Skip to content

L’azione di mero accertamento

L’azione di mero accertamento


Come già ricordato sopra, oltre ad un quid pluris, un momento di accertamento è sempre presente sia nell’azione costitutiva, nel qual caso consiste nella verifica della sussistenza in capo ad una delle parti del diritto alla modificazione giuridica; sia nell’azione di condanna, nel qual caso consiste nella verifica della sussistenza e della violazione di un diritto soggettivo.

Al contrario, nell’azione di mero accertamento, il giudice si limita ad accertare la sussistenza di un diritto soggettivo in capo a colui che, proponendo la domanda, se ne è affermato titolare.
ESEMPIO: Una tipica ipotesi di azione di mero accertamento è l’azione di nullità.

È SEMPRE PROPONIBILE L’AZIONE DI ACCERTAMENTO MERO? O È IL LEGISLATORE A DOVERLA PREVEDERE?
Al riguardo, il legislatore italiano tace sia nel CPC, sia nel C. C.; invece, in alcuni ordinamenti,come quello tedesco, il legislatore afferma esplicitamente che l’azione di mero accertamento è sempre proponibile. Questa problematica della proponibilità o meno dell’azione di mero accertamento è legata all’opportunità o meno di chiamare in causa il giudice solo per ottenere l’accertamento del proprio diritto, senza che ancora vi sia stata una sua violazione.

- Parte della dottrina ritiene che, in quanto inopportuno, quest’intento del titolare di un diritto non sia sufficiente ad ottenere una sentenza di mero accertamento; al contrario, affinchè sia proponibile un’azione di mero accertamento, occorre se non la vera e propria violazione del diritto, almeno il vanto altrui nei confronti del diritto fatto valere dall’attore e, allo stesso tempo, l’espressa previsione tassativa ex lege. Per comprendere meglio quest’orientamento dottrinale, analizziamo alcune ipotesi di accertamento mero esplicitamente previste ex lege, che sono riscontrabili nella materia dei diritti assoluti.
Ad esempio, nel Capo IV del Titolo II del Libro III C. C., intitolato "Delle azioni a difesa della proprietà", EX ART. 949.1 C. C., rubricato "Azione negatoria", è stabilito che «IL PROPRIETARIO PUÒ AGIRE PER FAR DICHIARARE L'INESISTENZA DI DIRITTI AFFERMATI DA ALTRI SULLA COSA (In altre parole, "al fine di accertare che nessun altro abbia diritti sulla cosa di proprietà del proprietario"), QUANDO HA MOTIVO DI TEMERNE PREGIUDIZIO [Ecco qui un’espressione legislativa, con cui si indica il vanto altrui nei confronti del diritto - in questo caso di proprietà - fatto valere dall’attore.]».
Allo stesso tempo, nel Capo VII del Titolo VI del Libro III C. C., intitolato "Delle azioni a difesa della servitù", EX ART. 1079 C. C., è stabilito che «IL TITOLARE DELLA SERVITÙ PUÒ FARNE RICONOSCERE IN GIUDIZIO L'ESISTENZA CONTRO CHI NE CONTESTA L'ESERCIZIO [Ecco qui un’espressione legislativa, con cui si indica il vanto altrui nei confronti del diritto - in questo caso di servitù - fatto valere dall’attore.] […]».

- Altra parte della dottrina, invece, ritiene che l’azione di accertamento mero sia atipica, perché tale azione è di ambito generale.
Ad esempio, quando l’attore propone una qualsivoglia domanda e il giudice la rigetta/la respinge, poiché accerta l’inesistenza dei fatti costitutivi allegati (ESEMPIO: Alla domanda dell’attore di condanna alla restituzione di una certa somma di denaro data a mutuo, il giudice accerta che tale somma non è mai stata consegnata al convenuto), quest’ultimo pronuncia una sentenza di accertamento mero, vagliante l’inesistenza del diritto vantato dall’attore. Tuttavia, l’azione di rigetto non è esplicitamente prevista ex lege!

- La giurisprudenza, invece, ha un atteggiamento molto più pragmatico: il problema si pone non tanto per le azioni che tutelano i diritti assoluti, quale ambito in cui, essendo sussistente un’esplicita previsione ex lege, è pacifico che ci possano essere delle azioni di accertamento mero; bensì quanto per le azioni che tutelano i diritti relativi/i diritti di credito, quale ambito in cui la giurisprudenza afferma che può essere proposta un’azione di mero accertamento, purché l’attore abbia un interesse a proporre la domanda e ad ottenere la pronuncia del giudice [Dal punto di vista concettuale, questo principio giurisprudenziale è una condizione dell’azione, EX ART. 100 CPC, rubricato "Interesse ad agire", secondo cui «PER PROPORRE UNA DOMANDA O PER CONTRADDIRE ALLA STESSA È NECESSARIO AVERVI INTERESSE»].
In particolare, la giurisprudenza non ha determinato un criterio generale per ravvisare o meno (nel qual caso l’attore, per proporre una domanda, deve attendere un’effettiva violazione del proprio diritto) un interesse dell’attore a proporre un’azione di accertamento mero del proprio diritto, ma, al contrario, ha dato soluzioni caso per caso: a seconda della domanda di accertamento proposta dall’attore, il giudice individua se l’attore ha un interesse ad ottenere una pronuncia o no! A questo proposito, si scontrano/si oppongono due principi generali in materia processualcivilistica: il diritto di azione, EX ART. 6.1 CEDU e EX ART. 24.1 COSTITUZIONE, secondo cui «TUTTI POSSONO AGIRE IN GIUDIZIO PER LA TUTELA DEI PROPRI DIRITTI E INTERESSI LEGITTIMI»; ed il principio di economia processuale, secondo cui, affinché la tutela giurisdizionale sia effettiva e, di conseguenza, siano superabili le problematiche del sistema giutizia italiano - di cui si è detto -, se non vi è stata violazione del diritto, il suo titolare non ha ancora interesse a proporre una domanda al giudice.
ESEMPIO PRATICO: Vi sono state molte cause proposte dai lavoratori per ottenere, in pendenza del rapporto di lavoro, l’accertamento del loro diritto alla maturazione del TFR (=Diritto alla computazione di una determinata voce retributiva entro il Trattamento di Fine Rapporto, quale fattispecie a formazione progressiva): essendo ancora in costanza del rapporto di lavoro, il lavoratore attore non ha ancora subito una violazione del proprio diritto al riconoscimento di un determinato TFR. Pertanto, si tratta esclusivamente di una domanda di accertamento mero che, fino a quel momento, l’ammontare del TFR sia proprio quello sinora computato. A tal proposito, vi sono state pronunce della Corte di Cassazione contrastanti tra loro, ma poi le Sezioni Unite hanno affermato la proponibilità di questa domanda da parte dei lavoratori, che, quindi, hanno un interesse ad agire in mero accertamento.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.