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Incipit de "La signorina che faceva Hara-Kiri"


I pazienti con storie di deprivazione alle spalle devono poter fare esperienza del modo in cui il terapeuta gestisce ed elabora gli eventi intrapsichici della sua sofferenza. Per questo motivo nel libro saranno messe in evidenza le caratteristiche tipiche della relazione con questi pazienti (tipo di transfert – controtransfert, la perdita, l’intrusione – estrazione, ecc…) e come l’analista risponde a queste “richieste”.
CASO M
 
Nella prima seduta M si presenta a seguito di una caduta da cavallo con conseguente frattura del bacino. Questo elemento tornerà soprattutto in alcune riflessioni che si troveranno nei capitoli successivi.
La situazione di M è tipica delle crisi depressive:
• poche/nessuna amicizia
• bloccata negli studi
• “mi sento come risucchiata in un gorgo nero”
Già durante la prima seduta porta un sogno, dove una figura (che conosce ma che non sa dire chi sia) sta facendo hara-kiri all’iinterno di una specie di chiostro con delle arcate e vuole che M la veda. M, che si sente spaventata dalla situazione e dalla figura stessa prova a scappare ma non può farlo perchè “arcada dopo arcata” viene inseguita. Durante l’hara-kiri tutti gli intestini fuoriescono dal corpo della “figura”, particolare che porterà a molte interpretaizoni differenti (svuotamento psichico, deprivazione da una parte; voglia di “vuotare il sacco” all’analista dall’altra).
 
Borgogno coglie immediatamente il dolore che viene comunicato da questo sogno, ma M sembra non riuscire a rendersene conto; non si rende conto quindi (ci dice Borgogno) del fatto che la M del sogno (che è “più piccola di quella di adesso”) possa essere M bambina costretta ad osservare le sofferenze della madre senza riuscire ad aiutarla.
 
Si sviluppa quindi fin da subito il transfert con l’analista: egli diventa a tratti la M-bambina che deve accudire la madre senza poter fare nulla per lenire il dolore di quest’ultima (con problemi di scarsa vitalità forse depressivi e probabilmente intrusiva), a tratti invece si trasforma in madre di M che ignora la figlia e fa rivivere a M il gioco di una vita.
 
Si scoprirà che sia la madre (“che soffre per qualche segreto”) che il padre (anche lui con scarsa vitalità) hanno avuto M avanti con l’età e per motivi economici e “mistici” (pensavano che M avrebbe ucciso il padre con la sua venuta perchè così era successo a loro quando erano nai) non la volevano.
Questo “aborto psichico” esi poteva già intravedere da due frasi dette da M:
“Meglio un incidente (riferito calla frattura) che un problema congenito, perchè con il secondo ci muori”
“[...] Una santa che fa nascere chi non deve nascere[...]”
Borgogno teme di dover diventare la “santa” qui nominata e infatti si accorge successivamente che aveva già modificato il suo modo di comunicare con un maggiore ottimismo trasmesso a M.
 
Quello che manca ad M è una alfabetizzazione affettiva del suo sè orfano (di rappresentazione e reverie) per poter pensare in prima persona e non “con il corpo”.
Questo primo passaggio dei primi mesi di analisi portano alla memoria nuove immagini, immagini di guerra, dove bambini dovevano sparire, non dovevano esistere, erano intrappolati, ecc…
Intrappolati quindi da una madre che trasmetteva la sua non voglia di vivere sulla figlia e le imponeva questo gioco mortifero.
 
Questo primo passaggio verso la separazione (ancora in nuce) porta ad un nuovo sogno, quello della regina (pg 26 al fondo).
 
Ora si fa un salto al 4° anno di analisi quando M ha già compiuto notevoli passi avanti (lavora, ha finito gli studi, coltiva qualche amicizia), ma in analisi si ripete sempre una “lotta” dove a regnare sono i silenzi di M e dove per il transfert – controtransfert l’esistenza di uno (m-bambina o M-mamma) era d’impiccio per l’esistenza dell’altro, un fastidio quasi.
 
(sequenza del “rombo in risposta al quadrato” + “carbonaro-carbonaio”, pg 27-28-29)
 
Qualcosa aveva cambiato le regole del gioco, come se con l’intervento del “rombo in risposta al quadrato”, a cui M rispose “Mi è piaciuto perchè erano parole proprio sue” (questo è il punto cardine che verrà fuori successivamente), avesse in qualche modo portato un vento di novità, dove M parlava di come i suoi volessero un maschietto, che volevano chiamarlo Alessandro come Alessandro Magno (mandato famigliare?Nota Personale) e viene fuori anche la figura di un padre giocoso, non sempre triste come era stato descritto in precedenza.
 
Dopo 7-8 mesi M piomba nuovamente nel silenzio più totale, ed è lì che Borgogno pensa al film “L’uovo di serpente”, e lo comunica anche ad M, le comunica che si sentiva come se avesse lui stesso dovuto uccidersi (psicoanaliticamente) e uccidere anche lei (interrompendo le sedute).
M risponde “[...]se uno scopre che esiste per gli altri allora è reale, quindi anche gli altri esitono per lui[...]“.
Questa frase rende evidente come M fosse stata sempre la figlia ignorata, quella che non da problemi perchè in qualche modo “sparisce” agli altri.
Sparisce non per qualche problema suo o qualche suo fallimento, ma perchè è l’unico modo di sopravvivere all’interno del contesto. Ma questo suo sparire, come suggerisce James, è il modo peggiore per morire, perchè porta ad essere vivi, ma ignorati e quindi convivere con una enorme sofferenza.
 
Il “rombo” era una parola autentica dell’analista e quindi di padre e madre non invadenti, separati. M necessitava un’alterità autentica! Da questo punto Borgogno esce molto dagli schemi sclassici e dagli interventi di routine per mettere nella relazione qualcosa di più autentico, perchè questo era quello di cui M aveva bisogno.
Come se M avesse “fatto quadrato” in attesa di qualcuno che potesse sopravvivere alla trama mortifera di questo blocco, di qualcuno che potesse con la sua autenticità sopravvivere al destino famigliare.
 
Nell’8° anno abbiamo ancora due sogni riportati da M, ormai in grado di attribuire loro significato senza necessitare di troppi aiuti da parte dell’analista.
Nei due sogni (il gorgo dove si “gettano i sogni e le speranze” e quello dei dinosauri che le mordono le mani) si ripercorre in sostanza il passaggio psichico fatto da M che ormai è in grado di attribuire significato ai suoi pensieri, pensali come suoi e non soffrire pià per il suo passato, senza però doverlo negare. (pagina 34-35 per maggiori dettagli sui sogni).
 
Pazienti schizoidi deprivati
 
Alla base dei pazienti schizoidi deprivati c’è una identificazione con un oggetto deprivante. La deprivazione è principalmente una spoliazione-estrazione di quegli elementi fondamentali per un bambino per poter vivere e crescere (soprattutto il riconoscimento di peculiarità proprie del bambino).
Nel caso specifico di M non possiamo parlare di genitori “malvagi” o “abusanti”, ma solo di genitori con qualche tendenza depressiva che non hanno dato ad M la “voglia di vivere”. Questi casi sono molto difficili per l’analista da risolvere in quanto il paziente ne è solo vagamente consapevole in quanto anche riportando loro alla memoria quelle scene dell’infanzia in cui si nota la “spoliazione”, essi non li riconoscono come patogeni.
 
In questi casi si possono trovare persone che utilizzano un linguaggio (anche non verbale) che è peculiare della loro condizione, ma che il paziente non riconosce come significativo ai fini dell’analisi; una forte componente di negetività e passività; una situazione di transfert e controtransfert “vuota” e “senza vita” (in quanto nella mia relazione materna e nella riattualizzazione analitica, la madre e l’analista mi vogliono morto).
Tutte queste caratteristiche non sono considerate significativamente preoccupanti per la persona perchè sono state quelle che hanno permesso al paziente di sopravvivere in quel contesto!
 
Ad esempio per M il non esistere era il modo per evitare il “fato” (morte del padre dopo la nascita del figlio avuto tardi), di identificarsi con la visione materna e contemporaneamente di allontanare la madre intrusiva.
 
Non bisogna quindi indagare la componente narcisistica dei pazienti, ma andare invece a cercare ed analizzare l’oggetto invadente per aiutare il paziente a separarsi da esso per superare i no-entry che ormai ha acquisito.
Questo ha anche una conseguenza di “riparazione della psiche” perchè permette successivamente di rendere visibile i danni fatto dall’oggetto al sè.
 
Ovviamente il cambiamento è molto difficile per questi pazienti in quanto cambiare significa mutare lo status quo ritenuto, lo dicevo prima, inevitabile per la loro sopravvivenza.
Inoltre ricordo che il transfert fatto sull’analista è spesso dell’Io-Bambino e che quindi come tale non deve esistere, deve stare zitto e scomparire. Quindi quando l’analista-bambino parla, il paziente spesso lo ignora o cerca di metterlo a tacere.
 
Bisogna quindi “dare vita” all’altro riconoscendoli, non seguendo le routine psicoanalitiche ma mettendo qualcosa di proprio nell’analisi per essere autentici. Ovviamente non bisogna esagerare come sostiene la scuola inglese (secondo Borgogno) perchè bisogna ridurre al minimo gli enactment, ma se c’è qualcosa di spontaneo e sincero che viene fuori dall’analista lo si può usare.
 
I pazienti necessitano quindi di qualcuno che li faccia sentire vivi e separati per poter loro stessi analizzare le loro idee, i loro sentimenti, la loro affettività.
-> bisogna far nascere il loro sè non nato.
 
Riguardo ai sogni di M
 
Nei primi 3 sogni di M è messo in luce lo stesso tema dell’interazione patogena e di come questa si modifichi nel corso dell’analisi.
 
1° sogno: Situazione suicidaria che non lascia scampo
 
2° sogno: presenza di forze egoiche (“nessuno”) e aiuto esterno riconosciuto (“navi aliene”), ma è ancora presente il gioco di morte (“il figlio buttato giù dalla regina”)
 
3° sogno: potrebbe essere chiamato un sogno di svolta, in cui è presente un esterno ed un interno, simbolo di una nuova lettura della realtà
 
Abbiamo quindi dei sogni che i primi annia portano a pensare ad una violenza psichica e degrado, senza via di uscita disponibili per M. Degli incubi insomma, dove le difese primitive messe in campo fallivano lo scopo, e davano quindi l’idea di non poter sfuggire a questo gioco.
Possono questi sogni essere quindi delle immagini di traumi ripetuti alla nausea, dei contenuti quindi ripetuti ma non elaborati, nalla vita di M bambina che ora nel sogno riacquistano potenza anche se non si trovano, per il paziente, i significati? (Ferenczi e, successivamente, Bion proporranno idee simili).

Tratto da LA SIGNORINA CHE FACEVA HARA-KIRI di Ivan Ferrero
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