della situazione. Il secondo FONDAMENTALE ELEMENTO MEDIATORE che entra in gioco è costituito dai processi che vengono messi in atto per far fronte alla situazione, sia a livello EMOZIONALE sia a livello del PROBLEMA PRATICO cioè del COPING l’insieme dei processi psicologici e delle attività pratiche con cui la persona affronta un evento particolarmente impegnativo per lei (una situazione critica, una difficoltà), cercando di risolvere il problema o almeno di limitarne le eventuali conseguenze negative.Il lavoro di Lazarus resta un punto di riferimento essenziale perché vede il coping non agganciato ad una concezione povera dell’essere umano. Nella sua concezione di coping troviamo alcune idee di fondo Il COPING si può esercitare sia verso il PROBLEMA IN SÉ che verso la COORTE EMOZIONALE comportata dalla situazione di stress Stretto collegamento tra coping ed ATTIVITÀ COGNITIVA di valutazione Idea di DINAMICITÀ il processo di coping, così come il processo di valutazione della situazione, è un’attività che procede nel tempo e che vara nel tempo: dopo una prima valutazione strettamente connessa alla percezione dell’evento (nel senso classico dell’appraisal), si produce uno sforzo per far fronte al problema e/o all’emozione, la situazione può cambiare, la si rivaluta, si procede ad un’ulteriore attività di coping e così via. Le RISORSE utilizzate per il coping sono, secondo Lazarus, essenzialmente di due tipi quelle di ordine MATERIALE e SOCIALE (economiche, servizi disponibili, reti sociali) e quelle PERSONALI. Tra queste ultime lo studioso americano colloca lo STATO di SALUTE della PERSONA (energia complessiva con cui questa può reagire alle situazioni) INSIEME delle CAPACITÀ COGNITIVE INTESE COME ELEMENTI di BASE per VALUTARE, ANALIZZARE e RISOLVERE i PROBLEMI LIVELLO PERSONALE di AUTOSTIMA, FIDUCIA nelle PROPRIE CAPACITÀ, ed in definitiva tutto ciò che concorre a percepirsi come persona capace di padroneggiare le situazioni. 
DOHRENWEND Nella sua concezione prendono posto con uguale importanza FATTORI PSICOLOGICI PERSONALI e FATTORI SITUAZIONALI SOCIALI quando un evento stressante si presenta sulla scena genera una serie di sintomi “che sono in genere transitori […] quello che succede in seguito, dopo la prima reazione, dipende dalla MEDIAZIONE di fattori situazionali e di fattori psicologici che insieme concorrono a definire la situazione in cui la reazione ha luogo”. Tra i mediatori situazionali si collocano, ad esempio, supporti di ordine materiale “un individuo le cui risorse finanziarie o materiali in generale sono indebolite dalle richieste di un evento di vita stressante è molto più suscettibile di avere esiti negativi rispetto ad un altro che disponga invece di risorse materiali adeguate […] Parimenti si può ipotizzare che produca gli stessi esiti negativi la mancanza di un adeguato supporto sociale”. Sul piano psicologico i mediatori possono essere vari l’insieme dei valori di una persona, le sue aspirazioni, le sue capacità di coping. Dall’interazione complessa di questi “mediatori” dipende l’andamento della situazione problematica che può essere superata col ritorno della persona al suo stato primitivo, o addirittura con un cambiamento positivo grazie al fatto di aver saputo controllare la situazione; oppure che può produrre esiti squisitamente psicopatologici. Due elementi particolarmente interessanti nel quadro della Dohrenwend sono costituiti dalla tesi che gli eventi si collocano comunque in un contesto sociale più largo che finisce (insieme con l’aspetto soggettivo che in genere tutte le ottiche riconoscono) di essere l’elemento che da più o meno forza reale all’evento in atto. dal sottolineare il senso temporale della sequenza attraverso cui agiscono situazioni stressanti, e quindi anche dal permettere di situare interventi prima che l’esito finale prenda corpo. 
Questi due aspetti sono altamente suggestivi e ci invitano a: 
COLLOCARE SEMPRE in un CONTESTO le SITUAZIONI PROBLEMATICHE importanza dei fattori contestuali sociali (ad es. collegamento tra condizioni di vita povere e disturbi psichici). La distinzione di Dohrenwend, tra origini contestuali ed origini personali di eventi stressanti, va quindi assunta avendo cura di non separare i due fattori, in quanto a livello di intervento essi appaiono costantemente interfacciati. Non solo spesso è più proficuo intervenire sul contesto che non direttamente sulla persona. Ovviamente permane utile un’analisi accurata del tipo di evento Una tipologia ricorrente (ben analizzata da ELLIOT e EISDORFER) è quella relativa alla DURATA dell’EVENTO STRESSANTE (EVENTI PUNGENTI MA LIMITATI NEL TEMPO es. terremoti, interventi chirurgici; EVENTI CHE IMPLICANO UNA DURATA NEL TEMPO restare disoccupati; EVENTI INTERMITTENTI MA CHE COMPAIONO PER PERIODI PIUTTOSTO LUNGHI conflitti in famiglia e nell’ambiente di lavoro; EVENTI CHE SI PROLUNGANO PERCHÈ CRONICI invalidità permanente). È chiaro che situazioni critiche di lunga durata presentano maggiori problemi di adattamento e forme di reazione in cui l’impatto emozionale può affievolirsi nel tempo oppure determinare veri e propri stati patologici, sia psichici che somatici. Un’ulteriore distinzione può essere fatta tra EVENTI IMPROVVISI ed IMPREVEDIBILI (o quasi) come cataclismi naturali, inondazioni e terremoti, ed EVENTI che in qualche modo possono essere PREVISTI e sui quali potrebbe quindi essere portato un COPING PROATTIVO (tale cioè da prevenire in qualche modo l’evento, o almeno di attenuarne alquanto la portata). Questo aspetto è particolarmente interessante, in sede di psicologia di comunità, per OPERAZIONI che, fondate su ESPERIENZE PASSATE di INTERVENTI su SITAZIONI CRITICHE in atto, si pongano invece a LIVELLO PREVENTIVO. 
TENERE PRESENTE le DUE DIREZIONI del COPING verso il PROBLEMA CONCRETO di ordine pratico verso l’ASPETTO PIÙ PROPRIAMENTE PSICOLOGICO PERSONALE, che secondo Lazarus è eminentemente emozionale. Il COPING PERSONALE assume un senso fondamentalmente DIFENSIVO teso a contrastare il disagio psichico (e somatico) si svolge attraverso complesse dinamiche psicosomatiche. Esso può interferire in varia misura con il COPING indirizzato al PROBLEMA CONCRETO che ha invece un senso profondamente ATTIVO, e che richiede un’ulteriore attivazione dell’organismo sia sul piano psichico che su quello fisiologico. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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