6 
Con il passare del tempo il progresso scientifico e sociale e il 
miglioramento delle condizioni economiche hanno mutato la natura stessa del 
consumatore.  
L’innalzamento della qualità ricercata si è aggiunta ad una maggiore 
competenza nel valutare le alternative di acquisto. Ciò è stato determinato dalla 
crescente disponibilità di informazioni conseguenza del processo di diffusione ed 
integrazione della tecnologia applicata al mondo delle telecomunicazioni. Inoltre 
l’allargamento della scolarizzazione e quindi l’innalzamento del livello culturale 
hanno aumentato la capacità critica del soggetto e le sue richieste. 
Il processo ha raggiunto il suo apice con internet che consente ai 
consumatori di oggi di acquistare tutti i giorni, 24 ore su 24, assicurandosi il 
meglio alle condizioni migliori mediante comparazioni attente e consapevoli 
condotte a costi contenuti e senza limitazioni di tipo geografico. 
Il consumo viene sempre più ad assumere una componente individualistica 
e personalizzata. Siamo in un’epoca in cui le persone ricercano un’identità 
personale anche attraverso l’acquisto di prodotti. Il valore dei prodotti quindi non 
dipende solo dalla loro qualità tecnica ma anche dai significati affettivi ed 
espressivi che assumono per chi li acquista. Tale incremento di complessità 
restringe notevolmente le opportunità di seguire approcci indifferenziati alla 
domanda evidenziando l’inadeguatezza delle chiavi di lettura socio-demografiche 
tradizionalmente utilizzate per interpretare struttura e tendenza dei mercati. 
L’ottica dell’impresa non può più essere basata sulla singola transazione 
ma bensì sulla costruzione di una relazione duratura nel tempo centrata sul cliente 
e sulle sua aspettative.  
Per l’impresa diviene allora fondamentale creare rapporti di partnership 
con i clienti, ossia dedicare risorse alla loro osservazione e al loro ascolto in modo 
da essere in grado di creare  dei prodotti che anticipino i bisogni e i desideri e 
rispondano nel tempo a tutte le esigenze. 
Dal primo capitolo risulta, pertanto, come l’impresa debba modificare il suo 
approccio passando dallo scambio alla relazione che avviene sfruttando la 
conoscenza del cliente e può fornire all’azienda numerosi vantaggi (ricordiamo 
come esempio che i consumatori con cui si ha già una relazione costano meno di 
 7 
quelli da acquisire). Per costruire tale relazione è necessario creare fiducia nella 
controparte  e il mezzo per arrivare a ciò è la soddisfazione del cliente. 
Nel secondo capitolo l’attenzione è focalizzata sui concetti di fedeltà e 
fidelizzazione sottolineando sia l’aspetto “organizzativo”, ovvero come 
un’azienda debba agire per poter raggiungere i traguardi di fedeltà, sia l’aspetto 
cognitivo ed emotivo che influenzano i processi nella sfera del cliente. 
Un sistema per muoversi in questa direzione è quello di utilizzare i 
programmi fedeltà; è stato quindi importante evidenziare i tipi di programmi che è 
possibile attuare tenendo presente le loro caratteristiche specifiche e la loro 
efficacia anche in relazione all’introduzione del CRM nel sistema aziendale. 
L’attenzione è stata poi concentrata sui customer club, prima in forma generica e 
poi analizzando il caso del Club Nokia. 
Per effettuare lo studio di questa particolare realtà, è stato necessario per prima 
cosa capire l’ambito in cui quest’iniziativa va ad inserirsi, capire anche la 
situazione dei competitors principali e, infine, effettuare una ricerca coinvolgendo 
i clienti e membri del club per avere un riscontro e una verifica della qualità e 
dell’efficacia delle azioni svolte da Nokia. 
 8 
PARTE I : LA MARCA E IL CLIENTE  
 
LA MARCA 
1.1 Cos’è la marca 
La marca, definita da Barni
4
 come “nome conosciuto (cioè che ha una sua 
propria identità ed immagine) cui il pubblico reagisce in modo positivo”, è il 
marchio posto dal fabbricante sui suoi prodotti per distinguerli dagli altri. 
Essa non esiste se non attraverso le modalità di espressione che le 
assicurano una visibilità: forme, colori, manifestazioni comunicative, è un vero 
soggetto narrativo attraverso cui l’impresa rende noti i propri valori, si fa 
riconoscere dai clienti e si differenzia dai concorrenti. 
1.2 Storia della marca 
La storia della marca può essere ricondotta a quella del commercio, e con 
questa si congiunge sin dal principio. 
L’antesignano del marchio moderno, infatti, non era altro che il segno di 
riconoscimento che gli artigiani erano soliti apporre alla propria produzione, un 
po’ come l’artista firma l’opera d’arte. Questo simbolo, diversamente da oggi, non 
aveva significato per gli acquirenti, ma solo per i mercanti, i quali anche dopo gli 
spostamenti delle merci erano in grado di attribuirle al loro produttore. Furono le 
corporazioni medioevali ad introdurre per prime il concetto di marchio come 
garanzia di qualità, quando imposero ai propri affiliati l’uso di un segno di 
riconoscimento che potesse distinguere gli oggetti prodotti all’interno della Gilda
5
 
da quelli di più bassa qualità di provenienza incerta. 
All’inizio del secolo XVIII la produzione artigianale cominciò ad essere 
sostituita da quella industriale e di serie, in particolar nel campo dell’industria 
                                                 
4
 Da Barni S., La comunicazione d’impresa, Franco Angeli, Milano, 1998. Barni è stato 
responsabile della comunicazione di grandi aziende, in Italia e all’estero e da anni insegna 
strategie di comunicazione all’Istituto Superiore di Comunicazione di Milano 
5
 Gilda: associazione di mutua assistenza a carattere mercantile e artigiano 
 9 
tessile. In un mercato così giovane la domanda veniva considerata omogenea, ed il 
consumatore finale acquistava dei prodotti anonimi, senza preoccuparsi 
dell’identità dell’azienda produttrice; questo portò ad una forte rottura rispetto al 
passato, quando l’acquisto era spesso legato alla personalità del produttore e alle 
sue competenze, qualità che venivano automaticamente trasferite ai prodotti che 
trattava. La produzione industriale, frapponendo una forte distanza tra cliente e 
realizzatore, rese questa proiezione non più attuabile, e determinò l’esigenza di far 
conoscere l’origine e le caratteristiche delle merci. 
L’arrivo del nuovo secolo consentì un ulteriore passo avanti: in quel periodo 
iniziò la crescita di un benessere economico che permise di acquistare beni che 
andavano oltre i normali bisogni di sussistenza. Questo fenomeno, che prenderà il 
nome di “consumo di massa”, andò ad aggiungersi alla nascita di prodotti di 
fattura differente, se non del tutto nuovi, rispetto a quelli a cui erano 
precedentemente abituati i consumatori. Questa svolta portò le industrie a 
riflettere sulla necessità di rendere tali oggetti familiari, nonché garantirne la 
qualità e l’effettiva utilità. Inoltre, con il consumo di massa, era lo stesso mercato 
a richiedere cose nuove e diverse tra di loro, spingendo così gli industriali sulla 
via della diversificazione dei beni prodotti. 
Per venire incontro alle nuove richieste di varietà e qualità da parte dei 
clienti, le aziende iniziarono a puntare su caratteristiche differenti: ci fu chi decise 
di investire in prodotti tecnologicamente all’avanguardia, chi preferì la qualità, chi 
l’esclusività, chi altro. È in un momento come questo che la marca inizia ad 
assumere il ruolo di regina del mercato e a divenire la punta di diamante delle 
strategie aziendali
6
. Infatti, in un sistema di tal genere, ogni imprenditore doveva 
far conoscere ai potenziali clienti i propri principi produttivi, e ciò si rivelò 
possibile soltanto applicando su ogni prodotto, in bella evidenza, il logo aziendale 
che, modello dopo modello, continuasse a farsi garante delle presupposte qualità. 
Questo avvenne anche grazie al supporto dell’advertising che aiutò il marchio a 
riempirsi di tutti quei valori su cui l’azienda puntava, valori che poi sarebbero 
                                                 
6
 Come evidenziato anche in www.altadirezione.it 
 10 
dovuti essere riconosciuti anche ad ogni prodotto sul quale sarebbe stato 
applicato. 
Oggi il marchio è divenuto un intermediario tra le due sponde del mercato: 
da un lato, quello aziendale, dove si fa portatore di determinate caratteristiche, 
dall’altro, quello dei consumatori, per i quali diviene garante delle stesse, così che 
il cliente sappia a chi rivolgersi per i suoi acquisti. In quest’ottica la marca è utile 
sia all’azienda, che può determinare chiaramente la propria clientela, sia ai 
consumatori, che possono sfruttarla come punto di riferimento in un mercato 
sempre più caotico e carico di proposte. 
Il marchio, quindi, viene a trovarsi tra le promesse aziendali e le richieste 
dei clienti. Questo mutuo accordo continuerà finché l’azienda proseguirà nel 
garantire ciò in cui si impegna, e non tradirà la fiducia della clientela. Qualora ciò 
dovesse accadere, la fiducia dei consumatori verrebbe meno e questi non 
sarebbero più disposti ad accordare aspettative verso il marchio, cercandone uno 
diverso che sappia adeguarsi meglio alla loro identità. È molto importante, quindi, 
per un’ azienda non far scendere mai i propri standard produttivi, in quanto, in un 
mercato moderno, così ricco e concorrenziale, per poter cambiare prodotto i 
consumatori devono solo allungare la mano sullo stesso scaffale e un cliente perso 
difficilmente è recuperabile . 
 11 
1.3 Il marchio e la marca 
Finora i termini “marca” e “marchio” sono stati usati indistintamente ma, in 
realtà, non sono la stessa cosa. 
Si può affermare, infatti, che il marchio sia una parte della marca in quanto 
esso costituisce la parte visiva, la parte  
“riconoscibile ma non pronunciabile, come un disegno o un colore.”
7
 
Ad esso è anche possibile conferire protezione legale (tramite la 
registrazione), per affermarne la proprietà e per garantirsi l’esclusività d’uso. 
La marca invece può essere definita come: 
 
“Nome, termine, simbolo, disegno o loro combinazioni, che mirano a 
identificare i beni o i servizi di un’impresa o di un gruppo di imprese, e 
a differenziarli da quelli dei concorrenti.”
8
 
 
Riassumendo quindi si può dire che la marca è molto più di un marchio in quanto 
essa non solo è in grado di comunicare molto di più di un semplice logo ma è 
portatrice dei valori aziendali e si esprime anche attraverso molti altri canali, quali 
per esempio il packaging
9
, il labelling
10
, i cataloghi, il merchandising, le 
sponsorizzazioni e partecipazioni ad eventi, il sito internet, i possibili testimonial 
e anche attraverso lo stesso personale aziendale
11
. 
                                                 
7
 www.servitec.it 
8
 www.servitec.it 
9
 packaging: Insieme degli elementi e materiali usati per confezionare il prodotto. (da 
www.lightmysite.it) 
10
 labelling: letteralmente significa Etichettare. L'insieme di ciò che attribuisce la più corretta ed 
efficace informazione sulla confezione stessa del prodotto per ciò che riguarda il nome, la 
categoria merceologica e la descrizione 
11
 http://www.make-italia.it 
 12 
1.4 Diverse visioni della marca. 
Come suggerisce Semprini
12
 nel libro “La marca”
13
,  i fenomeni relativi alla 
marca, i suoi scopi e al suo sfruttamento possono essere considerati da diversi 
punti di vista.  
 
Visione commerciale: la marca come argomento di vendita. 
La selezione dei prodotti da parte dei consumatori è resa difficile 
dall’anonimato negli scambi e dalla presenza sul mercato di numerosi prodotti 
simili. Per le aziende, quindi, risulta difficile differenziare la propria offerta 
semplicemente agendo sulle caratteristiche del prodotto perciò esse ricorrono alla 
marca, elemento che consente, come già detto, l’identificazione dell’azienda 
produttrice e l’associazione delle caratteristiche dell’azienda al prodotto in 
questione. Da qui nasce la necessità per la marca di avere un “contenuto” (ovvero 
non essere solo un nome ma racchiudere dei significati, delle informazioni utili al 
cliente) e di puntare alla notorietà. La presenza del contenuto rende il discorso 
della marca più esplicito e più attraente appropriandosi di un concetto, di un’idea. 
Visione industriale: la marca come innovazione. 
Questa visione nasce attorno agli anni sessanta, quando si verifica una 
massiccia industrializzazione dei prodotti di uso corrente. 
Ecco quindi che la marca diventa un elemento di differenziazione tra 
prodotto artigianale e prodotto industriale e, al tempo stesso sottolinea la rottura 
con il passato quando è associata a prodotti che non hanno un corrispondente in 
ambito artigianale. 
Oltre a ciò la marca tende anche a diventare simbolo di eccellenza nella 
corsa all’innovazione tecnologica che presuppone la presenza di un settore di 
ricerca all’interno dell’azienda e fissa un obbligo di qualità che l’impresa dovrà 
mantenere nel tempo per non venir meno alle proprie promesse e quindi perdere la 
stima dei clienti. 
 
                                                 
12
 Andrea Semprini, studioso dei processi culturali e comunicativi; direttore di un istituto di 
consulenza internazionale sulle politiche di marca. 
13
 Semprini A. “La marca”, Lupetti, Milano, 1995 
 13 
Visione finanziaria: la marca come valore aggiunto. 
Questa visione si è diffusa in modo particolare durante il periodo che va 
dalla metà degli anni ottanta alla metà degli anni novanta e concepisce la marca 
come un differenziale di prezzo rappresentato dal costo supplementare che il 
cliente è disposto a sostenere per poter possedere un prodotto di marca. Questa 
differenza di prezzo è anche chiamata “premio di marca” ed è giustificata dal 
consumatore proprio per il significato che la marca assume in relazione alla 
garanzia di innovazione e di qualità e all’insieme di idee, valori e principi 
sottostanti al “discorso” della marca e cioè a ciò che essa racchiude in sé in 
termini di concetti comunicati e modo di renderli noti.
14
 
 
Visione pubblicitaria: la marca come supplemento d’anima. 
Come la visione precedente anche questa ha assunto particolare importanza 
durante gli anni ottanta quando vi è stata una crescita del settore delle 
comunicazioni e quando la diffusione dell’innovazione tecnologica ha reso la 
qualità dei prodotti sempre più omogenea. 
La differenziazione dei prodotti viene quindi affidata anche allo strumento 
pubblicitario che è incaricato di sviluppare il “discorso” della marca e del prodotto 
aggiungendo un elemento legato al sogno, “un supplemento d’anima”, che 
aumenta la visibilità e l’appetibilità del prodotto. 
Il vero protagonista non è più il prodotto ma la marca che diventa capace di 
una vita quasi autonoma che condiziona la merce. Un prodotto senza marca, 
infatti, continuerà ad esistere, ma sarà come senza identità, quasi un prodotto 
muto. 
 
Visione di marketing: la marca come mediatore. 
Nell’ambito di questa visione vengono assegnati alla marca una serie di 
compiti quali la propaganda della cultura d’impresa e della qualità del prodotto, 
l’articolazione di un immaginario legato all’azienda, alla marca stessa e al 
                                                 
14
 Ciò è evidenziato anche in www.centromarca.it ; contromarca è l’ Associazione Italiana 
dell'Industria di Marca 
 14 
prodotto, la creazione di un dialogo che comprenda passione e ragione, funzione 
ed estetica, bisogno e piacere. 
La visione di marketing adotta così il punto di vista del consumatore e fa 
della marca il portavoce del prodotto e, per estensione, di tutto il sistema 
tecnologico, produttivo e commerciale che l’ha generato. 
 
Tutti questi modi di vedere la marca possono essere a mio avviso ricondotti 
alle funzioni della marca. 
 
1.5 Funzioni della marca  
La marca vede attribuirsi alcune proprietà di base che la rendono uno dei 
mezzi maggiormente sfruttati nelle moderne strategie di mercato. La prima è 
quella di caratterizzare l’azienda che realizza il prodotto o servizio; questa 
funzione è facilmente ottenibile attraverso una forma grafica essenziale, semplice 
e chiara, che la renda subito riconoscibile.  
La seconda funzione è quella di proteggere l’esclusività della produzione di 
un’azienda, e quindi di tutelarla legalmente.  
Infine la marca ha il compito di evocare il carattere di un’impresa, 
traducendone, anche in forma visiva attraverso il marchio, le specificità di 
produzione o le caratteristiche del servizio.  
Al giorno d’oggi tutti siamo coscienti del potere delle marche, ma sono 
pochi coloro che sanno realmente fare a meno del loro potere simbolico. Queste, 
infatti, fanno risaltare i prodotti sugli scaffali, apportandogli charme, carisma e 
personalità, divenendo una vera calamita, in particolare per alcune fasce di 
clientela. La marca che sta dietro un prodotto rappresenta una vera marcia in più 
che supera la tecnologia e i materiali impiegati e che al tempo stesso può 
inglobare tutti questi elementi unendoli ad altri immateriali ed invisibili in grado 
di rievocare nella mente dei consumatori un allettante panorama immaginifico che 
renderà quel bene necessario ed irrinunciabile. 
Va inoltre tenuto in considerazione che la marca è portatrice di valori, 
ovvero del discorso etico e simbolico che un’azienda desidera comunicare ai suoi 
 15 
clienti. Senza essere necessariamente condivisi da tutti, i valori devono essere 
percepiti come fini desiderabili e degni di essere perseguiti da una maggioranza di 
individui.  
La marca quindi costituisce il mezzo attraverso cui entrano in relazione il 
mondo della produzione e quello del consumo, non solo attraverso il processo 
d’acquisto ma anche attraverso l’esistenza di valori condivisi. 
 
Riassumendo e considerando ciò che suggerisce Barni in “La 
comunicazione d’impresa”
15
, i vantaggi che una marca offre sono: 
 ξ  per il consumatore: 
- semplifica il processo d’acquisto, facendo risparmiare tempo e sforzo 
riducendo l’ansia della scelta; 
- rappresenta una garanzia di qualità stabile nel tempo (in quanto esiste da 
un lungo periodo, è diffusa ed appartiene ad un’azienda di cui ci si fida); 
- è accessibile in quanto non si ha difficoltà a trovarla e la si riconosce 
subito; 
- è gratificante perché differenzia l’acquirente ponendolo nel segmento dei 
conoscitori; per l’azienda produttrice: 
- consente margini più elevati in ragione del lavoro che c’è a monte e del 
fatto che anche un prezzo più elevato a volte costituisce un segno di 
qualità; 
- porta un vantaggio nella distribuzione, poiché la notorietà facilita il 
collocamento presso i vari canali di vendita e un miglior posizionamento 
all’interno dei punti vendita; 
- da la possibilità di usarla come ombrello
16
 per spingere prodotti nuovi 
e/o estendersi a prodotti secondari collegati nell’uso; 
 
                                                 
15
 Barni S., “la comunicazione d’impresa”, Franco Angeli, Milano, 1998 
16
 Si parla di “marca ombrello” quando sotto allo stesso marchio si raccoglie una serie di prodotti 
che si affiancano a quello principale e quindi lo sforzo di comunicazione può essere concentrato su 
un solo messaggio che però poi ricade sui diversi prodotti 
 16 
IL CLIENTE 
1.6 Chi è il cliente 
Prima di affrontare gli argomenti riguardanti le relazioni dell’impresa con i 
clienti e la loro fidelizzazione è necessario capire a fondo con chi interagisca 
l’azienda e a chi debba rivolgere le azioni di marketing finalizzate alla conquista 
della fedeltà. 
Volendo dare una prima generica definizione di cliente, si può dire che è 
tale chiunque acquisti il prodotto dell’impresa al di fuori dell’azienda stessa.  
Nonostante possa apparire come un elemento molto semplice, in realtà il 
cliente necessita di molta attenzione e di numerosi processi per essere conosciuto, 
esso ha infatti un complesso ciclo di vita che racchiude il percorso che egli 
effettua nell’uso di un prodotto. Tale percorso dev’essere seguito dall’azienda fin 
dall’inizio; partendo dal momento in cui il soggetto arriva a conoscere l’offerta è 
necessario esaminare i meccanismo della decisione d’acquisto, della valutazione 
del prodotto, dell’eventuale riacquisto e dev’essere preso in considerazione 
l’eventuale rapporto che il cliente può intraprendere con l’impresa (riacquisti, 
nuove esigenze, possibili infedeltà alla marca). 
In base allo studio del ciclo di vita del cliente
17
 effettuato da ciascuna 
azienda, essa può determinare le caratteristiche dei processi di comunicazione da 
attuare verso l’esterno e dei prodotti da offrire sul mercato. Nonostante a prima 
vista tale studio possa apparire come un costo, in realtà per l’azienda costituisce 
fonte di redditività e di vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. 
Il cliente insomma non è semplicemente un acquirente ma, soprattutto 
considerando la situazione attuale del mercato, deve essere il centro delle attività 
aziendali.  
                                                 
17
 Per ciclo di vita del cliente si intende il percorso che il cliente segue nel passaggio da potenziale 
cliente a ex cliente, attraversando quindi le fasi di Prospect (ovvero target dell’azienda), 
Responder (cioè nuovo cliente), Cliente effettivo (caratterizzato da momenti di soddisfazione, o 
incertezza o insoddisfazione che l’azienda deve riuscire a gestire per mantenerlo), Ex cliente 
(momento in cui l’azienda deve analizzare i motivi dell’abbandono ed eventualmente agire per un 
recupero del cliente stesso).   (Dai lucidi del Prof. Mariano, Università degli studi di Milano)   
 17 
1.7 Conoscere il cliente, motivazioni  
Come in qualsiasi processo di comunicazione e di interazione è necessario 
sapere a chi ci si rivolge, con chi ci si raffronta, con chi ci si relaziona al fine di 
adeguare agli interlocutori i propri comportamenti per raggiungere gli obiettivi 
che ci si è prefissati, di qualunque tipo essi siano. 
L’obiettivo fondamentale di un’attività imprenditoriale è sicuramente quello 
di ottenere dei profitti attraverso il proprio processo produttivo ma soprattutto 
attraverso la relazione che riesce a instaurare con una parte del proprio pubblico, 
ovvero i clienti, che rappresentano una fonte non indifferente di vantaggio 
competitivo.  
Per poter soddisfare tutte le loro esigenze l’azienda deve poterli conoscere e 
quindi deve attivarsi per acquisire informazioni relative a quelli che sono e 
saranno i suoi clienti. Essa quindi arriva a disporre di una mole sempre crescente 
di dati da gestire nella definizione del vantaggio competitivo. 
Il processo di raccolta di informazioni sul cliente dev’essere una costante 
nel rapporto tra i due soggetti. L’azienda infatti, prima di proporsi sul mercato, 
deve aver chiaro a chi si rivolge, sia in termini di numerosità (ovvero una stima di 
quante persone si vogliono raggiungere), sia in termini di caratteristiche della 
futura clientela; nelle fasi di vita aziendale successive risulta importante 
mantenere aggiornati i dati sui clienti al fine di poter sempre soddisfare le 
esigenze dei consumatori, di monitorare il loro stato di soddisfazione ed 
eventualmente di poter anticipare i loro desideri. 
Lo studio del cliente è importante anche in considerazione di quel che 
afferma Victor Fucks
18
:  
 
“La conoscenza, l’onestà e la motivazione del consumatore 
influenzano la produttività dei servizi”.  
 
Al cliente, quindi, vengono assegnate le funzioni di fornitore di 
informazioni, esecutore di operazioni (per esempio nel momento in cui compila 
                                                 
18
 Negro Giuseppe, “Organizzare la qualità nei servizi”, Il sole 24 ore libri, Milano, 1996 
 18 
sondaggi o effettua operazioni su internet), controllore della qualità e stimolatore 
di nuovi servizi. 
1.8 Conoscere il cliente, metodi 
Per poter avere le informazioni relative al cliente è possibile far in modo di 
registrare un flusso di informazioni generato dal rapporto continuativo di acquisto 
del prodotto (per esempio registrando il tipo di acquisti effettuati o l’importo 
medio della spesa); se però non lo si possiede, risulta necessario svolgere delle 
indagini sul proprio pubblico. Queste possono essere effettuate direttamente 
dall’azienda oppure è possibile ricorrere a servizi forniti da istituti specializzati. 
La scelta di tecniche più o meno sofisticate è collegata a diversi fattori tra i 
quali i più importanti sono il contesto nel quale si inserisce la ricerca, il livello di 
accuratezza richiesto, l’orizzonte temporale al quale ci si riferisce, la mediazione 
in termini di costi-benefici tra esigenze informative e il tempo necessario per 
effettuare la ricerca.. 
La più comune metodologia di raccolta dati è quella dell’indagine 
campionaria, che consente di limitare la ricerca ad una parte selezionata, secondo 
criteri stabiliti dalla statistica, della “popolazione” che si vuole studiare. Questo 
tipo di indagine pone il problema della rappresentatività del campione, ovvero 
della possibilità di poter estendere i risultati ottenuti nello studio del campione 
all’intero universo da cui è stato estratto. Il campione, in poche parole deve avere 
più o meno le stesse caratteristiche e (seppur proporzionalmente) la stessa 
composizione dell’intero gruppo a cui poi ci si rivolgerà con le proprie azioni . 
La scelta della grandezza del campione  dipende da due fattori: il grado di 
attendibilità della stima
19
 che si vuole ottenere ed il grado di complessità 
dell’indagine
20
 che si vuole effettuare.  
Nella realtà spesso si deve tener conto anche dei vincoli economici e 
temporali. 
                                                 
19
 A seconda delle necessità di certezza che il ricercatore ha, è possibile fare ricorso a delle tavole 
statistiche predisposte da istituti specializzati e determinare la dimensione del campione. 
20
 Ovviante più complessa è l’indagine e più grande dev’essere il campione di riferimento al fine 
di veder comparire tutte le variabili considerate. 
 19 
Oltre a definire il campione su cui si vuole operare, è necessario stabilire 
anche la tecnica che si ritiene più opportuna per la sua misurazione. 
Il metodo più comunemente utilizzato è quello dell’intervista, che può 
assumere forme diverse a seconda che sia realizzata per posta, al telefono, 
personalmente o tramite internet. Una particolare attenzione dev’essere posta nella 
compilazione del questionario e nella scelta e addestramento degli intervistatori. 
Le domande infatti devono per prima cosa essere chiare e comprensibili per 
consentire una risposta ottimale da parte degli intervistati e devono risultare 
coerenti con gli scopi dell’indagine così che tutto l’insieme delle domande risulti 
comprensibile, univoco nell’interpretazione e chiaro. 
I dati ottenuti con questi metodi vengono poi utilizzati nelle successive fasi 
di segmentazione del mercato e scelta del target  di riferimento. 
1.9 La segmentazione 
La situazione attuale del mercato impone all’azienda di perseguire i propri 
obiettivi attraverso la soddisfazione dei bisogni e dei desideri del cliente; in realtà 
però ci si trova di fronte ad una domanda che presenta numerose diversità al 
proprio interno. Emerge così l’esigenza di suddividere la domanda in una serie di 
segmenti economicamente interessanti.  
Questo processo di ricorso alla suddivisione della clientela garantisce 
all’azienda non solo di specializzare l’offerta ma anche di mettere a fuoco più 
efficaci strategie di marketing, selezionare dei gruppi di clienti più interessanti, 
migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi offerti sulla base delle esigenze e 
della soddisfazione manifestata dai singoli segmenti e razionalizzare le risorse 
investite. 
Segmentare significa quindi dividere in gruppi omogenei e significativi i 
clienti. Ogni gruppo poi può essere selezionato come obiettivo di mercato da 
raggiungere con un’apposita azione di marketing.