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L'influenza della scrittura di Longhi nel '900


Longhi legge le opere d'arte con una scrittura ricercata, preziosa, assolutamente colta. Egli è certamente uno degli scrittori più importanti del Novecento, come disse Contini; una scrittura colta perchè si affida principalmente alla traduzione letteraria dei fatti figurativi. L'analisi – descrizione dei fenomeni artistici (principalmente pittorici), l'ekphrasis che deduce dalla tradizione letteraria classica e moderna (da Vasari ai critici francesi dei Salons), interroga la pittura nei suoi aspetti formali e stilistici, nei suoi elementi poetici e di sostanza umana, psicologica e sociale. Com'è fatta nello specifico l'iperscrittura di Longhi? Le sue fonti sono state indicate in Giovanni Boine, nell'irrazionalità linguistica purovisibilista, nei vociani e nei dannunziani. È costruita con particolari effetti di punteggiatura, sostantivazione e singolari procedimenti sintattici (come giudizi presentati in opposizione polemica, uso improvviso del discorso diretto); i suoi accurati studi delle fonti della lettetura artistica lo portano a ricavare antiche valenze terminologiche e lessicali, riproposte come elementi di giudizio e di definizione critica, di singolare pregnanza storica.  Longhi analizza i fatti artistici con un andamento narrativo quasi da romanziere. Ha lavorato su un territorio circoscritto, quasi antiquario, come la pittura dalle origini al romanticismo escluso, ma ne ha radicalmente cambiato le prospettive, trattando il corpo della pittura italiana come una immensa officina e come u fantasma mai fermo, da afferrare e inseguire, come fanno i romanzieri con l'oggetto della propria narrazione. Al termine degli anni Venti erano iniziate da parte di Longhi le indagini sulla pittura italiana del Trecento, formulando alcune delle sue ipotesi più brillanti: limitazione dell'apporto senese, importanza della corrente extragiottesca, rivalutazione del Trecento padano a partire da quello emiliano. Intuizioni che troviamo in opere come Frammenti di Giusto a Padova, La pittura del Trecento nell'Italia settentrionale e il commento alla mostra giottesca tenutasi a Firenze nel 1937 col titolo di Giudizio sul Duecento. In quest'ultima opera di riscoperta del Trecento italiano, Longhi riconsidera organicamente aree minori, verificandone l'unità culturale e la capacità di resistenza agli stili dominanti.

Tratto da STORIA E CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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