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La l. 353/90 e il rito del lavoro


Raffrontando il modello di processo ordinario previsto dalla l. 353/90 con il processo del lavoro, si constata che la l. 353/90 ha desunto dal modello del rito del lavoro:
- la tendenziale monocraticità del giudice di primo grado;
- il principio di preclusione;
- la provvisoria esecutorietà ex lege della sentenza di primo grado;
- l’appello tendenzialmente chiuso e a attrazione e non solo decisione collegiale;
- la previsione di provvedimenti anticipatori di condanna.
Il modello di processo previsto dalla l. 353/90 si differenzia invece dal rito del lavoro nei seguenti non secondari punti:
- il processo continua ad essere introdotto nella forma della citazione a udienza fissa;
- le preclusioni in punto di prova anziché essere ricollegate agli atti introduttivi prima che la parte conosca l’atteggiamento di contestazione o no della controparte sui fatti allegati, sono ricollegati ad un momento successivo alla determinazione dei fatti controversi; ne consegue la previsione di una fase preparatoria molto più articolata di quella prevista per il processo del lavoro;
- manca del tutto l’attribuzione generalizzata al giudice di poteri istruttori d’ufficio;
- manca la previsione dell’obbligatorietà della lettura del dispositivo in udienza.
La differenziazione, pertanto, tra rito ordinario e rito del lavoro, anche se ridotta notevolmente, è destinata a restare pur dopo l’entrata in vigore della l. 353/90.
Una riforma processuale che voglia effettivamente realizzare un processo “rapido” deve imporre alle parti l’obbligo di contribuire all’esatta determinazione del thema decidendum e del thema probandum entro un termine di tempo ben preciso e ragionevolmente predeterminato.
La legge di riforma del processo del lavoro per realizzare ciò ha reintrodotto termini di preclusione oltre i quali non è più possibile alle parti modificare la domanda o le eccezione, sollevare nuove eccezioni, indicare nuovi mezzi di prova.
L’introduzione di un sistema di preclusioni deve però essere tale da non impedire o rendere eccessivamente difficoltoso il diritto di difesa delle parti.
A tale scopo occorre una disciplina particolarmente accurata nella fase preparatoria della prima udienza e della prima udienza a termini della quale il thema decidendum e il thema probandum dovrebbero essere definiti (e dovrebbe poter restare da determinare solo la articolazione della prova contraria).

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