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Naturalismo e normativismo nella causalità dell’omissione


Es. Tizio, Caio e Sempronio decidono di fare una gita al mare. Tizio ha maturato una forte ostilità nei confronti di Caio, all’insaputa di quest’ultimo essendone invece a conoscenza Sempronio. Ad un certo punto, Tizio invita Caio, che non sa nuotare, a fare una gita in barca, suscitando così i timori di Sempronio, il quale, pur sospettando intenti poco amichevoli, non si decide a mettere il guardia Caio, che invece accetta l’invito. Giunta la barca al largo, Tizio getta Caio in mare, il quale invoca aiuto, senza però che il bagnino Mevio, in servizio su quel tratto di spiaggia, intervenga in soccorso in quanto distratto dal corteggiamento in atto nei confronti di una ragazza villeggiante, Caio muore affogato.
Dal p. di vista naturalistico => si può dire che il meccanismo causale che ha portato alla morte per affogamento di Caio sia costituito dall’invito di Tizio alla gita in barca, dalla spinta in mare, dall’aver bevuto acqua fino all’affogamento? Si può dire cioè che tale meccanismo sia costituito da fattori tutti positivi? Si può concludere che i comportamenti di Mevio e Sempronio, in quanto omissivi, rimangono “esterni” al processo causale? Si può dire cioè che tali omissioni, prive di substrato naturalistico, possono dirsi “causali” solo a seguito di una dichiarazione normativa di equivalenza? Nel senso, cioè, che la causalità omissiva è un fenomeno sostanzialmente normativo, come normativa è l’essenza dell’omissione.

A questa conclusione si oppone l’idea che la causalità sia costituita:
sia da fattori condizionanti dinamici, che innescano l’azione di forze naturalistiche positive;
sia da fattori condizionanti statici, che permettono a quelle forza di sviluppare la loro efficacia modificativa della natura. Condizioni statiche, senza le quali quelle dinamiche non sarebbero in grado di operare: e, dunque, condiciones sine quibus non al pari di quella dinamiche.
Quindi => non solo vi è una causalità attiva (azione) e una causalità omissiva (omissione), ma addirittura l’una e l’altra si intrecciano regolarmente nei concreti processi causali: in natura i fattori condizionanti positivi (o dinamici) possono operare in quanto con essi concorrono fattori altrettanto condizionanti ma negativi (o statici).
In conclusione => la causalità è sempre la stessa, e sempre naturalistica, si tratti di azione o di omissione, così che anche all’omissione saranno applicabili quegli stessi criteri per la formulazione del giudizio causale che vengono utilizzati per l’azione.

Dal p. di vista normativo => 2 aspetti peculiari della condotta omissiva:
1-vi è una ineludibile esigenza normativa di selezionare, tra le infinite condizioni statiche, quelle omissioni rispetto alle quali può avere un senso giuridico porre un problema di causalità;
2-il giudizio di causalità dell’omissione, oltre ad essere controfattuale come quello dell’azione, presenta un 2° grado di ipoteticità in quanto consiste nell’accertare l’efficacia impeditiva dell’evento da parte di un comportamento che non esiste in realtà, cioè l’azione doverosa omessa.


Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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