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Test in vitro con cellule di mammifero

Per diversi anni si sono applicati unicamente test batterici per la valutazione della potenzialità  mutagena di numerosissime sostanze: inizialmente era infatti molto difficile coltivare efficacemente in vitro le cellule di mammifero. Poiché le cellule di mammifero sono diploidi, la maggior parte dei cambiamenti genetici causate dall'esposizione a sostanze genotossiche non si riflette immediatamente in un cambiamento fenotipico, a meno che non si tratti di mutazioni dominanti o X-linked. È quindi possibile eseguire questo tipo di test solo con un numero limitato di geni bersaglio per i quali siano anche disponibili sistemi di selezione che permettono di evidenziare la frequenza di mutazione in linee cellulari di mammifero e, inoltre, con questi saggi è possibile compiere analisi sulle rotture/riarrangiamenti indotti da agenti clastogeni nel materiale genetico.
LINEE PRIMARIE E STABILIZZATE
Le cellule diploidi di tutti i vertebrati una volta messe in coltura, hanno una capacità proliferativa limitata, fenomeno noto come “limite di Hayflick” o senescenza replicativa. Nei fibroblasti umani questo limite si raggiunge dopo circa 60 replicazioni cellulare, le cellule diventano quindi senescenti e cessano di dividersi. Durante questo periodo le cellule, dette coltura primaria, mantengono abbastanza costantemente le caratteristiche di partenza. Alcune cellule, però, possono andare incontro ad alterazioni che portano all'immortalizzazione, acquisiscono cioè la capacità di sfuggire alla senescenza, continuano perciò a proliferare indefinitamente. Questi cloni diventano così linee stabilizzate. La immortalizzazione coincide con la perdita di differenziazione e quindi di alcune funzioni organo-specifiche; fra le più importanti abbiamo la perdita di alcune attività enzimatiche, la perdita del rigido controllo sia sul numero che sulla struttura dei cromosomi, per cui sono presenti frequentemente aberrazioni e l'accelerazione del ciclo cellulare, per cui le cellule si dividono più velocemente. Il processo di stabilizzazione di una linea cellulare è molto spesso accompagnato dall'acquisizione di tumorigenicità, cioè della capacità genetica di indurre tumori quando le cellule vengono iniettate in un animale idoneo. Comunque le cellule di roditori raggiungono il limite di Hayflick molto più tardi rispetto a quelle umane ed inoltre hanno la capacità di immortalizzarsi spontaneamente con alta frequenza, evento estremamente raro nei fibroblasti umani. Questa caratteristica, unita al fatto che le linee cellulari di roditori hanno un eccellente adattamento in coltura e un breve tempo di generazione, ha fatto sì che esse siano le più comunemente usate in studi di mutagenesi.

Tratto da CITOGENETICA E MUTAGENESI AMBIENTALE di Domenico Azarnia Tehran
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