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Indagine sul servizio sociale penitenziario: tra le misure alternative una nuova cultura della pena

Ruolo dell'assistente sociale nel fallimento: rischio burnout?

Quando ho cominciato a fare l'assistente sociale in questo settore ero alle prime armi e convinta di poter cambiare il mondo, come tutti credo… poi di fronte ai primi fallimenti mi sono resa conto che bisogna partire dal presupposto che la nostra professione non cambia il mondo. Si fa quel che si può per aiutare.
Potremmo dire che l'assistente sociale è un sostenitore del cambiamento.
(Ass. sociale)


Nelle professioni di aiuto si parla spesso di burnout, anche detto sindrome dell'operatore bruciato. Due famosi studiosi, Maslach e Leiter, lo definiscono come un'erosione dell'anima, un deterioramento che colpisce i valori, la dignità, lo spirito e la volontà delle persone. Il burnout, dunque, è una condizione di malessere psicofisico che può condurre ad una vera e propria malattia: i suoi sintomi, infatti, si assimilano a quelli tipici da iperstress.
L'ipotesi ricorrente è che l'assistente sociale, essendo quotidianamente a contatto con individui portatori di bisogni, sia a forte rischio di burnout in quanto spesso non è predisposto, né formato per sostenere un'autoanalisi personale come presupposto di un corretto rapporto di aiuto - diversamente dagli psicoterapeuti ad esempio -.

Maslach ha evidenziato le tre specifiche fasi che contribuiscono al manifestarsi delle altre:
• Esaurimento emotivo: inteso come sentimento di vuoto emotivo rispetto al proprio lavoro, contestuale ad un inaridimento nelle relazioni con gli altri (Benedetti, Pini, 2010);
• Depersonalizzazione: assunzione di un atteggiamento di rifiuto verso gli assistiti;
• Ridotta produttività lavorativa: senso di colpa e frustrazione.

Parrebbe scontato affermare che il burnout sia una malattia "personale", collegata strettamente alle proprie emozioni, mentre in realtà si tratta di un problema che riguarda principalmente l'organizzazione in cui l'assistente sociale è coinvolto e il suo cattivo funzionamento, che tende a contrastare la mission professionale. (Porchetti, 2016)

Avendo delineato in linea generale cosa si intende per burnout e senza volermi qui soffermare sul rapporto tra malessere personale e sovraccarico lavorativo - cosa che farò successivamente - vorrei soffermarmi sul ruolo che l'assistente sociale ricopre nel fallimento del probation.

Carl Rogers ha definito la relazione d'aiuto come "una relazione in cui almeno uno dei protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità e il raggiungimento di un modo di agire più adeguato ed integrato". La relazione d'aiuto con un soggetto entrato nel circuito penale comporta delle particolarità che devono essere considerate, quali una difficoltà comunicativa e una capacità di strumentalizzare l'operatore, avendo come unico scopo quello di venirne fuori il prima possibile. Le parti della relazione d'aiuto, inoltre, si incontrano in un contesto di per sé patogeno (Benedetti, Pini, 2010): non bisogna dimenticare, infatti, che essa è già di per sé fonte di stress a causa del vissuto che va a scoprire, ciò poi è aggravato dalla specificità del contesto d'intervento e dalle problematiche rappresentare dall'utenza a fronte di determinati reati. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Indagine sul servizio sociale penitenziario: tra le misure alternative una nuova cultura della pena

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Informazioni tesi

  Autore: Noemi Cilia
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Scienze Sociali
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Pietro Saitta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 115

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Parole chiave

cultura della pena
misure alternative
messa alla prova
giustizia riparativa
devianza sociale
abolizione detenzione
servizio sociale penitenziario
indagine servizio sociale

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