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Gerarchia tra le formule di proscioglimento


Il codice impone una gerarchia tra le formule di proscioglimento, ossia il giudice deve preferire la sentenza di piena assoluzione rispetto ad una come “il fatto non costituisce reato” o “il fatto non è previsto dalla legge come reato” qualora sussistano i presupposti per cui il fatto non sia addebitabile all’imputato, oppure la sentenza di non luogo a procedere se ci troviamo ancora in udienza preliminare.
Il codice prevede una procedura di correzione degli errori materiali, ma soltanto laddove sussistano quattro requisiti:
- oggetto, soltanto atti del giudice riconducibili a sentenze, ordinanza e decreti;
- l’errore non deve essere causa di nullità dell’atto;
- l’errore deve essere materiale, cioè consistere in una difformità tra il pensiero del giudice e la formulazione esteriore di tale pensiero;
- l’eliminazione dell’errore non deve comportare una modifica essenziale dell’atto, pertanto si devono escludere quelle correzioni che incidono sul dispositivo.
Il procedimento di correzione degli errori si svolge in camera di consiglio; la competenza spetta al giudice autore dell’atto.
L’iniziativa spetta al giudice, su richiesta del Pubblico Ministero o della parte interessata.
L’ordinanza recante la correzione deve essere annotata sull’originale dell’atto corretto.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
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