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Caratteristiche fondamentali del giudice




Altri caratteri che deve avere il giudice sono l'imparzialità, la terzietà e l'indipendenza (art. 6,1 Conv.eur.dir.uomo e art. 14 Patto int.dir.civ.pol.). Anche la nostra Costituzione contempla tali caratteristiche.

L'imparzialità del giudice si riferisce alla funzione svolta, per la quale sono necessarie l'assenza di legame con le parti, l'indifferenza rispetto agli interessi in conflitto e quindi al risultato della disputa, la mancanza di pregiudizi riguardo il thema decidendi.

Ulteriore profilo dell'imparzialità è la terzietà, che è relativa alla posizione di equidistanza del giudice rispetto alle parti durante il processo, dovendosi egli trovare in una situazione che garantisca la sua estraneità alle funzioni sia dell'accusa che della difesa.
Inoltre l'imparzialità va valutata sia nella sua prospettiva soggettiva, cioè il foro interiore del magistrato ritenuto imparziale fino a prova contraria; sia nella sua prospettiva oggettiva, cioè quelle condizioni esteriori reputate tali da porre in dubbio l'assicurazione di una giustizia imparziale.
Infine l'imparzialità deve essere tutelata attraverso la salvaguardia dell'indipendenza del giudice. Un giudice dipendente da un altro soggetto, che debba rispondere della propria attività a qualcuno, non potrebbe offrire i dovuti requisiti di imparzialità.

L'indipendenza può assumere diverse qualifiche a seconda dell'aspetto che viene in rilievo:
- istituzionale o organica esterna: quando è relativa all'autonomia dell'organizzazione giudiziaria da qualunque centro di potere (artt. 104,1 e 105 Cost.);
- organica interna: quando si intende l'autonomia del singolo giudice nel contesto dell'organizzazione giudiziaria, nel cui ambito possono sussistere non distinzioni di tipo gerarchico ma solo diversità di funzioni (artt. 101,2 e 107,3 Cost.);
- funzionale: riguarda il momento di applicazione della norma nel singolo processo, esprimendo l'esigenza che il giudice tragga solo dall'ordinamento giuridico l'indicazione delle regole per decidere.
Mentre è possibile rinunciare al diritto alla tutela giurisdizionale, non è possibile, una volta che essa sia attivata, derogare alle sue regole neppure con il consenso degli interessati perché esse sono poste non solo a interesse del singolo ma anche a garanzia del corretto esercizio di una funzione statale.

Il giudice deve anche essere neutrale, cioè deve tenere un comportamento che non implichi un implicito o esplicito accoglimento di una sola tesi delle parti.
Per evitare ogni condizionamento, il giudice non deve né conoscere preventivamente l'impostazione delle indagini, né coltivare una determinata ipotesi.
Il giudice arriva al dibattimento senza sapere come è stata impostata l'investigazione; il principio di acquisizione processuale non contrasta con il carattere di neutralità. Esso è relativo all'uso dei risultati di prova in sede di decisione ma non è solo a questo livello che opera tale principio.
Per un verso garantisce la funzione di ricerca dei risultati di prova che contribuiscono essi stessi alla ricerca.
La capacità combinatoria del giudice opera nel momento in cui deve cercare la prova. Se da un esperimento probatorio emerge un nuovo indirizzo all'indagine, esso può essere coltivato ma non dal giudice perché coltivare un nuovo scenario vuol dire prendere una posizione e quindi verrebbe meno la neutralità.
Ma il principio di acquisizione processuale non si esercita solo sui risultati di prova ma anche sui temi di prova, nel senso che dalla loro combinazione possono emergere altri temi di prova. I temi di prova, una volta inseriti nel processo, vivono di vita propria. Conseguenze:
- ciascuna parte può, sulla base dei temi di prova presentati dalla controparte, creare nuovi temi di prova;
- se una parte introduce un tema di prova ipotetico e poi non lo coltiva, questo esperimento probatorio può essere chiesto da un'altra parte. Quindi gli oggetti di prova sono ritenuti come acquisiti al processo indipendentemente dall'uso che ne faccia la parte proponente.
Il giudice non può introdurre nuovi temi di prova ma può verificare quelli presentati dalle parti.
Il principio di acquisizione processuale incide anche sull'inserimento dei temi di prova.
Un teste ammesso deve essere sentito; può non essere sentito a condizione che vi sia il consenso di tutte le controparti e non ci sia l'esercizio del potere autonomo da parte del giudice.

Il tema dell'imparzialità del giudice ha varie sfaccettature e una è quella della precostituzione del giudice.
Art. 25 Cost.: esprime una garanzia di imparzialità in quanto il giudice non è scelto arbitrariamente ma è precostituito per legge.
Occorre definire l'ambito applicativo della nozione di giudice. Innanzitutto dall'art. 25 Cost. viene escluso il p.m. perché non è determinato in modo esente da qualsiasi arbitrarietà. Quindi ad egli non si applica il criterio della neutralità e precostituzione.
Il legislatore statuisce una particolareggiata disciplina per la formazione delle tabelle degli uffici giudiziari, la determinazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti, ma per la capacità del giudice esclude la rilevanza delle disposizioni sulla destinazione del giudice, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi.
La previsione costituzionale non solo opera per la fase dibattimentale, ma anche per quella delle indagini e dell'udienza preliminare.
La nozione precostituito per legge opera prima sul piano formale: la Costituzione ha posto una riserva assoluta di legge in materia di competenza giurisdizionale; dal punto di vista sostanziale, tale principio sancisce il diritto per il cittadino alla certezza del giudice che dovrà giudicarlo, a cui corrisponde la garanzia per il giudice di poter decidere quel processo.
Si sono legittimati spostamenti di competenza con effetto retroattivo, anche con riguardo ai procedimenti in corso, rilevando che la violazione dell'art. 25 Cost. sussiste solo quando il giudice viene designato a posteriori in relazione a una determinata controversia o direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali. Non è mutamento ad personam o contra personam.
Ridurre la precostituzione per legge alla previsione per legge vuol dire ridurre la precostituzione alla semplice costituzione per legge.
Il principio di precostituzione del giudice deve essere bilanciato con altri principi di pari rango costituzionale, potendo essere subordinato ad essi.
Il principio di precostituzione può ledere il buon andamento dell'organizzazione giudiziaria richiesto dall'art. 97,1 Cost. che può giustificare il mancato rispetto dell'art. 25,1 Cost., ma solo nei limiti di necessità.
Non è invece giustificabile lo spostamento della cognizione di alcuni reati da un giudice a un altro se ambedue continuino a funzionare.
L'art. 259 c.p.p. prevede che le nuove competenze per materia e territorio si applichino solo per i reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore.
La precostituzione del giudice si riferisce alla precostituzione rispetto al fatto, ma in ambito civile e amministrativo è spesso impossibile riferire la precostituzione del giudice al momento del fatto anziché a quello dell'instaurazione del processo, cioè il momento della domanda.
Art. 335 c.p.p.: in ambito penale l'iscrizione deve essere immediata. Conseguenze:
- riduzione al minimo dell'intervento legislativo;
- si renderebbe determinabile il nr. dei procedimenti destinati a proseguire secondo le regole di competenza abrogate; si garantisce effettività alla precostituzione e al buon andamento.

Altro problema è quello del rapporto tra naturalità e precostituzione. Sono la stessa cosa o due cose distinte?
La Corte Costituzionale fin dalla prima sentenza in argomento ha optato per l'alternativa secondo cui naturalità e precostituzione sono sinonimi. Naturale è tutto ciò che passa per la testa dell'interprete. Qualcuno sostiene la naturalità come sinonimo di ordinarietà. Questo implica una sovrapposizione degli artt. 25 e 102 Cost. (in parte scorretta).

Ordinario: quel giudice che riconduce il proprio status al Consiglio Maggiore della Magistratura.
Straordinario: quel giudice creato ad hoc per determinati reati, dopo la loro commissione e per un periodo limitato.
Speciale: quel giudice creato ad hoc per determinati reati ma precostituito per legge. È disciplinato da una normativa speciale e può essere allo stesso tempo straordinario.

Naturale non può essere inteso come una caratteristica conforme alla natura delle cose e nemmeno come una caratteristica riferita soltanto al giudice-persona fisica.
C'è poi chi dice che naturale vuol dire competente, cioè riguarda la costituzione del giudice.
C'è l'esigenza di distinguere naturale e precostituito; l'esigenza di sapere da dove viene il termine; l'esigenza di conoscere il problema di oggi.
Nel concetto di naturalità c'è l'esigenza di mantenere un collegamento del luogo con il giudice; a ciò corrisponde il riconoscimento del diritto per il cittadino di mantenere, anche nel momento del conflitto, quel rapporto con la collettività dove è avvenuta la sua formazione.
La predisposizione del giudice a comprendere tutti i valori socio-culturali coinvolti dal processo è stata intaccata dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione e dalle migrazioni di massa, risultando sempre più difficile garantire un effettivo pluralismo e tutelare le minoranze linguistiche, garantendo che la figura del giudice continui ad essere espressione di quel popolo.
È diritto del cittadino essere giudicato da chi sia in grado di cogliere compiutamente il significato della sua condotta.
La naturalità e la precostituzione andrebbero intese come nozioni distinte con una relazione logica di congiunzione, cosicchè le due qualifiche sarebbero contemporaneamente richieste.

Gli artt. 6 Conv. e 14 Patto inseriscono il carattere della pubblicità del processo, cioè pubblicità contrapposta sia a segretezza che a privatezza.
Il processo concerne tutta la collettività e quindi deve essere da tutti conoscibile.
Essa è garanzia di giustizia e di libertà incentivando ad adempiere attentamente e coscienziosamente il loro dovere a giudice, p.m. e difensori e costituendo quindi mezzo per allontanare qualsiasi sospetto di parzialità.
Inoltre è uno strumento finalizzato a preservare la fiducia negli organi giurisdizionali e contribuisce alla realizzazione di un equo processo.
La Costituzione non parla della pubblicità ma si desume in via interpretativa.
La pubblicità deve essere assicurata soprattutto per l'attività del giudice competente a pronunciare la sentenza, ma sono ammissibili fasi procedimentali segrete. Ciò nonostante la decisione non può fondarsi su elementi conoscitivi acquisiti senza il rispetto della pubblicità.
Sono possibili deroghe alla pubblicità processuale a garanzia di beni a rilevanza costituzionale.
Pubblicità immediata: può essere presente nell'aula d'udienza qualunque soggetto.
Pubblicità mediata: la conoscenza degli atti del procedimento si ottiene con la presenza dei giornalisti e la diffusione delle notizie attraverso la stampa e gli altri mezzi di comunicazione collettiva.
Le eccezioni al criterio della pubblicità non si applicano alla pubblicità delle sentenze che è derogabile solo se è strettamente necessario per la tutela dei minori o della privatezza dei soggetti.
Allo stesso tempo è possibile ritenere integrato il requisito della pubblicità delle sentenze anche in un momento successivo alla sua emanazione.
È possibile rinunciare alla pubblicità riguardo alle udienze, a condizione che ciò non sia in contrasto con un significativo interesse pubblico e che la rinuncia sia resa dall'interessato, espressamente o tacitamente, in maniera spontanea e non equivoca.

Secondo l'art. 111 comma 6 e 7 "tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati" e "contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge".
Il primo precetto non trova una corrispondente formulazione né nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo né nel Patto int.dir.civ.pol.
I fondamenti del dovere di motivazione sono sia psicologici che giuridici.
Quelli psicologici si individuano nella creazione di uno stimolo alla responsabilità del giudice, incentivando l'uso corretto dei suoi poteri, e nella possibilità per le parti di conoscere le ragioni della decisione, rendendole consapevoli e persuase della situazione conseguente alla emanazione del provvedimento.
Quelli giuridici vengono ricondotti a due profili connessi all'esigenza di poter controllare l'osservanza del principio di legalità dell'attività giurisdizionale:
- endoprocessuale: l'esposizione dei motivi su cui si basa la pronuncia è funzionale alla verifica della stessa attraverso la sua eventuale impugnazione;
- extraprocessuale: la motivazione del provvedimento del giudice risponde al bisogno di palesare gli elementi su cui si fonda il concreto esercizio della funzione giurisdizionale.
Inoltre l'esigenza di motivare le decisioni del giudice è ancora più sentito essendo il nostro un ordinamento ispirato ai principi della sovranità popolare e dell'amministrazione della giustizia in nome del popolo che a essa può direttamente partecipare.

Tratto da SISTEMA DI PROCEDURA PENALE di Enrica Bianchi
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Dettagli appunto:

  • Autore: Enrica Bianchi
  • Facoltà: Giurisprudenza
  • Corso: Giurisprudenza
  • Titolo del libro: Sistema di procedura penale I - principi generali
  • Autore del libro: Giulio Ubertis
  • Editore: UTET
  • Anno pubblicazione: 2007

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