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L'intervento

L'intervento

L'istituto dell'intervento si configura quando un soggetto terzo interviene nel processo instaurato tra le due parti.
Una prima grande distinzione all'interno dell'istituto dell'intervento è tra:
-l'intervento volontario: quando il terzo entra nel processo volontariamente;
-intervento coatto: che può essere, a sua volta, su istanza di parte o per ordine del giudice.

1. L'intervento volontario

Sono tre le categorie dell'intervento volontario, disciplinate dall'art.105 c.p.c.
Co.1: "Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo".
Qui troviamo descritte due categorie di intervento volontario:
1) Il primo tipo di intervento volontario è quello cd. principale in cui il terzo fa valere nei confronti di tutte le parti, sia dell'attore sia del convenuto, un suo diritto che è autonomo ed incompatibile rispetto a quello fatto valere dalle parti originarie del processo.
Un esempio pratico: il caso di un processo tra due parti in cui l'attore rivendica la proprietà di un bene nei confronti del convenuto. Quale potrà essere in questa situazione un intervento principale? Il terzo dovrà affermare di essere lui il vero proprietario del bene, facendo valere il suo diritto che è autonomo ed incompatibile sia con il diritto vantato dall'attore sia con quello vantato dal convenuto.
2) Il secondo tipo di intervento volontario cd. litisconsortile si configura quando un terzo interviene per far valere un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel medesimo processo non nei confronti di tutte le parti, ma solo nei confronti di alcune di esse.
In questo caso il diritto fatto valere dal terzo non è incompatibile e autonomo rispetto a quello delle parti, ma il diritto è fatto valere solo nei confronti di una di esse (o dell'attore o del convenuto).
Esempio pratico: l'impugnazione delle delibere assembleari. Poniamo il caso che l'azione venga proposta da alcuni soci, un altro socio che non è parte originaria del processo interviene volontariamente. Questo socio che interviene volontariamente nel giudizio di impugnazione della delibera assembleare nei confronti di chi proporrà la domanda? Nei confronti del legale rappresentante della società e perciò si aggregherà agli altri soci.
Co.2: "Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse".
3) Il terzo tipo di intervento volontario cd. adesivo è quello di cui al co.2 dell'art.105 e si configura quando il terzo interviene nel processo per far valere un interesse. La differenza tra le due ipotesi di cui al co.1 e quella del co. 2 consiste nel fatto che: nel co.1 il terzo fa valere un diritto, nel co.2 fa valere un interesse. L'intervento di cui al co.2 si chiama adesivo perché il terzo non fa valere un proprio diritto nei confronti di tutte le parti o solo nei confronti di alcune di esse, bensì aderisce alla domanda di una delle parti quando vi ha un interesse, cioè il terzo si limita a sostenere le ragioni dell'attore o del convenuto qualora vi abbia un interesse.
Quale sarà l'interesse che muove il terzo ad intervenire volontariamente in un processo per sostenere le ragioni di una delle parti? Deve trattarsi di un interesse giuridico, il terzo non può intervenire, ad esempio, per aiutare un amico a sostenere la sua pretesa.
Un classico esempio di intervento volontario adesivo: nel caso di un processo tra conduttore e locatore in cui si richiede la risoluzione del contratto. Qualora si sia stipulato un contratto di sublocazione, al subconduttore viene riconosciuta la legittimazione di intervenire in via adesiva, sostenendo le ragioni del conduttore. In questo caso il subconduttore non fa valere un suo diritto perché non ha diritto alla prosecuzione del contratto di locazione, una volta che venga meno il contratto di locazione. Tuttavia, egli potrà intervenire nel processo in quanto ha un interesse giuridico perché la sentenza che chiude il processo con la risoluzione del contratto di locazione ha efficacia anche nei confronti del subconduttore.
Quali poteri ha il terzo che interviene in via adesiva?
Si discute se egli abbia la legittimazione ad impugnare la sentenza proprio per il fatto che non fa valere un diritto soggettivo, ma solo un semplice interesse.
Occorrerà, poi, stabilire a quali soggetti è data la possibilità di intervenire nel processo e determinare entro quale limite si può effettuare un intervento volontario. Questo limite è disciplinato in modo diverso nel rito ordinario e in quello del lavoro.

2. L'intervento coatto

Oltre all'intervento volontario si può avere l'intervento coatto per istanza di una delle parti o per ordine del giudice.
L'intervento su istanza di parte è disciplinato all'art.106 c.p.c. che enuncia che: "Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita".
- Nel caso in cui la parte pretende di essere garantita dal terzo: questa nozione è già stata richiamata quando abbiamo parlato della chiamata del terzo in garanzia che può essere reale o personale.
Esempio: se io sono stato convenuto in giudizio, ad esempio, da un soggetto che afferma di essere lui il proprietario del bene, chiamerò in garanzia colui che mi ha venduto il bene per avere la garanzia cd. di evizione.
- Nel caso in cui si fa intervenire il terzo al quale si ritiene comune la causa: qui si fanno rientrare le varie ipotesi di intervento volontario. Nei casi in cui il terzo può intervenire volontariamente, questi può anche essere chiamato da una delle parti del processo.
L'intervento è anche disciplinato nel libro II agli artt. 267-268 c.p.c. che completano la disciplina prevista per l'intervento volontario con riferimento al modo in cui il terzo interviene e al termine; l'art.269 c.p.c. stabilisce le modalità e i termini in entro i quali può avvenire la chiamata del terzo su istanza di parte.
Inoltre, c'è anche una norma relativa alle decisioni delle questioni relative all'intervento (art.272 c.p.c.) che sono decise insieme al merito perché il terzo può anche sostenere di non dovere essere chiamato ad intervenire. Quindi, tali questioni sono decise insieme con il merito a meno che vi sia una decisione ad hoc sulla questione relativa all'intervento.
Il terzo attraverso la chiamata assume la qualifica di parte nel processo, poi potrà scegliere liberamente se prendere parte al processo o no. Tuttavia, bisognerà verificare nel merito se effettivamente è fondata la domanda nei suoi confronti.
L'intervento per ordine del giudice è disciplinato all'art.107 c.p.c. che enuncia che: "il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento".
C'è una valutazione da parte del giudice dell'opportunità che nel processo intervenga un terzo rispetto al quale la causa è comune. Il presupposto della comunanza della causa è lo stesso che si trova alla base della chiamata del terzo su istanza di parte di cui all'art.106 c.p.c. Tuttavia, tale presupposto viene interpretato in modo diverso: il potere da parte del giudice di chiamare il terzo deve essere esercitata in modo restrittivo perché, chiamando il terzo, si verifica un allargamento dell'oggetto del processo. Quindi, si esclude la possibilità di chiamare in causa il terzo quando si ha una mera connessione dovuta ad un'identità di questioni e anche quando c'è una situazione di compatibilità tra i giudici.
Inoltre, ai sensi dell'art.270 c.p.c. la chiamata del terzo ad opera del giudice non incontra limiti temporali. Dalla lettura dell'articolo si evince che è il giudice che dispone la chiamata del terzo, ma poi sono le parti che lo devono citare. Qualora le parti non provvedano, si avrà la cancellazione della causa dal ruolo.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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