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Principi costituzionali in materia di processo

Principi costituzionali in materia di processo (civile ordinario di cognizione)

Il legislatore ordinario italiano, nel delineare il processo civile, deve parimenti tenere conto degli ARTT. 24 E 111 DELLA COSTITUZIONE.


- In particolare, ex ART. 24.1 DELLA COSTITUZIONE, «TUTTI POSSONO AGIRE IN GIUDIZIO PER LA TUTELA DEI PROPRI DIRITTI E INTERESSI LEGITTIMI», quale ribadito diritto di accesso alla giustizia/diritto di azione in capo a ciascun cittadino.
- Inoltre, ex ART. 24.2 DELLA COSTITUZIONE, «LA DIFESA È DIRITTO INVIOLABILE IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCEDIMENTO», il che significa che il diritto di difesa deve essere garantito in ogni grado di giudizio (=Primo grado + Appello e Cassazione, quale giudizio di impugnazione + Ulteriori gradi di impugnazione c.d. straordinaria) e, più nello specifico, in ogni momento di ciascun grado di giudizio [Ciò significa che, ad esempio, non è sufficiente che l’attore, nell’instaurare il processo, convenga in giudizio la propria controparte, instaurando il contraddittorio nei suoi confronti; al contrario, deve anche essere garantito il principio di parità delle armi, dando ad entrambe le parti, in ogni fase del processo, la medesima facoltà di difesa].


- D’altro canto, ex ART. 24.3 DELLA COSTITUZIONE, «SONO ASSICURATI AI NON ABBIENTI, CON APPOSITI ISTITUTI, I MEZZI PER AGIRE E DIFENDERSI DAVANTI AD OGNI GIURISDIZIONE», quale comma a garanzia del diritto di accesso alla giustizia ai non abbienti, indipendentemente dai costi della giustizia. In particolare, fino a qualche anno fa, il diritto di azione dei non abbienti era scarsamente garantito, poiché era relegato all’istituto del c. d. gratuito patrocinio, secondo il quale l’avvocato svolgeva il proprio compito gratuitamente, il che accadeva molto raramente; inoltre, ulteriore causa di scarso utilizzo del gratuito patrocinio era anche determinato dal fatto che non era più stato aggiornato il limite di reddito, entro cui potervi accedere. 


Al contrario, EX DPR N. 115 DEL 2002, oggi lo Stato garantisce maggiormente la tutela del cittadino non abbiente, previa il c.d patrocinio a spese dello Stato, secondo il quale l’avvocato del singolo cittadino non abbiente è pagato dallo Stato. In particolare, QUALE SARÀ LA SOGLIA DELLA NON ABBIENZA CHE CONSENTE, A SPESE DELLO STATO, DI AVVALERSI DELL'OPERA DI UN AVVOCATO PER FAR VALERE IL PROPRIO DIRITTO VIOLATO? Al fine di accedere al patrocinio a spese dello Stato, oltre al vaglio preliminare secondo cui le ragioni dell’attore non abbiente devono risultare non manifestamente infondate, la soglia di reddito è di 10900 €.

- Invece, ex ART. 111.1 DELLA COSTITUZIONE, «LA GIURISDIZIONE SI ATTUA MEDIANTE IL GIUSTO PROCESSO REGOLATO DALLA LEGGE»; a lungo, la dottrina si è interrogata sul significato del termine GIUSTO PROCESSO, domandandosi se si tratta di garanzia ulteriore rispetto a quelle statuite ex ART. 24 DELLA COSTITUZIONE. Sicuramente, con questo termine il legislatore costituzionale italiano ha inteso richiamare l’EQUA E PUBBLICA UDIENZA ex ART. 6.1 CEDU; in secondo luogo, in questo termine è sottesa l’idea della correttezza della decisione e, allo stesso tempo, "giusto" perché rispettoso delle garanzie fondamentali del contraddittorio e della terzietà ed imparzialità del giudice.


- Infine, ex ART. 111.2 DELLA COSTITUZIONE, «OGNI PROCESSO SI SVOLGE NEL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI, IN CONDIZIONI DI PARITÀ, DAVANTI A GIUDICE TERZO E IMPARZIALE. LA LEGGE NE ASSICURA LA RAGIONEVOLE DURATA», quale richiamo del principio del contradditorio, del principio della parità delle armi, della garanzia dell’imparzialità e della terzietà del giudice e, infine, della garanzia di ragionevole durata.
In particolare, per quanto concerne la RAGIONEVOLE DURATA, qual è la differenza tra ART. 6.1 CEDU ed ART. 111.2 DELLA COSTITUZIONE? IL LEGISLATORE EUROPEO E QUELLO COSTITUZIONALE DISEGNANO IN MODO DIVERSO IL PRINCIPIO DELLA RAGIONEVOLE DURATA? Mentre l'ART 6.1 CEDU individua il termine ragionevole come un diritto soggettivo del cittadino, l'ART 111.2 DELLA COSTITUZIONE considera la ragionevole durata come una garanzia oggettiva dell’ordinamento (In altre parole, ivi il principio della ragionevole durata è una prescrizione per il legislatore italiano, che deve dettare una disciplina processualcivilistica che lo garantisca).
Questa distinzione ha delle ripercussioni pratiche: QUALORA UN CITTADINO DI UNO STATO RITENGA DI ESSERE STATO LESO IN UN DIRITTO SOGGETTIVO INDIVIDUATO DALLA CEDU, COME PUÒ TUTELARSI? Una volta esaurite le vie di tutela predisposte dal diritto nazionale, potrà ottenere il c. d. risarcimento ad un’equa riparazione dalla Corte Europea. Pertanto, moltissimi cittadini italiani, facendo emergere a livello europeo il problema dei tempi della giustizia civile italiana, moltissimi cittadini italiani hanno fatto ricorso alla Corte Europea per ottenere un’equa riparazione EX ART. 6.1 CEDU; a fronte di tutti questi ricorsi, la stessa Corte Europea ha avuto problemi di tempo ragionevole del processo e, soprattutto per questo motivo, l'Italia è stata esortata più volte dal Consiglio d'Europa a porvi un rimedio, motivo per cui, negli ultimi anni, il processo civile italiano è stato oggetto di tentativi di riforma, volti alla sua maggiore celerità.
In particolare, EX LEGGE N. 89 DEL 2001, il legislatore italiano ha introdotto la possibilità per il cittadino italiano leso di fare una domanda ad un giudice nazionale, la Corte d'Appello, per ottenere un’equa riparazione per la violazione del diritto soggettivo ad ottenere un processo in termini ragionevoli. Tuttavia, quest’innovazione istituzionale non è stata un rimedio effettivo; infatti, da un lato, le Corti d'Appello, a loro volta, sono state subissate da questo tipo di ricorsi e, dall’altro, oggi sono già in atto alcuni processi, volti a far valere il tempo irragionevole dei processi davanti alle Corti d’Appello, diretti a dare ai cittadini l'equa riparazione per la violazione del tempo ragionevole!

In ogni caso, questo nuovo ricorso interno ha almeno risolto, in parte, il sovraccarico di ricorsi EX ART. 6.1 CEDU della Corte Europea: poiché il cittadino europeo può adire la Corte Europea solo dopo aver esaurito le vie interne, dal 2001 il cittadino italiano può adirvi solo qualora il suo diritto ad ottenere un'equa riparazione per la violazione di questa garanzia non abbia ricevuto un'adeguata soddisfazione a livello interno di fronte alla Corte d’Appello.
Si è posto poi anche un problema di rapporti tra la giurisprudenza nazionale italiana e quella della Corte Europea; il problema è: QUALE DOVREBBE ESSERE MEDIAMENTE IL TEMPO RAGIONEVOLE PER LO SVOLGIMENTO DI UN PROCESSO ORDINARIO DI COGNIZIONE DI I GRADO (Quando si parla, senza specificazioni ulteriori, di processo di cognizione di I grado, ci si riferisce al processo che si svolge davanti al Tribunale)? Oggi, in Italia, i tempi medi (del tutto irragionevoli) di un processo civile di I grado davanti ad un Tribunale sono circa 3 anni, mentre, per percorrere tutti e tre i gradi di giudizio (=I grado, Appello e ricorso per Cassazione) sono necessari circa 10 anni in media.
Invece, il paese europeo in cui il sistema di giustizia civile sembra più efficiente è la Germania, in cui i tempi medi, per ottenere una pronuncia di I grado da un giudice corrispondente al Tribunale, sono 8 mesi. In particolare, gli elementi da considerare per avere un processo civile efficiente dal punto di vista dei tempi di durata sono molteplici; non dipende tanto dalla disciplina processualcivilistica (soprattutto considerato che quella italiana ha preso molto da quella tedesca), bensì dipende soprattutto dall’efficienza del sistema giustizia tedesco: il numero dei giudici tedeschi è più alto e ciascuno di essi ha un suo ufficio e propri ausiliari molto efficienti.
Al contrario, nel sistema inglese l’efficienza del processo civile dipende da tutt’altro motivo; in particolare, in Inghilterra neanche il 4% delle cause è deciso con sentenza, poiché, dato che il processo inglese è costosissimo, si arriva molto spesso ad una chiusura anticipata della lite. Pertanto, dal punto di vista dell'accesso dei cittadini alla giustizia, il sistema inglese non è considerato un sistema efficiente.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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