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Il procedimento sommario di cognizione davanti al tribunale



Vediamo un nuovo procedimento che è stato inserito dal legislatore con la riforma del 2009 che si applica, secondo quello che dice la lettera della norma introdotta dal legislatore, alle cause che spettano alla competenza del giudice monocratico di tribunale. Completiamo la disciplina per quanto concerne il tribunale. Dobbiamo andare molto avanti nel codice, nella disciplina dei procedimenti sommari, al termine di questa disciplina, dopo la disciplina dei provvedimenti cautelari, il legislatore ha introdotto questo nuovo procedimento. Pur essendo un procedimento speciale, si pone in alternativa con il processo per le cause che spettano alla competenza del tribunale in composizione monocratica. Però abbiamo detto che per le cause di competenza del tribunale alcune sono riservate alla decisione collegiale, per la generalità delle altre, oggi, l'attore si trova di fronte ad una scelta: può scegliere il processo come abbiamo visto in queste settimane, oppure può scegliere questo nuovo procedimento, il quale è intitolato “procedimento sommario di cognizione”, disciplinato agli artt. 702 bis-ter-quater c.p.c. Vediamo le linee essenziali di questo procedimento sommario di cognizione. Innanzitutto vediamo quando l'attore e il suo avvocato può scegliere questo modello procedimentale. Cosa ci dice l'art. 702 bis c.p.c.? Esso ci dice: “nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell'art. 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6) e l'avvertimento di cui al numero 7) del 3° comma dell'art. 163”. Cosa ricaviamo da questo 1° comma? Qual è la differenza per quanto concerne l'introduzione della causa che caratterizza questo procedimento? È con ricorso e non con atto di citazione. Domani vedremo il processo del lavoro, anche lì è un rito che inizia con ricorso. Si tratta delle due modalità possibili di inizio di un processo: atto di citazione ovvero ricorso. Qual è la differenza tra i due? L'atto di citazione svolge due funzioni: c'è una funzione che qualsiasi atto introduttivo di un processo deve avere e cioè che deve identificare la domanda; in più svolge anche la funzione di chiamare in causa il convenuto con il fatto che è l'attore con la sua domanda a fissare la data della prima udienza. Dal punto di vista dinamico la caratteristica dell'atto di citazione è che prima viene notificato alla controparte e poi, dopo, attraverso la costituzione abbiamo il deposito dell'atto nella cancelleria del giudice. Quindi con l'instaurazione del rapporto prima con la controparte e poi con il giudice. Invece la forma del ricorso si caratterizza per il fatto di avere l'unica funzione: di individuare la domanda, perché, invece, la funzione della chiamata del convenuto è posta in essere dal giudice. In base ai richiami che vengono fatti dall'art. 163 c.p.c. quali requisiti mancano rispetto all'atto di citazione? Vedete sono richiamati i numeri: 1) l'indicazione del tribunale 2) le parti 3) il petitum 4) causa petendi 5) i mezzi di prova 6) il procuratore (cioè il difensore) e l'indicazione della procura. Quindi cosa manca? Vedete che del numero 7) che contiene la data dell'udienza e l'invito al convenuto di costituirsi nel termine di 20 giorni, questo non c'è proprio perché non abbiamo la vocatio in ius. Però è contenuto comunque l'avvertimento al convenuto. Quindi abbiamo questa forma del ricorso, mentre nell'atto di citazione, l'atto viene prima notificato poi depositato, visto che qui la fissazione dell'udienza viene da parte del giudice, secondo voi cosa deve fare il ricorrente? Lo deve depositare nella cancelleria del giudice. Quindi se noi abbiamo la forma ricorso potremmo avere la contumacia dell'attore? No!! Perché il processo inizia con il deposito del ricorso in cancelleria da parte del ricorrente (attore). Cosa ci dice il 2° comma? “A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento” . Quello che nel processo ordinario avviene dopo con la costituzione, (abbiamo la formazione del fascicolo d'ufficio, abbiamo poi la nomina del giudice persona fisica che si occuperà della causa), qui invece avviene immediatamente. “Il giudice designato fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza; il ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto almeno 30 giorni prima della data fissata per la sua costituzione” . È già un avvertimento al convenuto che comunque dovrà costituirsi entro un certo termine altrimenti incorrerà in decadenze. Non c'è ancora la fissazione alla parte dell'udienza, ma lo si avvisa che comunque si dovrà costituire tempestivamente altrimenti andrà incontro a preclusioni. Cosa ricaviamo da questo 3° comma ponendolo sempre a confronto con il processo ordinario? Innanzitutto c'è questa scelta della forma ricorso che è una scelta che risponde di più alle esigenze organizzative del giudice perché non è l'attore che fissa l'udienza, ma è il giudice che la fissa. Anche questi termini sono dei termini più brevi rispetto al processo ordinario, perché nel processo ordinario quanto tempo ha il convenuto per predisporre la sua difesa? È vero che tra la notificazione e la data dell'udienza devono decorrere 90 giorni però lui deve costituirsi 20 giorni prima (quindi ha 70 giorni). Qui invece ne ha 30. Sono 30 giorni tra la notificazione e la sua costituzione che deve essere 10 giorni prima dell'udienza. Quindi tra la notificazione e l'udienza sono 40 giorni, invece di 90. Sono 30 invece di 70. Quindi sono dei termini più brevi. Ora abbiamo individuato queste due caratteristiche: la forma della domanda ricorso, udienza fissata dal giudice e termini a difesa inferiori. A questo punto vediamo la disciplina della costituzione del convenuto. Il 4° comma dell'art. 702 bis c.p.c. ci dice: “il convenuto deve costituirsi mediante il deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicando i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio”. Il 5° comma del medesimo articolo invece ci dice: “se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell'udienza”. Ci sono differenze rispetto alla comparsa di risposta del processo ordinario? Poniamo in confronto questi due commi con l'art. 167 c.p.c. Sotto il profilo delle preclusioni, esse sono le stesse. Le preclusioni concernono le domande riconvenzionali, le eccezioni che non siano rilevabili d'ufficio (quindi riservate alla parte) e la chiamata del terzo. C'è una differenza sulla chiamata del terzo, perché qui il legislatore fa riferimento solo alla chiamata del terzo in garanzia. Se noi andiamo a prendere l'articolo relativo alla chiamata del terzo su istanza di parte, voi vedete, l'art. 106 c.p.c. ci dice “[…] il terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita”. Quindi sembrerebbe, se noi stiamo alla lettera, che in questo procedimento sommario di cognizione il convenuto abbia un potere più limitato di chiamare in causa il terzo, cioè solo il garante. Però questo procedimento è stato introdotto dalla L. n. 69/2009 quindi è recente, ma ci sono già stati molti commenti su questa norma, perché questo è l'istituto ritenuto più significativo della riforma perché ci dà un procedimento che è del tutto alternativo per un numero di cause potenzialmente molto ampio, perché sono tutte le cause che spettano al tribunale in composizione monocratica. Il legislatore ha citato solo la chiamata in causa del garante, però in realtà ha ritenuto tutti i terzi che possono essere chiamati in causa, anche quando ci sia una comunanza di causa. Sono tutte ipotesi che coincidono la chiamata su istanza di parte con le figure dell'intervento volontario. Questo per quanto riguarda l'introduzione del processo, perciò teniamo presente queste peculiarità: la domanda si produce con ricorso, l'udienza che qui dovrebbe essere unica è fissata dal giudice, il convenuto si costituisce con la comparsa di risposta, che è analoga, sotto il profilo del contenuto e delle preclusioni, con quella del processo ordinario.
Adesso andiamo ad esaminare come si svolge il procedimento. Noi abbiamo visto il procedimento ordinario nella sua complessità, in particolare l'udienza del 183 c.p.c., la possibilità di un'appendice scritta, le udienze dedicate all'assunzione dei mezzi di prova, il passaggio alla fase decisoria, l'udienza di precisazione delle conclusioni, ecc. Vedete che tutti questi istituti ai quali sono dedicati molti articoli, qui abbiamo un'unica norma. L'art. 702 ter c.p.c., il cui 1° comma ci dice che “se il giudice ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza”. Qui non c'è da stupirsi perché è uguale al processo ordinario. Il 2° comma invece stabilisce che “se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell'art. 702 bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale”. Ciò significa che c'è una sorta di esame preliminare da parte del giudice sul fatto che la domanda proposta rientri tra quelle del 702 bis. Quand'è che non rientra? Vuol dire che non è tra le cause che spettano al giudice monocratico di tribunale. Vuol dire che viene proposta nelle forme di questo rito una causa che invece deve essere decisa dal collegio per il quale la modalità è atto di citazione, le forme di cui agli artt. 163 s.s. Qui c'è questa particolarità che la dichiara inammissibile con ordinanza non impugnabile. Allo stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale, se il convenuto propone nella comparsa di risposta una domanda riconvenzionale che però non rientra tra le domande che possono essere decise dal tribunale in composizione monocratica. Allora vi faccio questo caso: la domanda proposta dall'attore è tra le cause che possono essere decise dal giudice monocratico però viene fatta una domanda riconvenzionale che invece deve essere decisa dal collegio. Cosa succede in questo caso? Verrà dichiarato tutto inammissibile o solo la domanda riconvenzionale? Soltanto la domanda riconvenzionale sarà dichiarata inammissibile, il processo con la domanda principale prosegue con le forme del procedimento sommario. Nel 3° comma viene introdotta quella che è la nozione chiave di questo procedimento che è intitolato “procedimento sommario di cognizione”. Cosa ci dice questo 3° comma? Ci dice che “se il giudice ritiene le difese svolte dalla parti richiedano un'istruzione non sommaria, con ordinanza fissa l'udienza di cui all'articolo 183”. Cosa significa questo? Se le difese svolte dalle parti (perciò da un lato è la stessa domanda proposta dall'attore, poi, dalla comparsa di risposta, quindi dalle difese che sono contenute nella comparsa di risposta) emerge che è necessaria un'istruzione non sommaria, fissa l'udienza del 183 c.p.c. Ciò significa che c'è una conversione del rito, perciò abbiamo un processo che è iniziato con le forme del rito sommario che si converte nel rito ordinario. Questa possibilità di conversione vuol dire che noi ci troviamo nella situazione del 183 c.p.c. Ravvisate in questa conversione una violazione dei diritti di difesa del convenuto? Dunque l'attore sceglie questo rito sommario cosa può succedere? Che in realtà sia una causa che non può essere decisa dal giudice monocratico. Allora in questo caso cosa abbiamo? La domanda viene dichiarata inammissibile. Quindi il processo si chiude con una pronuncia di inammissibilità della domanda. Oppure, invece, rientra tra le cause che possono essere decise dal giudice monocratico però è necessaria un'istruzione non sommaria, perciò questo rito sommario si trasforma in quello ordinario e partiamo dall'udienza del 183 c.p.c. Sotto il profilo degli atti introduttivi, quindi, non ci sono grosse differenze, in quanto il ricorso incide soltanto sul meccanismo di avvio del processo. Ci sono, invece, delle perplessità sotto il profilo dei termini a difesa che ha il convenuto perché sono di molto inferiori. allora si dice che in questo modo l'attore può fare questa scelta e il convenuto si trova che i suoi 70 giorni sono diminuiti a 30 giorni. Cosa succede quando l'istruzione non sommaria è richiesta non dalla domanda principale, ma dalla domanda riconvenzionale. In questo caso si ha la separazione, perciò sulla domanda principale si andrà avanti con il rito sommario, sulla riconvenzionale invece con il rito ordinario. Proseguiamo con questo rito: da un lato il giudice si ritiene competente, dall'altro è una causa che può essere decisa dal giudice monocratico con un'istruzione sommaria. Cosa succede all'udienza? “Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande” . Qui abbiamo già tutto il processo. Quindi vuol dire che il giudice sente le parti in modo informale, purché sia salvaguardato il contraddittorio, procede agli atti di istruzione rilevanti e decide con ordinanza. Cosa ricaviamo da questa descrizione dello svolgimento del processo? La conclusione è proprio questa, che è un procedimento lasciato nel suo svolgimento totalmente alla discrezionalità del giudice, quindi un processo del tutto informale in cui non abbiamo l'evidenza del 183 c.p.c., non abbiamo l'appendice scritta, quindi un profilo sul quale ci si interroga, e come avviene questa assunzione dei mezzi di prova? Vedete “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti”. Ci sono due idee di questo procedimento sommario: una è che si tratti di un procedimento appunto sommario dove la sommarietà attiene non solo alla deformalizzazione del procedimento, inteso come discrezionalità del giudice, quindi semplificazione delle forme; ma anche nel fatto che non siano un'assunzione vera e propria di mezzi di prova, ma ad es. vengono sentiti informalmente dei terzi (noi abbiamo visto come avviene l'assunzione della prova testimoniale) quindi c'è un'idea di questo procedimento per cui avverrebbe tutto in modo molto informale, deformalizzato e anche superficiale, quindi si ha una certa assunzione di elementi conoscitivi però più delle sommarie informazioni, che è una nozione che si trova nei procedimenti speciali piuttosto che dell'assunzione di mezzi di prova veri e propri. Quindi sarebbe una sommarietà intesa come anche superficialità della cognizione del giudice. Invece c'è un'idea di questo procedimento sommario per cui si dice sì, non abbiamo l'udienza del 183 c.p.c., non abbiamo la possibilità di un'appendice scritta, tutto si svolge oralmente davanti al giudice; però non è una cognizione superficiale, la cognizione è piena nel senso che anche le prove vengono assunte, i testimoni vengono sentiti, ma magari in modo solo più de formalizzato, non c'è una capitolazione dei mezzi di prova, quindi il giudice interroga più liberamente i terzi; però abbiamo una vera e propria assunzione di mezzi di prova rilevati in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto. Quest'idea si collega anche a come viene interpretata sul fatto che non sia necessaria un'istruzione non sommaria. A quali tipi di cause sarà applicabile questo procedimento? Un'osservazione da fare è che non è una scelta del giudice, quindi una modalità che sarebbe stata più efficace è quella di dire presentiamo le domande allo stesso modo e il giudice, in base alla complessità della domanda può scegliere una strada più semplificata, più deformalizzata rispetto ad un'altra. Qui invece è l'attore che sceglie. Però quali tipi di cause possono essere decise con questo procedimento? Dovrebbero essere le cause più semplici, perché questa istruzione non sommaria o questa istruzione sommaria, che è il presupposto perché il giudice scelga di far proseguire il processo con questo rito e quindi non convertirlo in quello ordinario, la si può intendere o solo come istruzione probatoria oppure la si può intendere in senso ampio come comprensiva della trattazione, quindi anche come cause che non richiedano una trattazione complessa anche dal punto di vista di diritto, non solo dell'assunzione dei mezzi di prova. Come si qualifica il provvedimento finale? Come si chiude questo processo? Con una ordinanza, quindi qui non abbiamo più la sentenza. Abbiamo l'ordinanza con cui il giudice accoglie o rigetta la domanda. Quindi la forma ordinanza non è soltanto per la pronuncia sulla competenza, ma è anche la pronuncia del provvedimento che chiude il processo, accogliendo o rigettando la domanda. C'è stata questa scelta di questo provvedimento più snello, la peculiarità di questo procedimento, che viene definito sommario di cognizione, è l'efficacia che ha questo provvedimento, perché qual è l'alternativa per un processo con delle forme così semplificate, snelle, lasciate alla discrezionalità del giudice? Cosa potremmo immaginare? Che sia un'ordinanza come quelle che abbiamo visto al 186 bis e ter che hanno efficacia esecutiva ma non hanno un'efficacia di giudicato, invece, come vedete quest'ordinanza, non solo dal sesto comma del 702 ter, è provvisoriamente esecutiva e costituisce il titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziaria e trascrizione, ma produce gli effetti di cui all'art. 702 quater, quest'ordinanza produce gli effetti di cui all'art. 2909 c.c. se non è appellata entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Quindi ha l'efficacia del giudicato, perciò se non è proposto appello è un'ordinanza che ha efficacia di giudicato.
Il provvedimento finale è un'ordinanza, che però ai sensi dell'art.702 quater ha gli stessi effetti della sentenza. Quindi è un'ordinanza che idonea ad acquistare l'efficacia di giudicato sostanziale ai sensi dell'art.2909 cc pur essendo il procedimento un procedimento nella parte iniziale non così diverso da quello ordinario di cognizione però è sicuramente (a partire dall'udienza) invece si caratterizza per essere del tutto informale.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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