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L’eccezione di merito


L’eccezione di merito è il tipico strumento difensivo del convenuto, di cui esistonno due diverse accezioni, l’una in senso ampio e l’altra in senso stretto.

A - L’eccezione di merito in senso ampio comprende in sè qualsiasi difesa posta in essere dal convenuto, cioè sia la mera difesa (=Negazione dei fatti costitutivi allegati dall'attore a fondamento della propria domanda, senza addurre ulteriori fatti modificativi, impeditivi o difensivi a propria difesa), sia l’eccezione in senso proprio.

B - Al contrario, l’eccezione di merito in senso proprio consiste nell’allegazione, da parte del convenuto, dei c. d. fatti modificativi, impeditivi e/o estintivi, che siano in risposta alla domanda dell’attore ed ai rispettivi fatti costitutivi allegati che, standovi alla base, la identificano (Infatti, al fine di considerare un processo pendente su un determinato convenuto, non è sufficiente una dichiarazione di intenti dell’attore, del tipo «voglio proporre una domanda nei confronti di Tizio convenuto», bensì essa deve essere identificata dall’allegazione dei c. d. fatti costitutivi della domanda, cioè dalla c. d. causa petendi).
ESEMPIO: L’attore chiede che il convenuto sia condannato a pagare una determinata somma di denaro, che egli stesso gli ha dato a mutuo. Il convenuto potrà limitarsi a negare i fatti allegati dall’attore, affermando che tale somma di denaro non gli è mai stata data dall’attore; oppure potrà allegare a propria difesa un fatto estintivo del diritto di credito dell’attore, affermando che egli ha già restituito tale somma di denaro.

La distinzione tra fatti costitutivi da un lato e fatti modificativi, impeditivi ed estintivi dall’altro è individuata EX ART. 2697 C. C., rubricato "Onere della prova". In particolare, EX ART. 2697.1 C. C., ecco la seguente definizione di fatto costitutivo: «CHI VUOL FAR VALERE UN DIRITTO IN GIUDIZIO DEVE PROVARE I FATTI CHE NE COSTITUISCONO IL FONDAMENTO». Invece, EX ART. 2697.2 C. C., ecco la definizione di fatto modificativo, impeditivo o estintivo: «CHI ECCEPISCE L’INEFFICACIA DI TALI FATTI, OVVERO ECCEPISCE CHE IL DIRITTO SI È MODIFICATO O ESTINTO, DEVE PROVARE I FATTI SU CUI L’ECCEZIONE SI FONDA».
… Approfondimento circa l’onere della prova … - Allo stesso tempo, EX ART. 2697 C. C., oltre all’allegazione dei fatti (=affermazione dei fatti), emerge anche l’ulteriore nozione della prova dei fatti (=fornire al giudice determinati elementi cononoscitivi, che lo convicano della fondatezza del fatto allegato): il dettato normativo afferma che è onere dell’attore provare i fatti costitutivi (Ciò implicitamente significa anche solo l’attore ha ex lege l’onere di provare i fatti costitutivi, mentre il convenuto che pone in essere una mera difesa, limitandosi a negare tali fatti costitutivi allegati, può o meno fornire al giudice una prova negativa, non sussistendo a suo carico alcun onere della prova in proposito EX ART. 2697 C. C.), mentre è onere del convenuto provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi, quali fatti ulteriori e diversi da quelli allegati dall’attore.
ESEMPIO: Qualora l’attore proponga una domanda di condanna nei confronti del convenuto al pagamento di una somma di denaro, egli deve allegare il fatto costitutivo della conclusione di un contratto di mutuo, ma, allo stesso tempo, deve fornire al giudice anche taluni elementi conoscitivi in proposito, quali, ad esempio, il documento scritto e/o eventuali testimoni attestanti tale conclusione del contratto di mutuo. Dal canto suo, il convenuto può limitarsi a negare tale fatto costitutivo, affermando di non avere mai stipulato un contratto di mutuo e/o di non avere mai ricevuto una somma in prestito, nel qual caso è sua facoltà discrezionale fornire o meno una prova negativa al giudice; oppure può allegare, ad esempio, il fatto estintivo del già avvenuto pagamento, nel qual caso è suo onere fornire una prova al giudice.
Tuttavia, al di là del contenuto di questa disciplina generale, bisogna chiarire che non tutti i fatti hanno bisogno di essere provati, cioè che non esiste un onore della prova in capo a ciascun fatto assunto nella fase di istruzione probatoria.

- In primo luogo, EX ART. 115.2 CPC, rubricato "Disponibilità delle prove", è stabilito che «IL GIUDICE PUÒ, TUTTAVIA, SENZA BISOGNO DI PROVA, PORRE A FONDAMENTO DELLA DECISIONE (quale allegazione sempre e comunque secondaria e mai principale, di applicazione piuttosto ristretta) LE NOZIONI DI FATTO CHE RIENTRANO NELLA COMUNE ESPERIENZA (=i c. d. fatti notori a tutti gli appartenenti di una determinata comunità. ESEMPIO: evento bellico, il crollo delle torri gemelle.)», il che, comunque, non esclude il divieto generale per cui, durante l’istruzione probatoria, il giudice non deve utilizzare la sua scienza privata/le conoscenze da lui acquisite casualmente quale comune cittadino (ESEMPIO: Durante l’istruzione probatoria di un’azione di risarcimento del danno da incidente stradale, se si pone il problema della ricostruzione dei fatti, anche se il giudice è stato testimone di quest’incidente, non può utilizzare la sua conoscenza privata!).

- In secondo luogo, EX LEGGE N. 69 DEL 2009, il legislatore ha espressamente accolto il risalente principio/orientamento giurisprudenziale italiano - affermatosi progressivamente prima nel processo del lavoro e, poi, nel processo ordinario, vs orientamento dottrinale di maggioranza, secondo cui non avevano bisogno di essere provati solo i c. d. fatti pacifici, ciè i fatti allegati da una parte ed esplicitamente o implicitamente ammessi dal comportamento difensivo della controparte -, secondo cui i fatti costitutivi allegati dall’attore, qualora non siano contestati/non ne sia negata l’esitenza dal convenuto costituitosi in giudizio, non devono essere provati dall’attore stesso. In altre parole, l’attore ha l’onere di provare solo i fatti costitutivi, che sono oggetto di una contestazione specifica da parte del convenuto costituito. Nello specifico, EX ATTUALE ART. 115.1 CPC, è stabilito che «SALVI I CASI PREVISTI DALLA LEGGE, IL GIUDICE DEVE PORRE A FONDAMENTO DELLA DECISIONE LE PROVE PROPOSTE DALLE PARTI [Nello specifico, la prova non arriva sempre e solo dalla parte onerata dal rischio della mancata prova, motivo per cui esiste questo principio processualcivilistico di acquisizione della prova al processo da chiunque essa arrivi (Ad esempio, anche se la prova del fatto costitutivo è solitamente fornita dall’attore, qualora essa sia fornita dal convenuto, essa è ugualmente acquisita al processo)] O DAL PUBBLICO MINISTERO NONCHÉ I FATTI NON SPECIFICATAMENTE CONTESTATI DALLA PARTE COSTITUITA».
ESEMPIO: L’attore propone al giudice una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, in virtù di un contratto di mutuo, da parte del convenuto, che, a sua volta, eccepisce il fatto estinitivo dell’avvenuto pagamento. In questo caso, EX ATTUALE ART. 115.1 CPC, l’attore non ha più l’onere di provare il fatto costitutivo della conclusione del contratto di mutuo, proprio perchè il convenuto non ha contestato l’avvenuta conclusione del contratto di mutuo, ma si è limitato ad eccepire il fatto estintivo dell’avvenuto pagamento.

- Infine, alcuni mezzi di prova possono essere assunti dal giudice, cioè alcuni fatti possono essere provati su iniziativa del giudice.
Fatte queste precisazioni, si consideri che la disciplina generale dell’onere della prova EX ART. 2697 C. C. è una c. d. regola di giudizio, che attribuisce/addossa il rischio della mancata prova; ciò significa che, una volta che si è chiusa l’istruzione probatoria - indipendentemente dal fatto che ad avere fornito le prove sia stata o meno la parte processuale onerata -, e, comunque, per insufficienza di prove, il giudice non ritiene raggiunto il suo convincimento, poichè nell’ordinamento processualcivilistico italiano vige la regola per cui il giudice deve sempre decidere, al fine di pronunciare una sentenza, il giudice stesso applica l’art. 2697 C. C..
Di conseguenza, se il giudice ritiene che non siano stati provati i fatti costitutivi, rigetta la domanda dell’attore EX ART. 2697 C. C.; al contrario, se ritiene che non siano stati provati i fatti impeditivi, modificativi o estintivi, accoglie la domanda dell’attore EX ART. 2697 C. C..
È importante, quindi, ai fini dell’attribuzione del rischio della mancata prova, qualificare un fatto allegato, relativamente alla propria categoria di appartenenza.

Nello specifico, facile è distinguere un fatto costitutivo da un fatto modificativo o estintivo: ovviamente, quest’ultimo presuppone che, una volta venuto in essere un diritto soggettivo, si sia verificato un fatto successivo che l’abbia modificato o estinto.
ESEMPIO: L’avvenuto pagamento di un determinato debito pecuniario è un fatto estintivo, mentre il parziale avvenuto pagamento è un fatto modificativo.
Più problematica, invece, è la distinzione tra fatto costitutivo e fatto impeditivo: la realizzazione del fatto impeditivo è contemporanea rispetto a quella del fatto costitutivo, il che impedisce fin dall’inizio la nascita del diritto soggettivo; di conseguenza, secondo la dottrina, il fatto impeditivo è il fatto costitutivo con il segno invertito, in quanto è proprio la mancanza di un fatto impeditivo che garantisce la nascita di un diritto soggettivo. Nelle ipotesi giudiziarie in cui un fatto allegato sia di qualificazione controversa, ovviamente, ciò influirà sulla sentenza finale: se il giudice lo qualifica come costitutivo e ritiene non raggiunta la prova, egli rigetta la domanda, mentre, se lo qualifica il come impeditivo e ritiene non raggiunta la prova, egli accoglie la domanda.

In genere, per distinguere il fatto costitutivo da quello impeditivo, la legge formula il fatto impeditivo in termini negativi, cioè condiziona la nascita del diritto al mancato verificarsi di una determinata circostanza descritta in modo negativo.
ESEMPIO: Ex ART. 1490.1 C. C., rubricato "Garanzia per i vizi della cosa venduta", è stabilito che «IL VENDITORE È TENUTO A GARANTIRE CHE LA COSA VENDUTA SIA IMMUNE DA VIZI CHE LA RENDANO INIDONEA ALL’USO A CUI È DESTINATA, O NE DIMINUISCANO IN MODO APPREZZABILE IL VALORE»; al contrario, EX ART. 1491.1 C. C., rubricato "Esclusione della garanzia", è stabilito che «NON È DOVUTA LA GARANZIA (EX ART. 1490.1 C. C.), SE AL MOMENTO DEL CONTRATTO IL COMPRATORE CONOSCEVA I VIZI DELLA COSA VENDUTA […]». La conoscenza o la mancata conoscenza dei vizi della cosa venduta è, in questo caso, un fatto di qualificazione controversa: se il venditore deve provare che il proprio compratore conosceva il vizio, si tratta di un fatto impeditivo del diritto del compratore al risarcimento del danno per vizio della cosa venduta; se, invece, è il compratore/l’acquirente a dover provare la sua non conoscenza del vizio, si tratta di un fatto costitutivo del proprio diritto al risarcimento del danno per vizio della cosa venduta!

Per risolvere questa qualificazione controversa, la giurisprudenza utilizza il criterio di vicinanza del mezzo di prova, secondo il quale l’onere della prova del fatto spetta alla parte che ha più facilità d’accesso al mezzo di prova, secondo la regola del c. d. id quod plerumque accidit (letteralmente, "ciò che avviene comunemente"). Nello specifico, di solito, chi compra un bene lo compra pensando che non abbia vizi, motivo per cui l’onere della prova della conoscenza dei vizi della cosa venduta è addossato dalla giurisprudenza al venditore e, di conseguenza, la conoscenza dei vizi della cosa venduta è un fatto impeditivo della domanda di risarcimento del danno per vizio della cosa venduta!
Inoltre, spesso, la qualificazione di un fatto come impeditivo o costitutivo dipende anche dal tipo di azione esercitata/proposta dall’attore nei confronti del convenuto.
ESEMPIO: A seconda del tipo di azione proposta, la sussistenza di un vizio della volontà nella conclusione di un contratto è un fatto di diversa qualificazione: se l’attore esercita un’azione di annullamento del contratto, questo fatto è di tipo costitutivo; al contrario, se egli esercita un’azione di adempimento del contratto, questo fatto è di tipo impeditivo.
… Eccezione (in senso proprio) di merito: Eccezione rilevabile d’ufficio vs Eccezione (su istanza) di parte … - Ex lege, l’eccezione in senso proprio è ulteriormente distinta in eccezione rilevabile d’ufficio dal giudice, ed eccezione per cui è necessaria l’istanza di parte.
Questa distinzione dottrinale e giurisprudenziale ha notevoli ripercussioni pratiche perché, entro il processo di cognizione, le eccezioni rilevabili d’ufficio sono diversamnete disciplinate rispetto a quelle riservate ad istanza di parte; nello specifico, queste ultime hanno un sistema di preclusioni molto più rigido.
In generale, qualunque fatto entra nell’istruzione probatoria del processo, perché allegato dall’attore e/o dal convenuto; tuttavia, talvolta, un fatto impeditivo, modificativo o estintivo emerge dai documenti prodotti in giudizio e/o dalle dichiarazioni rese dalle stesse parti in sede di interrogatorio libero, senza che vi sia stata la richiesta del convenuto di farlo valere come eccezione nel processo. Il problema, in quest’ultimo caso, è comprendere se tale eccezione può essere rilevata d’ufficio dal giudice o se sia, a priori, necessaria l’istanza di parte/la richiesta del convenuto: in taluni casi, è lo stesso legislatore a stabilire espressamente in quale delle due ipotesi si ricada, come negli esempi qui di seguito.

- Eccezione su istanza di parte EX ART. 2938 C. C., rubricato "Non rilevabilità d’ufficio", secondo cui «IL GIUDICE NON PUÒ RILEVARE D’UFFICIO LA PRESCRIZIONE [Tranne il caso eccezionale in cui sia imprescrittibile, il diritto deve essere fatto valere entro il termine ordinario di prescrizione di 10 anni] NON OPPOSTA».        
Questo significa che, qualora dagli atti del processo emerga che il diritto vantato dall’attore sia ormai prescritto e, perciò, che la sua domanda sia stata proposta quando ormai sono decorsi 10 anni dalla sua violazione, ma il convenuto non abbia allegato/opposto come fatto estintivo tale prescrizione, il giudice non potrà rilevarla d’ufficio.

- Eccezione su istanza di parte EX ART. 1242.1 C. C. rubricato "Effetti della compensazione", secondo cui «LA COMPENSAZIONE (quale fatto estintivo) ESTINGUE I DUE DEBITI DAL GIORNO DELLA LORO COESISTENZA. IL GIUDICE NON PUÒ RILEVARLA D’UFFICIO».

- Eccezione rilevabile d’ufficio EX ART. 1421 C. C., rubricato "Legittimazione all’azione di nullità", secondo cui «SALVO DIVERSE DISPOSIZIONI DI LEGGE, LA NULLITÀ PUÒ ESSERE FATTA VALERE DA CHIUNQUE ABBIA INTERESSE E PUÒ ESSERE RILEVATA D’UFFICIO DAL GIUDICE».
Al contrario, qualora il legislatore non disponga espressamente nulla in proposito, è esegeticamente complesso stabilire se la regola sia la rilevabilità d’ufficio dell’eccezione o la sua rilevabilità su esclusiva istanza di parte.
Nello specifico, EX ART. 112 CPC, rubricato "Corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato", è stabilito che «IL GIUDICE DEVE PRONUNCIARE SU TUTTA LA DOMANDA E NON OLTRE I LIMITI DI ESSA (E’ questa l’enunciazione del principio della domanda); E NON PUÒ PRONUNCIARE D’UFFICIO SU ECCEZIONI, CHE POSSONO ESSERE PROPOSTE SOLTANTO DALLE PARTI». Questo dettato normativo, in realtà, non dispone esplicitamente una regola generale circa la rilevabilità d’ufficio o meno dell’eccezione, perché si limita ad affermare che, se l’eccezione può essere proposta solo dal convenuto, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice; al massimo, a livello esegetico, può essere ivi implicitamente dedotto che i casi di rilevabilità d’ufficio sono tassativamente individuati dal legislatore, mentre che, nei casi di vuoto normativo, la regola generale sia la rilevabilità su istanza di parte.

Tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la regola generale sia la rilevabilità d’ufficio delle eccezioni, mentre che il caso speciale, tassativamente previsto ex lege, sia l’eccezione di parte.
… Eccezione di merito (o sostanziale) vs Eccezione di rito (o processuale) … - Fino ad ora abbiamo parlato dell’eccezione di merito che, a sua volta, si contrappone all’eccezione di rito.
Riepilogando, quindi, l’eccezione sostanziale attiene al merito della domanda dell’attore e, perciò, qualora essa sia fondata ed accolta dal giudice, esclude la sussistenza dello stesso diritto dell’attore e, di conseguenza, escludendo la fondatezza della domanda dell’attore, ne comporta il rigetto da parte del giudice.
ESEMPIO: Eccezione dell’avvenuto pagamento e/o eccezione della sostituzione del diritto.
Al contrario, l’eccezione processuale esclude il dovere del giudice di decidere il merito della domanda dell’attore e, perciò, qualora essa sia fondata ed accolta al giudice, il giudice si arresta prima di valutare la fondatezza o meno del merito della domanda dell’attore, limitandosi a decidere circa l’invalidità del processo stesso!
ESEMPIO 1: Eccezione di difetto di giurisdizione, che attiene alla facoltà giurisdizionale del giudice adito (Infatti, esistono limiti alla giurisdizione di tutti i giudici civili italiani, di cui si dirà in seguito) e/o, più nello specifico, eccezione di incompetenza, che attiene alla competenza del giudice adito (In particolare, all’interno della giurisdizione, esistono dei criteri di competenza; a tal proposito, ad esempio, si è già detto che i giudici civili di I grado sono il giudice di pace ed il Tribunale: se il giudice di I grado adito dall’attore non è competente, il convenuto, entro determinati limiti, può sollevare l’eccezione di incompetenza). In particolare, la competenza e la giurisdizione appartengono alla categoria dei c. d. presupposti processuali, quali condizioni di decidibilità nel merito della domanda dell’attore da parte del giudice.
ESEMPIO 2: Eccezione di previa pendenza della medesima domanda/causa di fronte ad un altro giudice.
Anche con riferimento alle eccezioni di rito, si distingue tra eccezioni rilevabili d’ufficio da parte del giudice e eccezione rilevabili su istanza di parte.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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